Per ciò che riguarda l'Islam, la voce di Meddeb è coraggiosa e sagace; invece, riguardo alla politica, lui è solo uno dei tanti intellettuali francesi di parte. Per fortuna, le sue osservazioni sul primo argomento rivestono una reale importanza, mentre quelle sul secondo non ne hanno alcuna.
Meddeb (docente di letteratura comparata alla Sorbona) considera l'Islam militante come il problema endemico della religione, paragonabile al fanatismo nel cattolicesimo e al nazismo in Germania. La sua elegia per "la malattia dell'Islam" evidenzia la mancanza di creatività scientifica, spigliatezza culturale e di sensualità. Conoscendo a fondo la tradizione francese, l'autore ammette apertamente la sua perplessità riguardo all'Islam militante ("Devo confessare di non riuscire ad afferrare la logica che predispone una persona a incidere l'umiliazione nell'intimo del proprio essere"). Come conoscitore della cultura musulmana – la sua poesia, l'architettura delle moschee, la sua tradizione del viaggio e anche le sue canzoni sull'uso degli alcolici – Meddeb traccia un quadro della vita musulmana purtroppo privo "dell'Islam semplicistico, del tutto staccato dalla sua civiltà" che caratterizza gli islamisti. A ragione, lui deride il wahabismo che mira in definitiva a "far dimenticare il corpo, l'obiettivo, lo spazio, la bellezza".
Nonostante tutto il fascino e la conoscenza mostrati nel trattare gli argomenti in materia di Islam, l'opera di Meddeb degenera in autocompiacimento, eccentricità e disorganizzazione quando affronta le questioni politiche. L'autore attribuisce, ad esempio, la responsabilità degli attentati dell'11 settembre in gran parte a un "mondo trasformato dall'americanizzazione" ed elabora la sua bizzarra idea che quando "l'americanizzazione del mondo ha cominciato lentamente a rimpiazzare la sua europeizzazione", ha generato la setta wahabita. Nei brani caratterizzati da un'idiozia che non ha eguali, Meddeb sostiene che "l'Arabia Saudita wahabita e l'America puritana si sono servite delle stesse fonti battesimali" e "il settario wahabita cammina mano nella mano con l'americano", e i due hanno molto in comune. E sarebbe meglio tacere ciò che Meddeb scrive sull'Afghanistan, sull'Iraq, su Israele e su altre questioni attuali.