Benjamin Netanyahu da ormai 21 mesi cerca una via di compromesso fra due istanze che ai suoi occhi sono inconciliabili: la liberazione degli ostaggi e la distruzione di Hamas». Il professor Daniel Pipes, storico presidente del Middle East Forum, legge così l'incontro alla Casa Bianca fra Trump e il premier israeliano, il terzo nel 2025 e quello che avviene con un Medio Oriente "ridisegnato" dopo la guerra di 12 giorni contro l'Iran.
Professore, Netanyahu ha inviato una delegazione in Qatar per discutere con Hamas mentre lui sostiene le sue ragioni con Trump. Le esigenze dei due leader fino a che punto collimano?
«Trump ha dato luce verde ai raid israeliani in Iran e ha dato sostegno poi con i raid del 22 giugno. Ma ha chiesto in cambio la fine del conflitto a Gaza. Non vuole solo la liberazione degli ostaggi e una tregua di 60 giorni, ma vuole andare oltre questa finestra temporale».
Netanyahu è in difficoltà?
«Per il premier israeliano è una decisione molto difficile».
Perché?
«Il governo israeliano ha due priorità, una delle quali è distruggere Hamas, l'altra è la restituzione degli ostaggi, vivi e morti. Stanno sullo stesso piano nella scala delle priorità e per questo sono contraddittorie. O distruggi Hamas o negozi con loro sugli ostaggi e la tregua. Entrambe le cose non si possono conseguire».
E quale ritiene sia la preferenza di Netanyahu?
«Non userei il termine preferenza, ma il premier sin dal 7 ottobre del 2023 ha posto la distruzione del gruppo terroristico di Gaza in cima a tutto, e lo ha ripetuto pure domenica. Però, l'elettorato israeliano è consistentemente e fortemente dalla parte del ritorno degli ostaggi. E così Netanyahu deve in qualche modo placare spinte. Ci sono stati due cessate il fuoco nel novembre 2023 e nel gennaio 2025 e ora i negoziati».
Non solo l'elettorato israeliano, ma la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica mondiale e le cancellerie vogliono lo stop dei morti a Gaza...
«E pure Donald Trump. Ha mandato un messaggio chiarissimo ricevendo Edan Alexander - che è stato nelle mani di Hamas per 600 giorni - nello Studio Ovale. Un'operazione davvero inusuale. Trump vuole gli ostaggi liberi. Netanyahu ha un bel dilemma».

Ritiene che per gli Usa una tregua temporanea e il rilascio degli ostaggi siano il fine ultimo?
«No, Donald Trump vuole un cessate il fuoco permanente e portare i sauditi negli Accordi di Abramo. Metterà sempre pressione su Netanyahu per questo, vuole andare oltre e chiudere la questione Gaza anche a costo di consentire che Hamas resista. Anche l'elettorato israeliano sarebbe contento di un simile esito. Ma Netanyahu farà del suo meglio per evi-tarlo. In fondo ci è riuscito per 21 mesi».
E il terzo incontro fra i due nel 2025 e arriva mentre il Medio Oriente cambia connotati dopo 12 giorni di guerra che hanno ulteriormente indebolito Teheran. Come questo incide sugli equilibri e le politiche Usa sulla regione?
«Il grande interrogativo è cosa farà ora l'ayatollah Khamenei, riprenderà la corsa all'atomica rapidamente? O farà concessioni alla popolazione? Non lo sappiamo ancora».
L'America ha condotto raid su tre impianti atomici, ha sganciato 12 bombe GBU-57 ad alta penetrazione. Crede che lo scopo sia stato raggiunto?
«Non sappiamo nello specifico se la missione – distruggere il programma nucleare – sia stata portata a termine completamente o se altri raid fossero necessari. Tuttavia per la prima volta gli Stati Uniti hanno fatto qualcosa per fermare i nemici dal raggiungere la bomba atomica. Ai russi, ai cinesi e ai nordcoreani di fatto Washington ha accordato il "permesso" di averla. Questa volta, dopo 75 anni, per la prima volta gli Usa hanno agito».