Una tragedia incombe mentre le autorità irachene minacciano di espellere entro il 30 aprile 3.400 iraniani, membri del Mujahedeen-e Khalq (Mek). Questi ultimi temono a ragione per la loro vita se spinti a varcare la frontiera perché il regime iraniano criminalizza l'appartenenza al Mek e detesta l'organizzazione, sua acerrima nemica.
Una veduta aerea di Camp Liberty. |
Dopo questo pericolosa vampata di violenza è prevalsa un'attitudine più calma. Con l'approvazione del governo Usa, Baghdad ha firmato un protocollo d'intesa (MoU) con le Nazioni Unite nel dicembre 2011. In questo documento, il governo iracheno s'impegna a trasferire i residenti di Camp Ashraf (ora ribattezzato Campo Nuovo Iraq) in una struttura di transito temporaneo dove l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) avvierebbe il processo che porterà i membri del Mek con base in Iraq a ottenere lo status di rifugiati, il primo passo necessario per farli insediare fuori dall'Iraq.
A questo fine, circa 400 membri dell'organizzazione Mujahedeen-e Khalq hanno lasciato volontariamente Camp Ashraf il 18 febbraio per trasferirsi a Camp Liberty, un'ex-base militare americana. Il loro trasferimento, tuttavia, è stato rovinato dalle minacce da parte delle forze irachene, dalle vessazioni degli elementi del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche dell'Iran e dalle condizioni di vita inospitali come pure da una costante sorveglianza della polizia all'interno di Camp Liberty.
Questo trasferimento fa sorgere dei dubbi sulle intenzioni del governo iracheno e crea un precedente preoccupante. Inoltre, non è chiaro in che modo tutti i membri del Mek saranno trattati da rifugiati nei prossimi due mesi, e tanto meno quale sarà la loro destinazione finale per insediarsi fuori dall'Iraq o dall'Iran.
Qui di seguito alcune raccomandazioni pratiche per Washington, che non deve abbandonare l'organizzazione più temuta dai tiranni di Teheran:
- Costituire un gruppo di contatto con l'UNHCR, il governo iracheno e i rappresentanti del Mek per salvaguardare i membri dell'organizzazione che lasciano Camp Ashraf, come concordato nel protocollo d'intesa siglato a dicembre.
- Esercitare pressioni sull'UNHCR per ottenere che lo status di rifugiati sia concesso in fretta.
- Eliminare l'appellativo ingiustificato di terrorista che etichetta il Mek, come ha già fatto l'Unione europea. Le fonti governative e private non hanno alcuna prova che il Mek s'impegni in attività terroristiche o che abbia la capacità e l'intenzione di farlo. Tuttavia, la screditata etichetta di "terrorista" ha delle conseguenze pratiche. Ad esempio, il primo ministro iracheno Nouri Maliki ha collegato i maltrattamenti inflitti ai dissidenti iraniani al fatto che il Mek sia annoverato nella lista delle organizzazioni terroristiche; ed è comprensibile che l'etichetta di terrorista renda i Paesi terzi restii al progetto di far stabilire al proprio interno i membri del Mek.
- Cercare dei Paesi ospiti culturalmente simili per i membri del Mek; forse Paesi di lingua persiana (come il Tajikistan o l'Afghanistan) oppure Paesi musulmani del Medio Oriente ostili alla Repubblica islamica dell'Iran (come l'Arabia Saudita o gli staterelli del Golfo Persico).
Questi provvedimenti offrono un modo per far insediare i membri del Mek e risolvere una tragedia umana incombente in anticipo rispetto alla scadenza prossima del 30 aprile.