Hassan Nasrallah. |
Detto questo, vorrei muovere delle critiche a questa mossa, ritenendo che sia stata un probabile errore perché distrae dal teatro principale della guerra: il conflitto a Gaza contro Hamas.
Da ormai quasi un anno Israele risponde alle atrocità del 7 ottobre. Non solo quel giorno ha colto impreparato lo Stato ebraico, ma il governo israeliano non aveva piani per attaccare Hamas, disponeva di informazioni relativamente scarse sulle sue risorse o sulla leadership, e si è trovato a fronteggiare una potente lobby nazionale ed estera che lo ha esortato a fare della restituzione degli ostaggi la priorità assoluta.
Questi limiti non hanno reso l'operazione israeliana a Gaza totalmente efficace. Certo, i tecnici militari possono elogiarne le tattiche, ma la leadership di Hamas rimane coesa, i suoi combattenti restano attivi, il suo controllo sulla popolazione è pressoché inalterato e il suo sostegno internazionale è più massiccio che mai. Per dirla senza mezzi termini, i mediocri progressi conseguiti nell'arco di un anno sono in netto contrasto con la sconfitta di tre grandi eserciti statali in sei giorni nel 1967.
A peggiorare le cose per Israele, Hezbollah si è unito al conflitto il giorno dopo il 7 ottobre. Entusiasta del massacro e desideroso di aiutare Hamas, ha attaccato il nord di Israele, con 8mila razzi, distruggendo proprietà, uccidendo persone e costringendo all'evacuazione a lungo termine oltre 60mila residenti. Israele ha chiesto a Hezbollah di fermare i suoi attacchi e poiché non ha sortito i risultati auspicati, come dovrebbe fare qualsiasi Stato che si rispetti ha adottato una serie di misure, tra cui la spettacolare esplosione di migliaia di cercapersone e walkie-talkie.
Israele ha condotto operazioni su larga scala contro obiettivi di Hezbollah in Libano. |
L'obiettivo originale aveva una portata limitata: indurre Hezbollah a porre fine all'aggressione in modo che le persone potessero fare ritorno nelle loro case. Si tratta di un classico esempio di deterrenza: "Smettetela e desistete, o ve ne pentirete".
Ma man mano che i successi israeliani si susseguivano, la leadership israeliana ha ceduto alla tentazione, ha nutrito maggiori ambizioni e ha smarrito la strada. Dimenticando la deterrenza, ha deciso (nelle parole del primo ministro Benjamin Netanyahu) "di sconfiggere anche Hezbollah". La fine degli attacchi missilistici ha aperto la strada all'eliminazione dello stesso Hezbollah. Gerusalemme ha seguito uno schema classico dei vincitori: perdere di vista l'obiettivo originario della guerra, farsi prendere la mano e adottare inutilmente ambizioni maggiori.
Il 27 settembre, alle Nazioni Unite, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato guerra a Hezbollah. |
Come conseguenza di questo errore, Israele si trova ora ad affrontare due battaglie su vasta scala tra le mani, nel sud e nel nord del Paese, e due organizzazioni da distruggere. Ha affrontato Hezbollah prima di distruggere Hamas e si trova di fronte alla prospettiva di non eliminare nessuno dei due.
Si noti il contrasto: mentre un cessate il fuoco con Hamas avrebbe conseguenze terribili per Israele perché significherebbe rinunciare agli interessi nazionali per salvare la vita di poche persone, un cessate il fuoco con Hezbollah porrebbe fine agli attacchi con razzi e missili, consentendo ai residenti di tornare a casa e alle forze armate israeliane di concentrarsi essenzialmente su Hamas.
Possa il governo Netanyahu cambiare rotta, accettare un cessate il fuoco con Hezbollah e distruggere Hamas senza distrazioni.