Daniel Pipes è direttore del Middle East Forum ed editorialista del Jerusalem Post. Ha insegnato all'Università di Chicago, all'Università di Harvard e all'U.S. Naval War College. Ha prestato servizio presso il Dipartimento di Stato e presso quello della Difesa. In qualità di vicepresidente, con nomina presidenziale, del Fulbright Board of Foreign Scholarships dal 1992 al 1995, Pipes ha supervisionato i programmi di scambio internazionale del governo degli Stati Uniti. Per sette anni, dal 1986 al 1993, è stato direttore del Foreign Policy Research Institute.
Roger Rothman è un giornalista free-lance che lavora ad Austin. I suoi scritti sono apparsi sul Wall Street Journal, su Salon e sull'American Scholar.
Domanda: Qual è la psicologia del terrorismo? L'attentatore suicida è irrazionale?
Risposta: Oh no. È un modo attivo di fare la guerra, ed è un errore considerare l'attacco suicida semplicemente come una forma di auto-annientamento. Gli islamisti non hanno le armi per fare la guerra, quindi stanno improvvisando. Per quanto riguarda gli individui che partecipano, alcuni di loro sono mossi dalla forte pressione di una scelta: fai questo e sarai glorificato; non lo fai e la tua famiglia verrà uccisa.
D: In Israele, ci sono stati alcuni commenti sulla falsariga di "ora sapete come ci si sente". Che cosa significa? Se Israele è ancora sotto attacco terroristico, come possiamo imparare da loro?
R: Ci sono due modi per capirlo. Uno è che ora si comprende la situazione in cui ci troviamo e l'altro è che il dilemma americano adesso è consapevole dell'esperienza israeliana, perché, sebbene Israele sia molto più piccolo di noi, ha affrontato questo tipo di attacchi. Il motivo per cui Israele ha ancora a che fare con attacchi terroristici è in parte dovuto al fatto che abbiamo posto dei vincoli alla loro risposta. Ancora oggi, li esortiamo a sedersi e parlare con un capo terrorista, Yasser Arafat.
D: L'ultima guerra che abbiamo combattuto è stata con l'Iraq, il nemico dell'Iran. E ora sembriamo andare contro un altro nemico iraniano, i talebani. Ci sarà un riavvicinamento con l'Iran?
R: Finora c'è stata una distensione tra Iran e Stati Uniti. Ci sono elementi significativi in Iran che vogliono cambiare.
D: Secondo Bruce Hoffman del Rand Institute, il terrore è diminuito negli anni Novanta. Adesso ha subito un'impennata. Qual è la causa di questo?
R: Quando il Dipartimento di Stato fa i conti, si occupa di questioni come gli attacchi alle imprese in Sud America. Ma il terrorismo non è realmente diminuito, né possiamo dire che la violenza islamica sia aumentata. Se c'è stata una revisione delle priorità con bin Laden, è dovuto al fatto che, a causa sua, esiste davvero una questione del Golfo. La questione chiave è quella che lui definisce "l'occupazione americana della Mecca". Bin Laden non può accettare la presenza di truppe americane nel Golfo.
D: Il paradigma negli anni Novanta era che il terrorismo stava diventando high-tech, ma i dirottamenti erano fondamentalmente low-tech. Dovremmo ripensare alla nostra strategia contro il terrorismo?
R: L'aspetto high-tech è ancora molto importante, ma ciò che gli eventi della scorsa settimana mostrano è che i terroristi pensano in modo creativo, ragionando fuori dagli schemi. (... ) E questo dimostra che dobbiamo essere più creativi, pensare fuori dagli schemi. Ricorda quel film I tre giorni del Condor con Robert Redford? Il protagonista lavorava per un'agenzia di intelligence e la sua sezione leggeva e analizzava romanzi. Cercavano indizi leggendo romanzi. Beh, forse dobbiamo avere un po' di immaginazione; forse dovremmo leggere romanzi, studiare i film. Pensare fuori dagli schemi.