Quando l'Ayatollah Ruhollah Khomeini, nel febbraio 1989, emise il suo editto contro Salman Rushdie e il suo romanzo Versi satanici, la civiltà cristiana e quella islamica aprirono un confronto come non si era mai visto nel corso dei secoli.
In Occidente, l'affaire Rushdie ha confermato alcuni vecchi stereotipi. Nel definire Khomeini "un fanatico torvo e triste", gli editorialisti del New York Times hanno evocato vecchie nozioni sui musulmani che si comportano da maniaci; l'Independent di Londra, abitualmente pacato, ha descritto Khomeini come "un fanatico medievale assetato di sangue". Per la prima volta, per quel che ricordo, la stampa occidentale ha ritratto l'Europa e l'America come il "mondo civilizzato" e i musulmani sono stati visti come coloro che vivono all'esterno delle frontiere di questo mondo.
Ma escludere i musulmani dal mondo civilizzato è, di certo, un errore. Anche se la libertà di espressione è il biglietto d'ingresso, un buon numero di musulmani, alcuni dei quali rivestono una posizione di potere o di rilievo, sono in possesso delle credenziali per poter entrare.
In Turchia, Erdal Inonu, il leader dell'opposizione socialdemocratica ha detto che "uccidere qualcuno per quello che ha scritto non è altro che un omicidio". Scrivendo nelle pagine del quotidiano turco Amhunyet, Ali Simen ha definito Khomeini "un uomo di quasi 90anni che è ancora assetato di sangue"; ha asserito che il suo editto è un invito alle "attività terroristiche", divenendo nostalgico dello Scià. L'Unione degli scrittori turchi si è pronunciata nettamente contro l'editto.
Le voci che si sono levate dai Paesi arabi hanno criticato anche Khomeini. Un numero impressionante di intellettuali musulmani ha firmato delle petizioni, pubblicate in seguito a sostegno di Rushdie. Forse la dichiarazione più rimarchevole è arrivata da Abdelwahah Meddeh, uno scrittore tunisino: "Sento crescere in me un reale bisogno di essere blasfemo, di provare per me stesso tutti i cliché negativi riguardo al profeta e all'Islam". In un atto di singolare coraggio, Naguib Mahfouz, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1988, ha definito Khomeini un "terrorista". Mahfouz ha unito la sua voce a quella di altri 80 intellettuali arabi per asserire che "nessuna blasfemia lede l'Islam e i musulmani come l'appello a uccidere uno scrittore". Mahfouz ha ricevuto una caterva di minacce di morte, che la polizia egiziana ha considerato sufficientemente gravi da giustificare la sua protezione.
Dalla Jugoslavia, Sloman Selenic, presidente dell'Associazione degli scrittori jugoslavi, ha dichiarato che Khomeini apparteneva alla "famiglia dei messia – pazzi storici – che fanno la felicità dell'umanità solo uccidendo la gente". In India, un eminente studioso del Corano, Rafiq Zakaria, ha giudicato l'editto "del tutto illegale".
Naturalmente, i musulmani che risiedono in Occidente si sentono liberi di parlare. Gli studenti musulmani che frequentano l'Università dell'Iowa hanno organizzato una lettura pubblica de i Versi satanici per dimostrare che non tutti nei paesi islamici appoggiavano l'ayatollah. "Questa è follia, questo non è Islam", ha detto Siraj Wahhaj, a capo della moschea di Brooklyn, riguardo all'editto. Un giornalista palestinese in Israele, Abdullatif Younis, ha scritto che "I Versi satanici hanno reso ai musulmani di tutto il mondo un grande servigio".
Gli autori musulmani che risiedono in Francia hanno siglato una petizione dichiarandosi "contrari al fanatismo e all'intolleranza, noi siamo tutti Salman Rushdie". Rachid Mechidi dell'Istituto riformista Alif di Drancy, in Francia, ha definito l'editto "pura demagogia". Yousif Ashouri, che vive nella Germania dell'Ovest, ha scritto quella che probabilmente è la dichiarazione pubblica dai toni più forti di tutte: "Se l'Islam è così fragile e sensibile da non poter tollerare le lecite domande e le discussioni della gente comune, allora non vale niente come religione e non merita di sopravvivere. Rushdie dovrebbe essere encomiato per aver assunto una posizione coraggiosa su un argomento così totalitario".
Come queste forti dichiarazioni stanno a indicare, un'elite musulmana colta si unisce a Rushdie per mettere in dubbio le verità fondamentali dell'Islam. In effetti, solo pochi intellettuali cattolici accettano fedelmente la nascita verginale di Cristo, così come le università sono piene di musulmani che non credono che Maometto abbia ricevuto il Corano da Dio. Ma la maggior parte non osa dire ciò che pensa. Quando gli è stato chiesto se avrebbe potuto scrivere i Versi satanici, Shaker Laibi, un musulmano laico che vive in Europa Occidentale, ha replicato: "Sì, avrei potuto scriverlo. Ma avrei usato uno pseudonimo". La sua opinione è stata confermata in una significativa lettera inviata da Karachi, in Pakistan, e pubblicata nel The Observer di Londra al culmine della polemica sui Versi satanici.
La lettera diceva: "Chi non vive in una società islamica non può immaginare le sanzioni, autoimposte e imposte dall'esterno, che militano contro la facoltà di esprimere l'incredulità religiosa. 'Io non credo in Dio' è una dichiarazione che non si può pronunciare in pubblico e perfino in famiglia o tra amici (...) Pertanto, teniamo a freno la nostra lingua, quelli di noi che dubitano (...) Poi, arriva Rushdie e ci parla. Dice al mondo che esistiamo: che non siamo semplicemente una pura invenzione di una cospirazione ebraica. Mette fine al nostro isolamento. Mette fine ad esso e al contempo lo intensifica: ce ne libera solo per imprigionarci di nuovo."
Per tutti i maltrattamenti subiti, le idee liberali restano in vita nel mondo musulmano: non tutto è sopraffatto dalle tenebre del fondamentalismo. Certo, è facile dimenticare questo, visto l'indebolimento della leadership, l'instabilità politica e la violenza predominanti in Medio Oriente. In termini di percezioni da parte del mondo esterno, forse il problema principale consiste nel fatto che i rappresentanti più eminenti dell'Islam – i khomeinisti, la setta wahhabita dell'Arabia Saudita e il libico Moammar Gheddafi – sono tutti degli estremisti. Agli occhi dell'Occidente, il loro comportamento bizzarro e spiacevole sconvolge la religione così come è praticata ogni giorno da centinaia di milioni di fedeli. Non c'è da stupirsi che gli occidentali, guardando questi leader stravaganti, apprezzino con grande difficoltà molte qualità interessanti dell'Islam.
Alcuni musulmani hanno ammesso il problema all'epoca dell'affaire Rushdie e si sono crucciati. Secondo Coskum Kirca, un diplomatico turco in pensione, "l'Iran si comporta in modo barbaro e il suo comportamento sminuisce ogni cosa". Ma Kirca e gli anti-fondamentalisti si sono trovati pressoché impotenti a mettere in discussione la trinità scellerata di Teheran, Riad e Tripoli, poiché una combinazione di ricchezza petrolifera e di fervore ideologico ha fornito a questi regimi una forza senza pari negli affari islamici.
In breve, gli occidentali si sono arresi con troppa facilità alle semplificazioni che hanno catturato la loro immaginazione e hanno ipotizzato che tutti i musulmani approvassero l'intolleranza e il fanatismo di Khomeini. Pur essendo vagamente consapevoli che non fosse così, sono stati tentati di dimenticare questo fatto. Ciò ha lasciato i musulmani non-fondamentalisti non solo a combattere contro i loro fratelli radicali, ma anche contro i pregiudizi degli occidentali, che ingiustamente li accomunano ai loro rivali.