Dicono che il 7 ottobre ha cambiato tutto in Israele. Ma è davvero così?
La valutazione immediata è stata spietata. "Così tante politiche e così tanti paradigmi", ha scritto David M. Weinberg del Migsav Institute, "si sono rivelati errati, stravaganti, illusori e grotteschi". L'idea di una Gaza governata da Hamas e pacificata dal benessere economico, ha affermato Martin Sherman dell'Israel Institute for Strategic Studies, non è altro che "un sogno irrealizzabile, un'utopia".
I leader politici hanno cambiato tono in modo brusco e radicale. Netanyahu ha parlato ripetutamente di vittoria. "La vittoria richiederà tempo. (...) ma per ora siamo concentrati su un unico obiettivo, che è quello di unire le nostre forze e correre verso la vittoria". E ha detto ai soldati: "L'intero popolo di Israele è al vostro fianco e assesteremo un duro colpo ai nostri nemici per ottenere la vittoria". E ancora: "Ne usciremo vittoriosi".
Molti altri nel governo ne hanno seguito l'esempio. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha dichiarato di aver informato il presidente Joe Biden che la vittoria di Israele "è essenziale per noi e per gli Stati Uniti". Gallant ha detto ai suoi soldati: "Sono responsabile di portare la vittoria". Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze, ha annunciato la sospensione di "tutte le spese di bilancio per indirizzarle verso un unico obiettivo: la vittoria di Israele". E ha definito l'obiettivo della guerra di Israele contro Hamas "una vittoria schiacciante". Benny Gantz, membro del Gabinetto di Guerra (sciolto in seguito, nel giugno 2024, N.d.T.) ha parlato di "momento della resilienza e della vittoria".
I personaggi pubblici hanno manifestato un'aggressività verbale senza precedenti. Gallant ha definito i membri di Hamas "animali umani" e Bennett "nazisti". Il conduttore televisivo Shay Golden è esploso in una sfuriata mentre era in onda, dicendo:
Avete idea di quanti di voi uccideremo per ognuno dei 1.300 israeliani che avete massacrato? Il bilancio delle vittime raggiungerà numeri mai visti nella storia dei Paesi arabi. (...) Vedrete numeri che non avreste mai immaginato fossero possibili.
Una canzone hip-hop che promette di scatenare l'inferno sui nemici di Israele è balzata in testa alle classifiche sulle piattaforme social. Un cantante pop ha esortato Israele a "cancellare Gaza. Non lasciare lì una sola persona".
E gli elettori israeliani? Il sondaggio commissionato dal Middle East Forum il 17 ottobre [2] ha riscontrato uno straordinario consenso a favore della distruzione di Hamas e di un'operazione di terra finalizzata a raggiungere quest'obiettivo. Alla domanda "Quale dovrebbe essere l'obiettivo primario di Israele?" nella guerra attuale, il 70 per cento dell'opinione pubblica ha risposto: "Eliminare Hamas". Per contro, soltanto il 15 per cento ha detto "Garantire il rilascio incondizionato dei prigionieri tenuti in ostaggio da Hamas" e il 13 per cento "Disarmare completamente Hamas". Sorprendentemente, il 54 per cento degli arabi israeliani (o più tecnicamente, gli elettori della Lista Araba Unita, un partito arabo radicale anti-sionista), ha fatto della "eliminazione di Hamas" il suo obiettivo preferito.
In breve, un clima fortemente contrario a Hamas e all'Autorità Palestinese è arrivato a dominare la scena politica israeliana, con solo i due partiti di Sinistra (Laburista e Meretz) in qualche modo in opposizione. Ma quel consenso non è stato tanto un fondamentale cambiamento di prospettiva quanto invece un fugace impeto emotivo, con la robusta retorica della vittoria durata solo poche settimane. Sia l'apparato di sicurezza che l'opinione pubblica israeliana hanno mostrato segni di un frettoloso ritorno agli atteggiamenti e alle politiche che avevano portato al 7 ottobre. Gli indizi di questa triste inversione sono i seguenti.
L'apparato di sicurezza ha approvato l'ingresso in Israele di 8 mila lavoratori cisgiordani, principalmente per impiegarli in lavori agricoli, meno di un mese dopo il 7 ottobre. Lo ha fatto in risposta al ministro dell'Agricoltura israeliano che ha assicurato ai suoi colleghi che i lavoratori erano stati sottoposti a controlli e non rappresentavano alcun pericolo. Il fatto che migliaia di lavoratori provenienti da Gaza avessero spiato Israele e si fossero resi complici del massacro del 7 ottobre pareva essere sconsideratamente dimenticato.
L'Autorità Palestinese (AP) che formalmente governa parte della Cisgiordania, non solo ha offerto pieno sostegno al massacro di Hamas, ma il movimento Fatah del presidente dell'AP Mahmoud Abbas si è anche vantato di avervi avuto un ruolo. L'AP ha inoltre chiesto alle moschee nelle loro giurisdizioni di insegnare ai fedeli che lo sterminio degli ebrei costituisce un dovere islamico. Nonostante ciò, il governo israeliano continua a inviare all'Autorità Palestinese il denaro dei contribuenti. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha approvato questa decisione, affermando che "è opportuno trasferire, e farlo immediatamente, i fondi all'Autorità Palestinese in modo che vengano utilizzati dalle sue forze che aiutano a prevenire il terrorismo".
Prima del massacro, Israele aveva fornito a Gaza 49 milioni di litri di acqua, ovvero il 9 per cento del consumo giornaliero del territorio, attraverso tre acquedotti. Dopo il massacro, ha tagliato tutti i rifornimenti. Ma questo per appena venti giorni, dopodiché Israele ha reimmesso 28,5 milioni di litri di acqua attraverso due acquedotti. E perché non tutti e tre? Perché Hamas aveva danneggiato il terzo il 7 ottobre, rendendo necessario ripararlo. Ma non c'è nulla di cui temere: il colonnello dell'IDF Elad Goren, ha annunciato che è stato "organizzato un team di esperti che valuterà quotidianamente la situazione umanitaria a Gaza". Avigdor Liberman, leader del Partito Yisrael Beiteinu ha definito questo una "pura e semplice idiozia". Sarebbero riprese anche le forniture di carburante.
Se un sondaggio di metà ottobre mostrava che il 70 per cento degli intervistati voleva "eliminare Hamas", in un sondaggio di metà novembre condotto dal Jewish People Policy Institute, soltanto il 38 per cento ha affermato che "si potrà parlare di vittoria quando Gaza non sarà più sotto il controllo di Hamas", registrando così un calo di circa il 50 per cento. Alla domanda quale fosse l'obiettivo più importante della guerra, un sondaggio condotto lo scorso novembre tra gli ebrei israeliani ha rilevato che secondo il 34 per cento degli intervistati occorreva neutralizzare Hamas (e secondo il 46 percento era necessaria la restituzione degli ostaggi). Alla domanda se fare "concessioni dolorose" per garantire il rilascio degli ostaggi, il 61 per cento si è detto favorevole, quasi il triplo del 21 per cento a favore sei settimane prima. Secondo un sondaggio condotto dal canale tv israeliano Channel 14, tra il 32 e il 52 per cento degli intervistati ha espresso la propria approvazione per l'accordo sugli ostaggi. Queste tre percentuali, 38, 34 e 32, sono incredibilmente coerenti.
In sostanza, contrariamente all'impressione iniziale che "il 7 ottobre ha cambiato tutto", nei mesi successivi non è cambiato quasi nulla.