Pappé, uno degli storici revisionisti di Israele, sintetizza il lavoro della sua cricca. Nonostante i continui e marcati pregiudizi nei confronti di Israele (che non sono poi sorprendenti perché gli accademici israeliani sono emarginati dal loro governo come gli accademici americani lo sono dal loro), i risultati attirano un grande interesse.
Pappé ripudia l'immagine sionista di un minuscolo e nascente Stato di Israele circondato da nemici, vincitore della propria guerra d'indipendenza grazie alla grinta e al coraggio. Per lui la guerra era finita "prima ancora che fosse stato sparato un colpo solo". Come mai? Perché l'Yishuv in oltre due decenni aveva costruito una solida ed efficace struttura di base simile a uno Stato. Essa aveva organi di governo, diplomatici, unità militari, attività d'intelligence e infrastrutture economiche. Dall'agenzia doganale al sistema sanitario, ogni cosa era al proprio posto e funzionante. Di conseguenza, "Quando arrivò il momento, il 15 maggio 1948, la comunità ebraica era pronta". Al contrario, la leadership palestinese non riuscì a utilizzare il periodo mandatario per prepararsi. Pappé rileva due pecche principali. Innanzitutto, i membri dell'élite, intenti a cercare il numero uno, causarono molte lotte intestine. In secondo luogo, essi invitarono i governanti arabi in Palestina sperando che avrebbero risolto il loro problema idrico. Naturalmente, sovrani e presidenti badavano – allora come oggi – ai loro interessi che perseguirono a scapito dei palestinesi.
Piuttosto che raccontare una storia omogenea, questo volume consta di dieci saggi collegati in modo approssimativo. Inoltre, essi costituiscono la nuova interpretazione standard della nascita dello Stato di Israele.