Al Direttore del Wall Street Journal:
[In un articolo pubblicato l'11 ottobre scorso dal titolo "Where Do Never Trumpers Go From Here?"] Kevin D. Williamson ha individuato "cinque tribù della Destra anti-Trump". Il sottoscritto elettore "Never Trump", che [nel 2016, N.d.T.] lasciò il Partito Repubblicano quando Donald Trump divenne ufficialmente il candidato presidenziale del GOP, potrebbe indicare un sesto candidato? Sì, certo, quel candidato siamo noi che collettivamente ci tappiamo il naso e votiamo per lui.
Si potrebbe trovare Trump ripugnante come essere umano, ritenerlo assolutamente inadatto alla presidenza, trarre diletto dalle cause legali intentate contro di lui e disperare del movimento conservatore, ma occorre tuttavia arguire, di fronte a una scelta binaria, che lui è preferibile a Kamala Harris. Personalmente, ho due ragioni principali per pensarlo.
Innanzitutto, ognuno di noi ha i propri temi prioritari: le questioni che mi stanno a cuore sono le battaglie culturali e la politica estera (ossia, non l'economia né l'aborto). Su ogni questione culturale, dai bagni pubblici al razzismo sistemico, le opinioni di Trump (e dei giudici della Corte Suprema da lui nominati) sono molto più vicine alle mie. Le relazioni estere sono molto più complesse, con Harris ritenuta migliore in fatto di Ucraina e NATO, e Trump considerato migliore per quanto concerne l'Iran e Israele. Nel complesso, quindi, preferisco le politiche di Trump.
In secondo luogo, sebbene tendiamo a vedere le elezioni presidenziali come un duello tra due persone in stile "Mezzogiorno di fuoco", i grandi team presidenziali gestiscono e dirigono tre milioni di dipendenti del ramo esecutivo. Anche in questo caso, la squadra repubblicana è più affine ai miei punti di vista rispetto a quella democratica.
Pertanto, anche se emotivamente mi identifico come un elettore "Never Trump", in pratica voterò per Donald Trump.
Cordiali saluti,
Daniel Pipes