La Moore sostiene che "c'è un'esperienza tipicamente musulmano-americana che è il frutto di un particolare ambiente sociale". Per discernere che cosa ciò potrebbe essere, l'autrice si concentra sul ruolo del diritto civile americano nella vita dei musulmani. Il contenuto del volume Al-Mughtaribun (parola che in arabo sta per "immigrati", è anche un'allusione a un gioco di parole sulla parola "occidentalisti") tratta una serie di argomenti e include gli sforzi compiuti un secolo fa dai musulmani per emigrare negli Stati Uniti, senza tralasciare i prigionieri musulmani rinchiusi nelle carceri americane, la legislazione dei "crimini legati all'odio" e i tentativi di costruire le moschee nelle zone suburbane.
Sebbene la Moore non sia sempre una guida affidabile (le sue opinioni politiche sono a volte d'intralcio), il suo argomento è originale e sempre interessante. Lei riesuma ciò che sembra essere il primo riferimento all'Islam nella letteratura giuridica statunitense (un caso di blasfemia del 1811, definendola una religione "impostora") e mostra come la campagna anti-mormoni della fine del XIX secolo aveva trasformato la poligamia in una barriera contro l'immigrazione musulmana. (In effetti, il primo missionario straniero islamico negli Stati Uniti, un rispettabilissimo Ahmadi che arrivò a Philadelphia dalla Gran Bretagna nel febbraio del 1920, fu immediatamente incarcerato e gli fu detto di tornarsene da dove era venuto, perché era un fautore della poligamia; fu rilasciato dopo due mesi di detenzione – ma solo a condizione che non avrebbe sostenuto la poligamia). La legge fornisce, come sostiene la Moore, un eccellente prisma attraverso il quale comprendere le peculiarità dell'Islam americano.