Bonner ha dedicato parecchi anni allo studio dell'Afghanistan, a documentarsi sulla guerra e a viaggiare con i mujaheddin (combattenti). Egli ha poi trasformato quanto appreso e vissuto in un eloquente e avvincente diario di viaggio. Bonner ritiene che quella in Afghanistan sia una guerra di accerchiamento più che un confronto militare fra le forze sovietiche e gli afgani. Essa annovera altresì molte zone oscure, esemplificate da ciò che l'autore definisce "esempi curiosi del vivi e lascia vivere" e ciò si riferisce al vero centro di gravità del conflitto: i civili afgani che non sono mujaheddin. "Questa guerra è per il 75 per cento di natura politica", asserisce Bonner, "e solo per il 25 per cento militare". Per questo motivo il trattamento che i mujaheddin riservano ai non-combattenti è di fondamentale importanza. Sebbene ci siano parecchie tensioni fra i combattenti e i civili, i mujaheddin capiscono che la vittoria dipenderà alla fine dagli abitanti dei villaggi che rimarranno nelle campagne, e così i combattenti tratteranno i civili in modo sostanzialmente rispettoso. Anche i sovietici hanno compreso questo e di conseguenza hanno cambiato tattica. La popolazione civile afgana aiuterà la resistenza, il governo di Kabul o sceglierà di essere neutrale? Bonner argomenta che il destino del Paese dipenderà da questa scelta politica.