Barack Obama soffre di un'insita contraddizione politica, soprattutto negli affari esteri.
Da una parte, da uomo di sinistra qual è, egli disprezza gli Stati Uniti e li considera una forza del male nel mondo. Dall'altro lato, in veste di presidente, lui è giudicato in base a come il Paese va durante il suo mandato.
Logicamente, Obama non può conciliare la contraddizione esistente tra questi due imperativi: se lui vuole essere rieletto e onorato come un grande leader, deve promuovere gli interessi americani; ma se desidera attuare la sua politica preferita, sovvertirà il Paese e sputerà nel piatto in cui mangia.
Ideologia contro interessi: questo dilemma sinistroide riesce a spiegare perché mai i compagni di sinistra di Obama disprezzano il suo mandato, perché lui ha a volte abbandonato la sua visione del mondo per cercare di far funzionare le cose (la base di Guantanamo) o perché ha optato per una confusa via di mezzo non gradita a nessuna delle parti (la guerra in Iraq, la diplomazia arabo-israeliana).
La stessa riflessione va altresì applicata alla politica interna (tasse più alte o una disoccupazione più bassa?) ma non così chiaramente come in politica estera.