Il contenuto del volume di Morey ha l'aspetto consueto di molte polemiche cristiane già apparse in precedenza contro l'Islam – uno sguardo dubbioso alla vita del Profeta Maometto, alla teologia islamica e alla storia musulmana – ma l'intento è differente. In epoche passate, uno studio del genere avrebbe avuto uno scopo missionario; ora, come a volte implicano il titolo e il sottotitolo, lo scopo è difensivo. I cristiani non pensano più di evangelizzare i musulmani, ma temono le conversioni dei loro correligionari all'Islam. Nella quarta di copertina si legge: "Quando le moschee appaiono in tutto il Paese, la gente si chiede:'Che cosa devo sapere dell'Islam?'"
Morey, direttore esecutivo della Fondazione per la ricerca e l'educazione, "un'organizzazione che studia argomenti riguardanti la cultura e i valori occidentali", fornisce una risposta allarmante. Egli considera essenzialmente l'Islam come "una forma d'imperialismo culturale" che cerca d'imporre costumi dell'Arabia del VII secolo all'America del XX secolo. Per corroborare questa tesi, egli racconta di una visita a una famiglia afro-americana e di aver notato che i suoi membri "indossavano indumenti di foggia islamica, ascoltavano musica araba e mangiavano cibo halal [cibo preparato in modo accettabile per la legge islamica ossia permesso secondo l'Islam, N.d.T.]! (…) Essi avevano abbandonato la cultura americana e preferito adottare la cultura araba. Questo è ciò che l'Islam significa per loro". Morey cita un sondaggio realizzato all'apice della guerra del Kuwait che ha mostrato che il XX per cento dei musulmani arabi negli Stati Uniti ha dichiarato che non avrebbe permesso a un figlio di combattere per l'America e contro l'Iraq. Inoltre, in questo spirito, il capitolo finale tratta della Nazione dell'Islam, argomentando contro di essa pressappoco nello stesso modo in cui hanno fatto i capitoli precedenti contro l'Islam tradizionale.