Tre settimane dopo l'11 settembre, scrissi un articolo titolato "Per quale motivo questo americano si sente più al sicuro" in cui notavo che, a differenza di due terzi dei miei connazionali che si sentivano "meno al sicuro" rispetto a prima delle atrocità, il sottoscritto si sentiva più al sicuro. Ventidue anni dopo che l'Islam radicale ha cominciato a fare guerra agli Usa (a cominciare dal sequestro dell'ambasciata americana a Teheran nel 1979), gli americani hanno finalmente preso sul serio questa minaccia. "Il nuovo allarme è salubre, il senso di solidarietà è rincuorante, la fermezza adottata è incoraggiante".
Al contempo mi dissi "preoccupato della perseveranza e della fermezza statunitensi", temendo che lo spirito, sintetizzato nello slogan "United We Stand", "restiamo uniti" [ovvero "l'unione fa la forza"], e la fermezza si sarebbero dissipati col passare del tempo. Sono realmente venuti meno?
Gli sviluppi degli ultimi dieci anni sono stati talmente complessi e contraddittori da poter rispondere: sì, è vero, sono venuti meno, e no, non è così. Se la vigilanza è riuscita a evitare una ripetizione dell'11 settembre, l'antiterrorismo è arrivato al punto che un documento politico della Casa Bianca non osa affatto menzionare la parola terrorismo nel titolo.
Detto questo, nell'insieme, penso che siamo più al sicuro, e per un motivo importante: per quanto molti politici, giornalisti e docenti universitari dissimulino la natura della minaccia e non reagiscano nel modo appropriato a essa, l'11 settembre ha avviato un dibattito sull'Islam e l'islamismo che non si è mai interrotto. Man mano che gli anni passano e la sua qualità migliora, io mi rincuoro sempre più.