Gli americani tendono ad associare la geografia alle foto su carta patinata e alla prosa vivace del National Geographic e ignorano i vantaggi derivanti dal guardare il mondo attraverso questa lente. In effetti, lo studio geografico delle relazioni internazionali offre un importante metodo di approccio delle questioni, non meno utile di quello storico, economico o politico.
Guardando in giro per il globo, Prescott osserva che l'Europa ha la peculiarità di essere l'unico continente dove l'evoluzione delle frontiere è stato un processo del tutto autoctono. L'America Latina si distingue per il fatto di ricorrere frequentemente all'arbitrato. L'autore contesta l'opinione tradizionale secondo la quale "la corsa per l'Africa" ha ignorato gli stessi africani, asserendo che esistono "molte prove che dimostrano come le frontiere siano state tracciate per preservare le unità autoctone sociali e politiche". Egli divide il Medio Oriente in due regioni: una settentrionale (che comprende la Turchia e l'Iran), dove i poteri locali hanno tracciato le loro frontiere; e l'altra meridionale (che annovera i tredici paesi rimanenti dell'Asia sudoccidentale), dove la Gran Bretagna e la Francia hanno dei ruoli preponderanti. Ricordando le parole di Lord Curzon: "Le frontiere sono senza dubbio il filo del rasoio su cui camminano le moderne questioni di guerra e pace", Prescott si riferisce alle numerose volte in cui i conflitti per i terreni hanno portato alla guerra e al fatto sorprendente che le divergenze sulle frontiere marittime non hanno mai causato delle ostilità.