Naraghi, un intellettuale iraniano di spicco, ha scritto un importante e avvincente resoconto delle sue esperienze vissute tra il settembre 1978 e il settembre 1983. Nella prima parte, l'autore racconta nei minimi dettagli le sue otto conversazioni avute con Mohammad Reza Pahlavi durante gli ultimi mesi dolorosi del regno dello Scià, durato 37 anni. Entrambi gli interlocutori rivestono un interesse considerevole – scorgiamo una disperata disposizione d'animo dello Scià e le intuizioni intelligenti di Naraghi sui problemi della monarchia (ad esempio, l'autore ripercorre i guai dello Scià fino al 1962, quando le sue osservazioni irritanti e anti-islamiche costrinsero i leader religiosi a rispondere diventando rivoluzionari).
Nella seconda parte del volume, Naraghi racconta i suoi tre anni di prigione. Arrestato due volte a causa dei colloqui avuti con lo Scià e una terza perché era un mentore accademico di Abul-Hassan Bani-Sadr, l'ex-presidente soppiantato dell'Iran (come uno degli amici di Naraghi ha giustamente osservato: "Sei sempre dalla parte di perdenti".) Naraghi offre una visione incredibilmente favorevole delle autorità carcerarie. Egli descrive il periodo di detenzione come un'occasione unica per conoscere iraniani di ogni tipo e anche gente illustre. Anzi, al suo terzo arresto, l'autore ammette che "in tutta onestà, l'idea di fare nuove e interessanti conoscenze non mi dispiaceva affatto".