I berberi in Algeria, in genere, non manifestano il loro disappunto, ma il malcontento a volte degenera. La morte di un ragazzo berbero, ad esempio, avvenuta il 18 aprile 2001, mentre si trovava in stato d'arresto presso una gendarmeria, ha innescato un'ondata di proteste e di disordini al punto che un mese dopo le vittime della violenza erano centinaia e decine di migliaia di donne berbere sono scese in piazza a Tizi Ouzou, la reale capitale dell'Algeria. Oltre a protestare contro la violenza della polizia, le donne hanno chiesto al governo di ritirare la gendarmeria dalla regione berberofona.
Il numero dei morti potrebbe essere esiguo rispetto alle 100.000 vittime della violenza islamista, ma il problema è maggiore. I berberi fortemente laici (chiamati nella loro lingua amazigh) protestano contro una serie di oltraggi: "la soppressione da parte dello Stato dell'identità e della lingua degli Amazigh combinata ai soliti ingredienti come la povertà, la malvagità sociale, l'oppressione e la corruzione, ha preparato la miccia, che è stata accesa dall'assassinio di un ragazzo innocente".
Per avere delle approfondite informazioni relative a questo problema contemporaneo, I berberi e lo Stato islamico è un buon posto per cominciare. Gli articoli raccolti dall'autrice spiegano con destrezza, basandosi su una ricerca molto originale, le relazioni difficili dei berberi con l'Islam e lo Stato nel corso di un millennio. Già nell'XI secolo, osserva la Shatzmiller, i berberi presero il potere nell'Africa del Nord, ma hanno altresì vissuto un'estraniazione culturale da ciò che lei definisce "il furioso assalto intellettuale delle norme islamiche e arabe".