Nell'arco di un decennio, l'Ayatollah Khomeini ha messo in discussione per due volte le norme più radicate nella civiltà occidentale. Consentendo l'occupazione dell'ambasciata americana, nel novembre 1979, Khomeini violò le leggi più sacre della diplomazia occidentale. Nel febbraio 1989, lo ha fatto di nuovo, chiedendo l'uccisione dello scrittore britannico Salman Rushdie e dei suoi editori.
Per quanto ne sa un osservatore esterno, Khomeini ha emanato il suo recente editto per contrastare quello che vede come un Occidente laicista e minaccioso. Pertanto, il paradosso principale della vicenda è che Khomeini è riuscito a dimostrare quanti pochi in Occidente fossero pronti a difendere i suoi valori, e men che meno la sua principale vittima designata, Salman Rushdie.
I. L'autore
Salman Rushdie è nato nel 1947 a Bombay, in India. Ha frequentato la Rugby School, poi il King's College, uno dei college della Cambridge University, dove si è laureato nel 1968. Dopo aver trascorso due anni in Pakistan, è tornato in Gran Bretagna, dove vive da allora, avendo acquisito la cittadinanza per matrimonio. Per diversi anni Rushdie ha lavorato come redattore in un'agenzia di pubbliche relazioni; poi, nel 1976, ha pubblicato il suo primo romanzo, Grimus, un'opera di fantascienza. Un secondo libro, I figli della mezzanotte, edito nel 1979, ha vinto il Booker Prize nel 1981, e ha venduto uno straordinario mezzo milione di copie. Anche un romanzo uscito nel 1981, La vergogna, ambientato in Pakistan, ha ricevuto il plauso della critica.
La stampa iraniana ha definito Rushdie "un apostata reo confesso", ma è meglio considerarlo un musulmano non praticante, e di questo non ne fa mistero, affermando: "Non credo nelle entità soprannaturali, siano esse cristiane, ebree, musulmane o indù". Sebbene Rushdie non sia certo l'unico a pensarla così, i valori in cui crede turbano molti musulmani, i quali si sentono particolarmente offesi perché lui ha rinnegato il suo Paese ancestrale, la lingua e lo stile di vita musulmano, adottando piuttosto l'Inghilterra, l'inglese e il laicismo.
Ma sebbene Rushdie abbia adottato l'Inghilterra come sua patria, è critico nei suoi confronti. I funzionari dell'immigrazione che arrestano uno dei suoi personaggi si comportano come scagnozzi di uno Stato di polizia, "sferrando pugni e spingendo dita in varie parti del suo corpo" in modo tale che i lividi non si vedano. Come arguisce Cheryl Benard del Baltzman Institute di Vienna, nella visione di Rushdie, non sono i musulmani ad avere la peggio. "Sono gli inglesi, più che i musulmani, che potrebbero avere motivo di ritenere il libro 'blasfemo'. Se l'Islam viene ritratto come un qualcosa di rigido e medievale, allora l'Occidente contemporaneo, nelle sue pagine, sembra un incubo uscito da 'Blade Runner'". Rushdie definisce New York City "quella Nuova Roma transatlantica con il suo gigantismo architettonico nazificato, che si serviva dell'oppressione delle dimensioni per dare ai suoi abitanti umani la sensazione di essere vermi". Nei termini più crudi di uno dei suoi personaggi, l'Occidente comprende "[que]i fottimamma di americani" e "[que]i fottisorelle degli inglesi".
II. L'episodio dei versi satanici
Tuttavia, bisogna ammetterlo, I versi satanici è un racconto elusivo e raffinato scritto da un esperto romanziere. Purtroppo, per valutare il carattere offensivo dell'opera agli occhi dei musulmani, il romanzo deve essere visto in modo letterale e antiletterario, poiché così è stato inteso da coloro che lo contestano. Nello specifico, occorre ritenere che ogni affermazione contenuta nel libro rappresenti il pensiero dell'autore, anche se ovviamente non è sempre così.
Non è semplice riassumere I versi satanici. Il romanzo contiene tre storie che, di primo acchito, potrebbero sembrare non correlate. La prima storia narrata (capitoli 1, 3, 5, 7 e 9) è quella delle vicende di due indiani (Gibreel Farishta e Saladin Chamcha) scampati miracolosamente a un disastro aereo. Le loro avventure in Inghilterra, i loro mondi fantastici e il loro ritorno finale a Bombay costituiscono la trama centrale del romanzo.
La seconda storia (narrata nei capitoli 2 e 6) è una rivisitazione romanzata in chiave onirica di alcuni aspetti dell'episodio dell'ispirazione di Maometto, il profeta dell'Islam. Si basa in parte sui fatti storici, e in parte sull'immaginazione del romanziere. La terza storia (narrata nei capitoli 4 e 8) riguarda un villaggio musulmano in India la cui intera popolazione segue una santa donna nel Mar Arabico, aspettandosi che le acque si separino per consentire loro di camminare verso la Mecca. Ma le acque non si aprono e quasi l'intero villaggio muore. Accostando la storia alla vicenda dell'esilio di Khomeini a Parigi, Rushdie intende chiaramente che questo sia visto come un'allegoria dell'Iran e della Rivoluzione islamica.
La rivisitazione romanzata in chiave onirica dell'episodio dell'ispirazione di Maometto è la fonte della controversia. Costituisce due capitoli del libro, titolati "Mahound" e "Ritorno a Jahilia" (Mahound è un nome europeo arcaico usato per indicare il Profeta Maometto; Jahilia è il nome usato da Rushdie per indicare La Mecca). Dal punto di vista islamico, i passaggi più offensivi sono quelli a cui fa riferimento il titolo del libro, quelli che hanno a che fare con i versetti satanici, una questione poco conosciuta ma autentica nella storia dell'Islam.
Tuttavia, prima di esaminare l'episodio dei versi satanici, occorre stabilire un punto importante riguardo alla fede islamica, vale a dire che il suo nucleo irriducibile risiede nell'accettazione del Corano come Parola di Dio. Come minimo, essere musulmano significa accettare per fede che Dio (o Allah, è la stessa cosa) ha inviato il Suo messaggio all'umanità tramite l'angelo Gabriele che lo ha trasmesso a Maometto; e che il Corano è infallibile. Dubitare che il Corano sia l'esatto messaggio di Dio significa negare la validità del messaggio di Maometto e implicare che l'intera fede islamica sia sostanzialmente fraudolenta. Pertanto, tale dubbio è in genere considerato un atto di apostasia.
L'episodio dei Versi satanici riguarda il fatto che Maometto nacque e visse alla Mecca, a lungo uno dei principali centri delle religioni arabe politeistiche. In effetti, la prosperità della città dipendeva in gran parte dal suo ruolo di centro religioso, e i capi della tribù di Maometto, i Quraysh, dipendevano soprattutto da quei santuari.
Il monoteismo intransigente del messaggio di Maometto rappresentava quindi una sfida diretta all'ordine esistente, in generale, e ai leader dei Quraysh, in particolare. Per questo motivo, gli insegnamenti iniziali di Maometto incontrarono una scarsa accoglienza tra gli abbienti della Mecca. La nuova fede religiosa riuscì a conquistare schiavi, servi, persone non tribali e altri ceti bassi, ma fece pochi progressi tra quelli borghesi. Conquistarli divenne una delle principali preoccupazioni di Maometto. È in questo contesto che ebbe luogo l'episodio dei versetti satanici, intorno al 614 d.C., ovvero un anno dopo che Maometto iniziò la sua carriera di predicatore pubblico.
At-Tabari (morto nel 923 d.C.), uno storico e commentatore del Corano che fornisce gran parte della nostra conoscenza storica sulla vita di Maometto, trasmette il racconto come segue: "I membri dei Quraysh suggerirono a Maometto di adottare un atteggiamento flessibile verso i loro idoli, e loro in cambio avrebbero adottato un atteggiamento più amichevole nei confronti della sua predicazione. 'Se menzionassi in qualche modo le nostre dee, ci siederemmo accanto a te [cioè, diventeremmo musulmani]'". Subito dopo questa offerta, Maometto recitò il seguente versetto del Corano, che faceva riferimento a tre delle più importanti dee della Mecca:
Hai pensato a Lat e Uzza
e Manat, la terza, l'altra?
A questo punto, secondo il racconto di Tabari, Satana distorse le parole successive affinché Maometto accettasse queste tre dee e confermasse la validità della loro intercessione tra l'uomo e Dio:
Quelli sono uccelli eminenti
e la loro intercessione assai auspicata.
Ovviamente, i Quraysh erano lieti che Maometto accettasse le tre dee. Ciò significava che l'Islam non era né monoteista né così radicale come era apparso all'inizio. Le religioni tradizionali avrebbero continuato a vivere, almeno in forma attenuata; i santuari della Mecca avrebbero mantenuto il loro valore economico.
Ma poi l'angelo Gabriele (la fonte comune del Corano) venne da Maometto e gli rivelò che il diavolo lo aveva ingannato facendogli pronunciare le ultime due righe. Per essere precisi, nel racconto di Tabari, Gabriele rivela che "Satana mise sulla sua lingua" il versetto sugli "uccelli eminenti". Gabriele abrogò questi versetti e li sostituì con altri che denunciavano il culto delle tre dee. Il testo coranico completo su questo tema recita come segue:
Cosa ne dite di Lat e Uzza
e di Manat, la terza, l'altra?
Avrete voi il maschio e Lui la femmina?
Che ingiusta spartizione!
Non sono altro che nomi menzionati da voi e dai vostri antenati
[a proposito dei quali] Allah non fece scendere nessuna autorità
Nonostante sia già giunta loro una guida del loro Signore.
Cos'era successo? Satana aveva messo sulla lingua di Maometto il versetto? Oppure il Profeta aveva cercato di ingraziarsi i leader della città, poi si era pentito dello sforzo e aveva ritrattato?
O, peggio ancora, aveva cercato di conquistarsi il loro favore, ma ne era stato deluso e aveva modificato il testo di conseguenza?
Ovviamente, questo episodio è uno dei più delicati nella missione di Maometto. Ecco il modo in cui W. Montgomery Watt, il principale biografo moderno di Maometto, mantiene una linea neutrale nella sua sintesi della vicenda:
Maometto avrebbe dovuto riscuotere abbastanza successo per essere preso sul serio dai capi dei Quraysh. Fu esercitata pressione su di lui affinché almeno riconoscesse il culto [che si celebrava] nei santuari vicini. Dapprima fu propenso a farlo, sia in considerazione dei vantaggi materiali che ciò avrebbe offerto, sia perché lui riteneva che così facendo avrebbe portato rapidamente a termine con successo la sua missione. Tuttavia, alla fine, guidato da Dio come credeva, vide che questo sarebbe stato un compromesso fatale e rinunciò alla prospettiva di migliorare la sua condizione esteriore per seguire la verità come la vedeva.
L'espressione "come credeva" è un modo da parte di Watt per evitare di giudicare la questione. In altre parole, questo è il territorio della fede dove lo storico non osa avventurarsi. Ma lo scrittore sì. Rushdie è uno scettico e tratta l'episodio come un inganno.
III. Il titolo
Nel romanzo di Rushdie, il Profeta pronunciò i falsi versetti non perché Satana glieli aveva messi in bocca, ma perché vide un'opportunità per portare avanti la sua causa. Più tardi, Mahound "torna in città il più in fretta possibile, per cancellare gli abominevoli versetti che puzzano di zolfo, per eliminarli per sempre dal libro". Per nascondere il suo inganno, Mahound adotta l'idea, avanzata da uno dei suoi seguaci, che sia stato il diavolo a costringerlo a farlo.
Ma l'oltraggio di Rushdie qui va oltre l'accusa secondo cui Maometto era stato evasivo man mano che i suoi interessi cambiavano: il vero problema sta nell'implicazione che l'intero Corano non è stato rivelato da Dio attraverso (l'angelo) Gabriele, ma dallo stesso Maometto, che mise le parole in bocca a Gabriele.
Gibreel [Gabriel], che guarda sospeso dal suo alto angolo di campo, conosce un piccolo particolare, una cosetta soltanto che qui è un po' un problema, e precisamente che ero io tutt'e due le volte ero io, baba, io la prima e ancora io la seconda. per primo e anche io per secondo. Dalla mia bocca, sia l'affermazione sia il suo ripudio, versetti e i controversetti, gli universi e i viceversa, tutto quanto, e sappiamo già come la mia bocca fu messa in movimento.
Quest'ultimo punto ("e sappiamo già come la mia bocca fu messa in movimento") si riferisce al fatto che Gibreel è costretto da Mahound a dire quello che dice. Se questo è vero, allora il Corano è un artefatto umano e la fede islamica è costruita su un inganno. Non c'è nient'altro.
Ma è questo ciò che Rushdie ha insinuato? L'intera sequenza, dopotutto, fa parte di un sogno, Gibreel Farishta, è un uomo il cui nome significa "Angelo Gabriele" e che soffre di "deliri paranoici" di essere l'Arcangelo Gabriele. Di certo, questo pone l'autore ad una notevole distanza dalla storia che sta narrando. Inoltre, altri musulmani hanno scritto su Maometto e sul Corano in modi oggettivamente più offensivi verso l'Islam piuttosto che nei confronti di Rushdie, e sono stati attaccati molto meno. Ad esempio, Ali Dashti, un iraniano le cui opere erano liberamente disponibili dopo la rivoluzione iraniana, scrisse un'analisi della missione di Maometto, che includeva affermazioni come: "Il Signore che rese obbligatoria ovunque e per sempre l'osservazione dell'antico calcolo del tempo lunare arabo deve essere stato o un dio arabo o il Profeta Maometto".
Non c'è da stupirsi se Rushdie ha ricevuto critiche negative da parte dei musulmani, ma perché Rushdie e il suo libro hanno provocato i musulmani britannici e del Sudafrica, le autorità saudite, le folle in Pakistan e l'Ayatollah Khomeini? Qualcosa in questo libro, oltre al suo contenuto, ha dovuto suscitare la loro ira.
L'indizio potrebbe risiedere nel fatto che quasi nessuno di coloro che hanno protestato contro il libro ne aveva letto qualche brano, tanto meno l'intero romanzo. L'essersi infiammati così tanto per un libro che non avevano letto, indica che la fonte della loro rabbia risiedeva in ciò che sapevano. E cosa sapevano? Che uno scrittore di nome Salman Rushdie, residente in Gran Bretagna aveva scritto un libro intitolato I versi satanici. Insomma, sapevano poco oltre il titolo.
Ma il titolo del libro, tradotto in arabo, ha un impatto che non ha in inglese. Ecco come Rushdie spiega il fatto:
Anche il titolo del romanzo è stato definito blasfemo, ma l'espressione non è mia. Si deve ad al-Tabari, una delle fonti islamiche canoniche. Tabari scrive (...) [che] Maometto ricevette poi i versetti che accettavano le tre divinità [pagane] meccane come mezzi di intercessione. I meccani erano felicissimi. Più tardi, l'Arcangelo Gabriele disse a Maometto che quelli erano "versetti satanici", falsamente ispirati da Satana sotto mentite spoglie, e furono rimossi dal Corano.
Il racconto di Rushdie è in genere corretto, ma commette un errore. Il termine esatto "versi satanici" non si trova nell'opera di Tabari, il quale afferma "Satana ha gettato [qualcosa] nelle sue parole, e questi versi sono stati rivelati". Certo, questo è vicino nello spirito all'espressione "versi satanici", ma non è la stessa cosa. "Versi satanici" è un'espressione inglese, coniata dagli Orientalisti. Tradotta in arabo l'espressione diventa Al-Ayat ash-Shaytaniya, usando una parola per "versi" (ayat) che si riferisce specificamente ai versetti del Corano. Ritradotto in inglese, quindi, il titolo arabo sarebbe "I versetti satanici del Corano". E con un pizzico di immaginazione, questo può essere facilmente reso come "I versetti del Corano furono scritti da Satana" o anche "Il Corano fu scritto da Satana". In altre parole, il titolo del libro non è inteso (come è giusto che sia) come riferimento ad alcuni arcani islamici riguardanti passaggi omessi del Corano. Il titolo viene interpretato come se il Corano stesso fosse opera del Diavolo.
Questa è la più probabile causa diretta dello sdegno. Intendendo il titolo in questo modo, i musulmani lo hanno trovato incredibilmente offensivo.
IV. Il clamore iniziale
Il clamore per I versi satanici si alzò pochi giorni dopo la pubblicazione ufficiale del libro in Gran Bretagna, il 26 settembre 1988.
I musulmani indiani seppero del libro a metà settembre da India Today, una rivista bisettimanale, che lo recensì, ne estrapolò qualche brano e intervistò l'autore. In una dichiarazione preveggente, l'autore della recensione arguì che "I versi satanici sono destinati a scatenare una valanga di proteste". E, in effetti, Syed Shahbuddin, membro del Parlamento indiano, non avendo gradito quanto letto su India Today, diede inizio a una campagna per mettere al bando il romanzo. E raggiunse rapidamente il suo scopo, visto che il Ministero delle Finanze vietò il libro il 5 ottobre.
Nel frattempo, i musulmani britannici vennero a conoscenza del libro dall'India e iniziarono a protestare contro la sua distribuzione. Inizialmente, provarono a vietarlo senza successo, e poi cercarono di protestare e di esercitare pressioni internazionali. Il primo rogo dei Versi satanici ebbe luogo a Bolton (vicino a Manchester) il 2 dicembre, in una cerimonia che attirò una folla di 7 mila musulmani, ma una scarsa attenzione da parte della stampa. Un altro tentativo venne fatto, il 14 gennaio, nella città a maggioranza musulmana di Bradford, la cosiddetta capitale dell'Islam nel Regno Unito. L'impresa di Bradford ebbe successo, poiché i notiziari televisivi, seppur raccapricciati, mostrarono nei minimi dettagli le immagini dell'autodafé del libro legato a un palo e dato alle fiamme.
Il rogo de "I versi satanici" a Bradford, in Inghilterra. |
In risposta, Rushdie rilasciò una dichiarazione in cui definì il Profeta Maometto "uno dei più grandi geni della storia mondiale", pur osservando che la dottrina islamica riteneva che Maometto fosse umano, e in nessun modo perfetto. Asserì che il romanzo non era "un romanzo antireligioso. Si trattava piuttosto di un tentativo di scrivere sulla migrazione, sulle tensioni e le trasformazioni legate ad essa.
I musulmani britannici allertarono altresì le ambasciate londinesi dei Paesi musulmani riguardo al libro e ai suoi contenuti. Ma le settimane passavano e quei Paesi reagivano a malapena. Ci furono disordini soltanto in Sudafrica, dove i musulmani hanno manifestato contro la partecipazione di Rushdie a una conferenza anti-apartheid, costringendolo a cancellarla.
Tutto ciò si rivelò un mero esercizio di preparazione in vista della ripresa delle violenze iniziate a Islamabad, in Pakistan, il 12 febbraio, e proseguite per un mese. Gli eventi di quel giorno sono chiari, anche se le loro cause rimangono controverse. Una folla di circa 10 mila persone scese in strada e marciò verso l'American Cultural Center, dove vennero scanditi slogan come "Cani americani" e "Dio è grande" e fu dato fuoco all'edificio. Cinque manifestanti morirono per mano della polizia mentre la folla si dirigeva verso l'edificio e circa un centinaio di loro rimasero feriti. Un custode pakistano dell'American Center venne colpito da qualcuno tra la folla, diventando la sesta vittima della giornata. Il giorno successivo, un rivoltoso perse la vita nel Kashmir, in India.
La cosa strana di queste rivolte era che nessuna struttura di proprietà britannica venne attaccata, sebbene il romanzo fosse uscito da mesi nel Regno Unito e Rushdie vivesse a Londra. Ciò potrebbe essere correlato all'imminente pubblicazione negli Stati Uniti dei Versi satanici, prevista per il 22 febbraio. Oppure potrebbe essere correlato al fatto che la violenza diretta contro coloro che nell'opposizione volevano sfruttare l'opportunità di attaccare il primo ministro Benazir Bhutto e gli Stati Uniti costituiva un simbolo di protesta migliore della Gran Bretagna. In effetti, questa fu l'interpretazione data alle rivolte da parte della premier pakistana. Anche Rushdie accusò i leader della manifestazione di sfruttare gli slogan religiosi per fini politici.
V. La mossa di Khomeini
In ogni caso, a metà febbraio, I versi satanici avevano provocato gravi tumulti tra i musulmani in diverse parti del mondo. I disordini e le perdite di vite umane attirarono grande attenzione, ma per l'Occidente questa non era una reale questione politica da dover affrontare. Ci volle l'Ayatollah Khomeini, un uomo che non segue le solite regole, per lanciare questa sfida.
Il numero del "Time" del 27 febbraio 1989 illustrava l'editto di Khomeini. |
Comunque sia, il 14 febbraio, Khomeini ha compiuto il passo più importante dell'intera vicenda quando, in un discorso rivolto alla "comunità musulmana mondiale", ha emesso un parere giuridico islamico (una fatwa, paragonabile a un responsum ebraico). Dichiarando I versi satanici contrari all'Islam, ha pronunciato una condanna a morte nei confronti sia di Rushdie che dei suoi editori.
L'autore del libro I Versi Satanici, che è contro l'Islam, il Profeta e il Corano, e tutti quelli che sono coinvolti nella sua pubblicazione e consapevoli del suo contenuto, sono condannati a morte. Chiedo a tutti i musulmani di giustiziarli ovunque li trovino.
Khomeini ha invitato i musulmani ad agire rapidamente contro Rushdie, promettendo di considerare un martire chiunque avesse eseguito la sentenza. Il presidente dell'Iran, Seyyed 'Ali Khamene'i, ha definito la dichiarazione di Khomeini "una sentenza irrevocabile".
Per rendere il compito più allettante, il capo di un'associazione benefica iraniana, la 15th Khorbad [5 giugno] Relief Agency ha offerto un milione di dollari a un assassino non iraniano e 200 milioni di rial (quasi 3 milioni di dollari al tasso di cambio gonfiato, ma solo 170 mila dollari sul mercato parallelo), a un iraniano. Il giorno successivo, il leader religioso di Rafsanjan (città natale di 'Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, presidente del Parlamento iraniano) ha offerto altri 200 milioni di rial, così come ha fatto un mullah a Kerman.
I membri del Parlamento iraniano hanno espresso il loro sostegno a Khomeini e la loro "rabbia divina" nei confronti di Rushdie. L'ambasciatore iraniano presso la Santa Sede ha affermato che, se avesse potuto, avrebbe "ucciso Salman Rushdie con le sue stesse mani". Il rappresentante dell'Agenzia di stampa della Rivoluzione Islamica in Spagna ha promesso la stessa cosa (e si è ritrovato immediatamente espulso dal Paese).
Ancora più importante, un certo numero di gruppi sponsorizzati dal governo iraniano hanno dichiarato la loro determinazione a catturare Rushdie. Mohsen Reza'i, leader del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, ha annunciato che le sue forze erano pronte "ad eseguire il decreto dell'imam". Il ministro degli Interni 'Ali Akbar Mohtashemi ha incitato Hezbollah a eseguire la condanna a morte e i leader libanesi di Hezbollah hanno rapidamente promesso che avrebbero fatto "tutto il possibile per avere l'onore" di eseguire la condanna emessa da Khomeini. Altri gruppi libanesi, tra cui Amal, il Movimento di Unificazione Islamica, l'Organizzazione del Jihad per la Liberazione della Palestina e la Jihad Islamica per la Liberazione della Palestina, hanno giurato tutti di fare lo stesso. Inoltre, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina-Comando Generale di Ahmad Jibril ha annunciato la sua intenzione di unirsi all'impresa. La Revolutionary Justice Organization è andata oltre le altre, giurando di attaccare la polizia britannica, se necessario, nel tentativo di aggredire Rushdie. Si è sviluppata così una sorta di rivalità tra questi gruppi: chi avrebbe preso Rushdie per primo?
Tuttavia, il 17 febbraio, il presidente Khamene'i ha annunciato che "il popolo avrebbe potuto perdonarlo", se Rushdie si fosse pentito. Di conseguenza, il giorno successivo, Rushdie ha porto le sue scuse, seppur minime.
Come autore dei Versi satanici, riconosco che i musulmani in molte parti del mondo sono realmente afflitti per la pubblicazione del mio romanzo. Mi rammarico profondamente per l'afflizione che la pubblicazione ha causato ai sinceri seguaci dell'Islam. Vivendo in un mondo caratterizzato da molte fedi religiose, questa esperienza è servita a ricordarci che dobbiamo tutti essere consapevoli della sensibilità degli altri.
Le scuse riguardavano gli effetti dei suoi scritti, non gli scritti stessi, e quindi non hanno placato i suoi detrattori.
Tuttavia, in Iran, tali scuse sono state accolte con perplessità, dal momento che una notizia di agenzia ha rilevato che le scuse "seppur laconiche per esprimere un pentimento, sono in genere considerate sufficienti per giustificare il suo perdono da parte delle masse in Iran e in altre parti del mondo". Poi, il 19 febbraio, è intervenuto l'Ayatollah, respingendo categoricamente la dichiarazione di Rushdie, e di fatto qualsiasi atto di contrizione da parte dello scrittore. Khomeini ha smentito le notizie provenienti dall'estero, secondo cui il pentimento avrebbe revocato "l'ordine di esecuzione" contro Rushdie.
Anche se Rushdie si pentisse e diventasse l'uomo più pio della [nostra] epoca, è obbligo di ogni musulmano impiegare tutto ciò che ha, la propria vita e la propria ricchezza per mandarlo all'inferno. (...) Se un non musulmano viene a conoscenza del luogo in cui si trova ed è in grado di giustiziarlo più rapidamente dei musulmani, è dovere dei musulmani pagare una ricompensa o un compenso per questa azione.
VI. Le motivazioni di Khomeini
Perché l'Ayatollah Khomeini ha trasformato I Versi satanici in un affaire internazionale? È interessante osservare che i detrattori e i sostenitori dell'Ayatollah danno spiegazioni quasi diametralmente opposte.
I detrattori sono quasi unanimi nel considerare il suo gesto in termini politici. L'ex presidente iraniano Abolhassan Bani-Sadr ha considerato la vicenda "un affaire politico e non religioso", e il leader del principale gruppo di opposizione iraniano, Mas'ud Rajavi dei Mujahidin-e Khalq si è detto concorde.
Alcuni hanno evidenziato le tensioni politiche interne in Iran. Secondo Amir Taheri, I versi satanici rappresentavano "un problema potenzialmente in grado di accendere l'immaginazione delle masse indigenti e analfabete", in Iran. Harvey Morris ha considerato la vicenda "un coup de théâtre rivoluzionario", inteso a rimpiazzare la guerra tra Iran e Iraq come fulcro dell'unità nazionale. Altri l'hanno vista soprattutto in termini di politica estera. Youssef M. Ibrahim l'ha interpretata come un tentativo da parte di Khomeini di "riaffermare il suo ruolo di portavoce e protettore delle cause islamiche". William Waldegrave del Ministero degli Esteri britannico ha attribuito la responsabilità dell'affaire a "elementi radicali in Iran, che non vogliono che il loro Paese abbia relazioni normali con l'Occidente e con gli Stati del Golfo".
Per contro, i sostenitori dell'Ayatollah, hanno interpretato il suo approccio in modo molto diverso, soprattutto come una risposta religiosa. Il massimo diplomatico iraniano a Cipro ha detto a una platea locale che "il verdetto emesso dal leader iraniano è prettamente religioso e basato su considerazioni religiose". L'incaricato d'affari a Londra ha affermato senza riserve che Khomeini considerava la punizione di Rushdie "molto più importante delle relazioni tra i due Paesi".
Quale parte ha ragione? A un primo esame, ci sono prove evidenti per accettare l'interpretazione religiosa. Innanzitutto, c'è il lato emotivo: una parodia blasfema del Profeta, l'evidente coraggio dei musulmani in Inghilterra, il martirio dei musulmani in Pakistan. In concomitanza, è probabile che questi aspetti abbiano colpito profondamente l'anziano leader iraniano.
In secondo luogo, i musulmani in India, in Gran Bretagna e in Pakistan che sono scesi in piazza prima che Khomeini parlasse hanno dimostrato quanto fosse profonda l'indignazione musulmana. Non avevano alcun legame con le lotte della vita politica iraniana.
In terzo luogo, ci sono modi molto più diretti con cui Khomeini, il leader autocratico dell'Iran, può interrompere le relazioni con l'Occidente. Egli governa senza rivali, pertanto, se avesse deciso di porre fine ai buoni rapporti, avrebbe potuto semplicemente decretarlo. Un politico nella sua posizione di autorità non aveva bisogno di fare un passo così insolito come mettere una taglia sulla testa di un romanziere.
In quarto luogo, c'è una tendenza persistente a non prendere per oro colato le affermazioni di Khomeini. Ciò accadde nel 1978, quando gli iraniani e altri cercarono di prevedere che tipo di governo l'Ayatollah avrebbe imposto in Iran. Le prove erano tutte lì, sotto forma delle opere scritte da Khomeini nel corso di molti anni, ma tali prove tendevano ad essere ignorate a favore di un'interpretazione più convenzionale dei suoi obiettivi. L'insistenza su una spiegazione politica per la fatwa emessa contro Rushdie rischia di cadere nella stessa trappola.
Infine, l'attacco a Rushdie è coerente con altre azioni dell'Ayatollah, due delle quali meritano un cenno. Khomeini aveva pressappoco fatto lo stesso 47 anni prima, quando era ancora uno sconosciuto mullah. Nel 1942, egli scrisse La scoperta dei segreti, una polemica diretta contro Ahmad Kasravi, uno scrittore di spicco le cui idee anticlericali gli erano valse un certo consenso in Iran. Khomeini decretò che Kasravi era un mahdur ad-dam (una persona il cui sangue deve essere versato), permettendo così a un musulmano di giustiziarlo. Il suo libro fu letto da Mohammed Nawab-Safavi, che fondò poi un gruppo terroristico, il Fedayin-e Islam, e questo gruppo fece di Kasravi il suo primo obiettivo. Ispirati dal libretto di Khomeini, Sayyed Husayn Emami e altri tre accoltellarono a morte Kasravi. Sebbene la risposta di Khomeini all'esecuzione capitale non è documentata, il suo caro amico, lo sceicco Sadeq Khalkhali, definì il giorno in cui l'uccisione ebbe luogo "il giorno più bello della mia vita".
Molto più di recente, Khomeini ha inflitto severe punizioni ai produttori del programma di Radio Teheran intitolato "Modello per la donna musulmana" per aver mandato in onda il 28 gennaio 1989 quella che ha definito "un'intervista non islamica". Una donna aveva spiegato in questo programma che non considerava la figlia di Maometto, Fatima, un modello ideale, preferendo un esempio più moderno: quello dell'eroina di una soap-opera giapponese. Indignato, l'Ayatollah ha inviato una lettera al direttore della radio iraniana, dicendogli che se l'oltraggio fosse stato intenzionale, i colpevoli sarebbero stati "senza ombra di dubbio" condannati a morte. Tre giorni dopo, il tribunale ha condannato uno dei produttori a cinque anni di carcere, gli altri due a quattro anni ciascuno e 50 frustate. E la Corte ha chiarito che questa relativa clemenza era dovuta ad "assenza di intenti malevoli" da parte loro, altrimenti sarebbero stati tutti condannati a morte.
Quelli che (come George Black) sostengono che Khomeini "ha usato Rushdie come bersaglio di convenienza" si sbagliano. La risposta è molto chiara (nelle parole di The New Republic): "L'Ayatollah non vuole usare Rushdie: vuole ucciderlo. Dobbiamo rispettare la franchezza di quest'uomo".
VII. Difendere l'Islam
Tuttavia, rimane aperta una domanda sulle motivazioni dell'Ayatollah: perché ha fatto dei Versi satanici il fulcro della diplomazia iraniana del dopoguerra? Considerato il carattere oltraggioso del testo (interpretato alla lettera) e del titolo (frainteso), e visto l'estremismo religioso di Khomeini, non è ancora chiaro il motivo per cui questo libro dovrebbe essere la priorità assoluta del governo iraniano. La risposta sta nella strana visione della storia concepita da Khomeini e da altri musulmani fondamentalisti.
Tale visione si basa su un sillogismo: i musulmani un tempo erano forti, ma ora sono deboli. Quando i musulmani erano forti, vivevano pienamente secondo i precetti della loro fede, ma ora non più. Pertanto, i musulmani sono deboli perché non si attengono ai presupposti dell'Islam. Se lo facessero, riacquisterebbero la forza dei secoli passati. Quindi, il primo obiettivo di Khomeini è indurre i musulmani a vivere pienamente secondo la legge dell'Islam, la Shariˈa. La società giusta, quella in cui i musulmani vivono nel rigoroso rispetto del Corano e delle leggi dell'Islam, è anche quella che consente ai musulmani di acquisire la loro forza naturale.
Ma c'è un grande ostacolo per raggiungere questo obiettivo: la seducente cultura occidentale, che da due secoli allontana i musulmani dall'adesione totale alla loro fede. Pertanto, i musulmani devono intraprendere una battaglia contro la civiltà occidentale. E questa è una battaglia, poiché l'Occidente non è un fornitore passivo di cultura, ma la impone attivamente ai musulmani vulnerabili. L'Occidente lo fa perché trae vantaggio dall'indebolimento dei musulmani: ciò gli consente di saccheggiare le terre islamiche e di assumere i fedeli musulmani come manodopera a basso costo. 'Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, presidente del Parlamento iraniano, ha spiegato così le profonde radici storiche dello sforzo:
Dal giorno in cui i colonialisti occidentali nutrirono l'intenzione di colonizzare i Paesi islamici, o per essere più precisi di demolire e creare scompiglio nel mondo islamico, intuirono che dovevano fare i conti con qualcosa chiamato Islam. Si resero conto che finché l'Islam sarebbe stato una forza attiva il loro cammino sarebbe stato difficile, o poteva essere sostanzialmente isolato.
Chiunque abbia familiarità con la storia del colonialismo e con il mondo islamico sa che ogni volta che volevano mettere piede in un luogo, la prima cosa da fare per accedervi era minare l'autentica morale islamica della popolazione.
Ovviamente, gli imperialisti non potevano eliminare del tutto l'Islam, pertanto fecero la cosa più simile, che era quella di evirare la religione, ossia ridurre la fede a cerimonie vuote e sterili, prive di contenuto reale. Nel 1978, l'Islam cerimoniale (o "Islam in stile americano") prevaleva a livello statale ovunque nel mondo. Ma poi, continua Rafsanjani, "con l'avvento della rivoluzione islamica, è entrato in scena l'Islam puro, e tutto ciò che avevano fatto è stato disfatto". Gli iraniani minacciavano di guidare tutti i musulmani (e gli altri popoli oppressi) contro l'egemonia delle grandi potenze, soprattutto degli Stati Uniti e dell'URSS.
Vedendo il pericolo rappresentato dall'Iran, le potenze reagirono. La Casa Bianca e il Cremlino temevano che l'energia esplosiva in Iran avrebbe distrutto quella che gli iraniani chiamano arroganza globale. "Tutti i complotti dell'Occidente", spiega il presidente Khamene'i, "mirano a impedire che l'Islam e la rivoluzione diventino un modello mondiale". Gli iraniani devono combattere con tutte le loro forze.
La guerra tra l'Islam e "la blasfemia internazionale" ha assunto due forme principali. Innanzitutto, le grandi potenze hanno proposto al loro agente, il presidente iracheno Saddam Hussein, una guerra che lui ha condotto con diligenza. Ma l'aggressione militare è fallita contro la dura roccia del fervore islamico. "Dopo dieci anni", spiega Mohtashemi, "il mondo ha rinunciato alla speranza di combattere l'Islam in Iran attraverso un conflitto militare".
Messi in difficoltà, i nemici dell'Islam hanno dovuto trovare un secondo fronte di battaglia contro l'Islam. I governi occidentali "hanno convocato tutti i loro diabolici esperti e mercenari per elaborare una nuova strategia contro l'Islam". A conclusione di tutti questi sforzi, l'arroganza globale ha escogitato un piano di guerra condotto (ancora una volta) a livello culturale. Lo sforzo, secondo un commentatore di Radio Teheran, prevede due fasi. Innanzitutto, "l'obiettivo è quello di indebolire la fede islamica tra i musulmani, cosa che laicizzerà le società musulmane; a cui farà poi seguito l'espansione dell'influenza [occidentale] e il saccheggio finale delle risorse vitali di quelle società".
Le autorità iraniane hanno puntualizzato tutta una serie di mosse dietro I versi satanici. Non hanno creduto nemmeno per un istante che il libro fosse stato scritto da un unico autore che inseguiva le fantasie della propria immaginazione. Secondo Rafsanjani, quando i musulmani leggeranno questo libro, "non vedranno dietro di esso un indiano pazzo; vedranno la Gran Bretagna, la Germania, la Francia e gli Stati Uniti". A suo avviso, i servizi segreti occidentali sapevano cosa stavano facendo quando hanno scelto Rushdie come megafono. Essi hanno scelto
Una persona che all'apparenza proviene dall'India e che sembra essere separata dal mondo occidentale e che ha un nome fuorviante [ossia un nome musulmano]. (...) Tutte queste royalties sono state date in anticipo a quella persona. Si vede che gli hanno preassegnato delle guardie del corpo perché sapevano cosa stavano facendo. (...) Tutto questo denota uno sforzo organizzato e pianificato. Non è un lavoro ordinario. (...) Credo che non sia mai esistito prima un atto così ben pianificato come questo.
Lo sforzo ha richiesto cinque anni e 1,5 miliardi di dollari. L'intelligence britannica è riuscita perfino a far presentare I versi satanici come "libro dell'anno" in Gran Bretagna. Se i musulmani non avessero protestato, il libro sarebbe diventato un film.
Ma in che modo, potrebbe chiedersi un osservatore esterno, questo romanzo può ferire i musulmani? Rendendo la loro fede religiosa e le loro tradizioni meno onorevoli attraverso la distorsione e il ridicolo. Fa male essere "ridicolizzati dall'arroganza mondiale", e la sofferenza spinge i musulmani contro l'Islam. Purtroppo, i musulmani hanno capito cosa stava succedendo e hanno mostrato "con la loro rabbia" l'intenzione di neutralizzare il complotto. La loro tenacia ha fermato la campagna culturale sul nascere. La leadership iraniana ha definito l'affaire Rushdie come un'importante riaffermazione dell'Islam, e quindi un punto di svolta nelle sorti della religione. Ad esempio, un editoriale di un quotidiano spiegava come il governo turco avesse compiuto passi silenziosi, ma efficaci per "liberare la Turchia dall'Islam". Ma lo shock dei Versi satanici ha reso consapevoli i veri musulmani della Turchia dei pericoli che si trovano al loro interno.
Si noti che i leader iraniani parlano di "Occidente" o di "arroganza globale", perché non credono che l'intelligence britannica abbia agito da sola nel mettere Rushdie all'opera; come sempre, ha lavorato fianco a fianco con il suo fratello maggiore, gli Stati Uniti. Una dichiarazione del governo iraniano ha definito il libro un "atto provocatorio americano" e Rushdie "un agente della CIA di basso rango". Come ha affermato il ministro dell'Interno Mohtashemi, "l'autore del libro è in Inghilterra, ma il vero sostenitore sono gli Stati Uniti".
Il paradosso di identificare Rushdie con il governo americano non è sfuggito alle voci più sensate. Rushdie, del resto, è un musulmano di origini indiane che vive in Inghilterra e possiede un passaporto britannico. Inoltre, è ampiamente conosciuto come un "uomo di Sinistra", che quasi sempre si oppone alle politiche del governo degli Stati Uniti. Com'è possibile, allora, che Rushdie e gli Stati Uniti si siano fusi nelle menti dei musulmani fondamentalisti? Perché l'antioccidentalismo tende a trasformarsi in antiamericanismo. La Gran Bretagna potrebbe essere stata il signore imperiale, ma ora è quasi priva di artigli; la minaccia militare è pressoché scomparsa. Anche la cultura americana ha un ruolo simbolico. Che Rushdie viva a Londra o a New York è un dettaglio secondario per i musulmani fondamentalisti; il punto è che gli Stati Uniti rappresentano la minaccia principale, poiché sono il leader del mondo occidentale, quel luogo peccaminoso dove è ammissibile, addirittura incoraggiato, attaccare il Profeta e il Corano.
VIII. Reazioni musulmane
Ci si poteva aspettare che il mondo respingesse il contorto editto emanato da Khomeini definendolo una follia assoluta. Ma non è stato così.
A livello ufficiale, a dire il vero, gli iraniani hanno trovato scarso sostegno. Solo il governo libico ha pubblicamente sostenuto l'Ayatollah e il suo editto. Il governo del Kuwait ha annunciato di condividere una "posizione identica" con Teheran sulla questione dei Versi satanici, ma ha evitato accuratamente di essere concordi anche sul suo autore.
Tuttavia, a livello popolare, la violenza contro Rushdie ha evidenziato un sostegno a Khomeini. Nel subcontinente indiano violente manifestazioni di protesta sono continuate per un mese. Il numero più elevato di morti in un solo episodio è stato registrato il 24 febbraio, quando i disordini a Bombay, città natale di Rushdie, si sono trasformati in una battaglia di tre ore tra la polizia e i fondamentalisti musulmani. I rivoltosi hanno bruciato auto, autobus e perfino una piccola stazione della polizia. In risposta, la polizia ha ucciso dodici persone, ne ha fermato 500 e ne ha arrestato 800. Il 4 marzo, migliaia di manifestanti hanno saccheggiato parte dell'aeroporto di Karachi per protestare contro il romanzo di Rushdie, sfondando porte e saccheggiando la sala VIP; questo è stato il loro modo di accogliere a casa dall'Iran il leader sciita filo-Khomeini, Sajid 'Ali Naqvi. Naturalmente, gli iraniani erano molto orgogliosi di queste manifestazioni, definendole una "manifestazione del potere musulmano in tutto il mondo" e "sintomi di questa stessa maestosità".
Di fronte a tale emozione, molti leader dei Paesi musulmani hanno cercato di evitare la questione. Non ne hanno fatto riferimento in pubblico e hanno dato istruzione ai media di coprire la polemica senza fare commenti. "Non rilascerò dichiarazioni in merito all'azione del governo iraniano", ha risposto re Hussein di Giordania a una domanda. "La Turchia non partecipa alle argomentazioni relative al libro", ha dichiarato Ankara.
Sebbene le autorità di tutti i Paesi musulmani abbiano riconosciuto la presunta blasfemia dei Versi satanici, alcuni si sono opposti all'editto di Khomeini. Non sorprende che il governo iracheno non abbia avuto scrupoli nell'attaccarlo. Il presidente Saddam Hussein ha osservato che "l'omicidio e l'istigazione all'omicidio sono più dannosi per l'Islam e per i musulmani del libro tendenzioso e sinistro di Salman Rushdie". Il ministro degli Esteri egiziano, 'Ismat 'Abd al-Majid, ha accusato Khomeini di aver creato il problema e ha affermato che "Khomeini non aveva il diritto di condannare a morte Rushdie".
Anche diverse voci individuali dei Paesi arabi hanno criticato Khomeini. In un atto di singolare coraggio, Naguib Mahfouz, vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1988, ha definito la minaccia di Khomeini un atto di "terrorismo intellettuale". Comprensibilmente, i musulmani residenti in Occidente si sono sentiti più liberi di parlare apertamente. Il presidente dell'Imam and Mosque Council in Gran Bretagna, Zaka Badawi, ha offerto la propria casa come asilo a Salman Rushdie.
Dal punto di vista dei governi che desiderano restare fuori dal gioco, la misura più semplice e meno inquietante è stata quella di mettere al bando il libro e smettere di parlarne. In effetti, pochi governi di Paesi non occidentali con una consistente popolazione musulmana hanno opposto resistenza alle pressioni saudite e iraniane per vietare I versi satanici, e molti hanno messo al bando tutti i libri pubblicati dalla Viking-Penguin. Anche in Israele il Ministero degli Affari religiosi ha chiesto alla casa editrice Keter di accantonare il progetto di traduzione in ebraico.
L'eccezione più importante a questo modello è stata la Turchia, dove le autorità nutrono una devozione quasi religiosa ai principi della laicità stabiliti sessant'anni fa da Atatürk. Nonostante una popolazione a maggioranza musulmana, un consistente movimento fondamentalista e un'attiva pressione iraniana (il console iraniano a Erzurum ha distribuito copie della fatwa di Khomeini contro Rushdie ai leader religiosi di tutta l'Anatolia orientale), Ankara è rimasta fermamente attaccata, seppur senza clamore e suo malgrado, alla libertà di espressione. Era quella una situazione senza via d'uscita. Prendere posizione contro il libro avrebbe pregiudicato le credenziali europee del Paese e avrebbe ridotto le sue possibilità di essere accolto nella Comunità Economica Europea; non prendere posizione avrebbe scontentato i tanti musulmani fondamentalisti presenti in Turchia.
Inoltre, nonostante una ribellione musulmana di lunga data nelle Filippine, il governo di Manila ha dichiarato che non poteva mettere al bando il libro, poiché ciò avrebbe violato le garanzie costituzionali della libertà di parola.
IX. Reazioni non musulmane
Tra i non musulmani, l'editto di Khomeini ha provocato reazioni in tre fasi. Innanzitutto, la settimana successiva al 14 febbraio è stata caratterizzata da ripiegamento e confusione. Gli editori hanno ritardato o cancellato la pubblicazione del libro, i politici tanno temporeggiato e perfino Rushdie si è scusato. Poi, quando è diventato chiaro che tali concessioni non avrebbero ottenuto nulla in cambio da Khomeini, l'opinione pubblica si è inasprita ed i leader hanno adottato una posizione più provocatoria, che è durata approssimativamente dal 20 al 28 febbraio. All'inizio di marzo, ha avuto inizio una seconda ondata di ripiegamenti, quando scrittori, politici e figure religiose si sono rivoltati contro Rushdie. La polemica si è placata a metà marzo.
I governi occidentali, che d'altronde avevano sia la responsabilità che i mezzi per tutelare i diritti di coloro che erano minacciati da Khomeini, hanno reagito in modo particolarmente timoroso. Il primo ministro britannico e il leader dell'opposizione Neil Kinnock hanno taciuto per un'intera settimana in merito alla minaccia dell'Ayatollah. Il neo-insediato segretario di Stato, James A. Baker 3d, non ha potuto esprimere altro se non biasimo definendo "deplorevole" la minaccia di morte Il governo canadese ha temporaneamente vietato l'importazione dei Versi satanici, e ancora peggio, il governo ha eluso la questione della libertà di espressione delegando la decisione alla Revenue Canada, l'Agenzia canadese delle Entrate. Bonn ha definito la vicenda una "tensione per le relazioni tedesco-iraniane". Ma è stato il governo giapponese ad usare la formulazione più debole in assoluto per sancire il biasimo: declamando che "incoraggiare l'omicidio non è qualcosa da elogiare".
Diversi governi, tra cui quello britannico, francese e sovietico, hanno cercato una via d'uscita dall'impasse diplomatica, osservando che l'editto di Khomeini non era stato emanato dal governo iraniano, ma dal "leader spirituale" della Rivoluzione islamica. Non solo dieci anni di esperienza avevano dimostrato che questa distinzione era completamente falsa, ma gli interi ranghi e le fila del governo iraniano hanno fatto di tutto per allinearsi con l'azione di Khomeini.
Mosca, che nutre un'antipatia dottrinale in misura pressoché identica sia per la libertà di parola che per il rispetto della religione, è emersa piuttosto bene dal confronto. Le più impressionanti sono state le analisi offerte dai media sovietici. Nella sua trasmissione in lingua persiana, Radio Peace and Progress riportava così l'appello di Teheran per la condanna a morte di Rushdie
È motivo di vivo rammarico perché ha eliminato la speranza (...) nell'Unione Sovietica che la crisi politica legata al suddetto romanzo si placasse. (...) Ricorrere al terrore e alle minacce in questo modo non avrà altro esito per Iran se non esacerbare le crisi internazionali con conseguenze pericolose per l'Iran stesso.
Un'altra analisi trasmessa dall'emittente radiofonica ha valutato la responsabilità in modo ancora più schietto: "La reazione estremista di Teheran ai Versi satanici ha portato all'attuale guerra diplomatica tra l'Iran e l'Occidente". Allo stesso modo, la Pravda ha definito i manifestanti che sostengono Khomeini "fanatici musulmani".
Com'era prevedibile, le organizzazioni internazionali non volevano avere nulla a che fare con il problema Rushdie, che polarizzava le emozioni e sfidava i comodi presupposti di un unico ordine che sono alla base di tali istituzioni. Gli sforzi occidentali per condannare Khomeini presso la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite non hanno ottenuto nulla, poiché i Paesi musulmani hanno detto chiaramente che si sarebbero opposti a tali sforzi.
Infine, il 20 febbraio, i ministri degli Affari Esteri del Mercato Comune hanno concordato una posizione decisa riguardo a Rushdie e ai suoi editori:
I ministri degli Affari Esteri dei 12 Stati membri della Comunità Europea, riuniti a Bruxelles, hanno discusso le minacce iraniane e l'istigazione all'omicidio da parte iraniana contro lo scrittore Salman Rushdie e i suoi editori, reiterate nonostante le scuse dell'autore.
I ministri guardano con la massima preoccupazione. Condannano questa istigazione a uccidere come una violazione inaccettabile dei principi e degli obblighi più elementari che regolano le relazioni tra Stati sovrani....
I ministri dei 12 Paesi hanno deciso di richiamare contemporaneamente i loro capi missione a Teheran per consultazioni e di sospendere gli scambi di visite ufficiali ad alto livello.
Ma anche se il governo britannico ha ritirato da Teheran tutto il proprio personale e ha chiesto che tutti i rappresentanti iraniani lasciassero Londra, non ha però interrotto i rapporti diplomatici, insistendo piuttosto su ciò che ha definito "reciprocità pari a zero". Gli osservatori non erano a conoscenza di alcun precedente per il mantenimento delle relazioni diplomatiche senza l'operato di personale; la decisione britannica è stata vista come un modo di esprimere al contempo forte malcontento e rammarico, vale a dire che si sarebbero potute ricostruire relazioni normali non appena l'editto sarebbe stato revocato. Ma gli iraniani ben lungi dal revocarlo hanno compiuto il passo successivo nella danza diplomatica quando, il 28 febbraio il Majlis (il Parlamento iraniano) ha approvato una legge che prevedeva una pausa entro il 7 marzo a meno che il governo britannico non si dichiarasse "contrario alle posizioni senza scrupoli contro il mondo islamico, la Repubblica islamica dell'Iran e contro i contenuti del libro anti-islamico I versi satanici".
Spronati dai "pragmatisti" di Teheran, i leader britannici hanno fatto il possibile per soddisfare Teheran. Il 2 marzo, il segretario agli Esteri sir Geoffrey Howe è stato ospite del BBC World Service per mostrare agli ascoltatori stranieri che il governo voleva prendere le distanze da Rushdie.
Comprendiamo che il libro stesso sia stato ritenuto profondamente offensivo per le persone di fede musulmana. Si tratta di un libro che è offensivo anche in molti altri modi. Possiamo capire perché potrebbe essere stato criticato. Il governo britannico e il popolo britannico non sono interessati al libro. Paragona la Gran Bretagna alla Germania di Hitler. Ciò non ci piace più di quanto alle persone di fede musulmana non piacciano gli attacchi alla loro fede religiosa contenuti nel libro. Pertanto, non stiamo promuovendo il libro. Ciò che promuoviamo è il diritto delle persone di parlare liberamente, di pubblicare liberamente.
Due giorni dopo, la premer Margaret Thatcher ha fatto osservazioni simili.
Gli iraniani hanno accettato tali gesti, ma hanno altresì chiesto misure concrete come azioni legali nei confronti dello scrittore, il sequestro delle copie de I versi satanici e un'ingiunzione contro l'ulteriore pubblicazione del libro. Le autorità britanniche non hanno nemmeno preso in considerazione tali misure, così, sentendosi minacciata, Teheran ha interrotto le relazioni diplomatiche il 7 marzo e quanto dichiarato per avvalorare tale decisione era frutto della sua visione cospirazionista ed espresso con un linguaggio e una logica tali da essere considerati come quanto di più folle si possa trovare nella diplomazia internazionale.
La dichiarazione di Teheran rilevava che "negli ultimi due secoli la Gran Bretagna è stata in prima linea nei complotti e nei tradimenti contro l'Islam e i musulmani", e proseguiva fornendo dettagli sulla perfida Albione in Palestina, Iraq, Pakistan e altrove. Sosteneva che Londra aveva subito gravi battute d'arresto per mano dei movimenti islamici e pertanto aveva abbandonato le vecchie tattiche militari per adottare una strategia politica e culturale più sofisticata, e questo è stato ciò che ha portato gli inglesi a promuovere I versi satanici. Ma la Repubblica islamica non ha tollerato questo complotto e ha quindi interrotto le relazioni con il Regno Unito. Un quotidiano di Teheran ipotizzava che la spaccatura sarebbe potuta benissimo durare "almeno un decennio".
Per ritorsione, il governo britannico ha chiuso il consolato iraniano a Hong Kong e ha espulso nove iraniani residenti nel Regno Unito. Il Ministero degli Esteri ha inoltre esortato i cittadini britannici a stare lontani dal Libano. Inoltre, il ministro degli Esteri, usando il linguaggio più duro dall'inizio della controversia, ha definito il governo iraniano un "regime deplorevole" e (per la prima volta) ha condannato i suoi recenti "stermini di massa".
Due caratteristiche insolite hanno caratterizzato queste mosse diplomatiche. In primo luogo, sia il governo britannico che quello iraniano potevano contare su un sostegno interno eccezionalmente ampio per le loro azioni, compreso il sostegno parlamentare quasi unanime. In secondo luogo, nonostante tutta l'animosità tra i due Stati, nessuna delle due parti ha fatto un solo passo per interferire nelle relazioni commerciali esistenti. Gli inglesi hanno continuato ad acquistare petrolio greggio iraniano, gli iraniani hanno continuato ad acquistare un'ampia gamma di beni britannici, e i servizi ufficiali britannici come il Dipartimento di Garanzia dei Crediti all'Esportazione (che fornisce una copertura a breve termine per le esportazioni britanniche) sono stati testimoni di "un mercato regolare alquanto vivace".
I ministri degli Esteri dei quarantaquattro Paesi appartenenti all'Organizzazione della Conferenza Islamica si sono incontrati dal 13 al 16 marzo 1989 a Riad e hanno adottato la posizione saudita, e non quella iraniana, su Rushdie:
La Conferenza ha dichiarato che la blasfemia non può essere giustificata sulla base della libertà di espressione e di opinione. La Conferenza ha condannato fermamente il libro I versi satanici, il cui autore è considerato un eretico. Fa appello a tutti i membri della società affinché mettano al bando il libro e adottino le misure necessarie per assicurare la protezione dei credi religiosi altrui.
Un funzionario britannico ha risposto il giorno dopo cercando non di spiegare che la libertà di espressione include di fatto la blasfemia, ma di dissociare il suo governo da Rushdie. Il ministro degli Esteri William Waldegrave ha accettato di parlare ai microfoni del canale in lingua araba della BBC per spiegare:
"Vorrei mettere agli atti che il governo britannico riconosce bene il dolore e l'angoscia causati da questo libro, e vorremmo sottolineare che, poiché è stato pubblicato in Gran Bretagna, il governo britannico non ha nulla a che fare con esso e non è ad esso associato in alcun modo. (...) La soluzione migliore è certamente quella di dire che il libro è offensivo nei confronti dell'Islam, che l'Islam è molto più forte del libro di uno scrittore di questo genere".
Radio Teheran ha interpretato questa affermazione come un riconoscimento britannico del fatto che il libro contiene passaggi blasfemi e ha considerato questa ammissione come un importante passo avanti rispetto alle dichiarazioni di Howe e della Thatcher. In cambio, però, non è stata fatta alcuna concessione.
Esattamente un mese dopo la decisione di ritirare gli alti massimi diplomatici della CEE dall'Iran, i ministri degli Esteri si sono nuovamente incontrati e hanno deciso, sotto la pressione di Grecia, Irlanda e Italia, di rimandarli indietro. Khomeini ha affermato che gli europei sono tornati "pieni di vergogna, umiliati, disonorati, pentiti delle loro azioni".
X. Conclusione
'Ali Akbar Hashemi-Rafsanjani, presidente del Parlamento iraniano, ha osservato che il caso Rushdie è "uno degli eventi più rari e strani della storia", e ha ragione. Molti aspetti dell'affaire Rushdie sono senza precedenti.
Mai un libro è stato così tanto al centro di una crisi internazionale. Mai così tanti governi hanno atteso con tanta ansia le mosse pacifiche di uno scrittore privato. L'assurdità della situazione è stata colta da una vignetta apparsa su Le Monde che mostrava Rushdie alla macchina da scrivere, circondato da quindici poliziotti preoccupati che lo tenevano d'occhio; uno degli agenti urla nel walkie-talkie: "Chiudete gli aeroporti!! Vuole scrivere il secondo volume!!!"
Allo stesso modo, mai prima d'ora c'era stato un caso relativo ai diritti umani che avesse oltrepassato i confini in questo modo. "Altri despoti hanno bandito i libri e messo al bando i pensieri", ha osservato Hendrik Hertzberg. "Ciò che è unico e senza precedenti in Khomeini è l'ambizione globale, e la minacciosa portata globale della sua censura attraverso la minaccia. Ha creato il primo caso planetario di minacce contro le libertà civili. Questo è il suo peculiare contributo alla storia della tirannia". E la reazione dell'Occidente, di fronte al primo caso su scala globale di minacce alle libertà civili è stata quella di fare marcia indietro per quanto legalmente possibile.
Bibliografia: Oltre al mio libro pubblicato nel 1990, The Rushdie Affair, qui di seguito i miei articoli sull'affaire Rushdie e le sue conseguenze:
"L'Ayatollah, lo scrittore [Salman Rushdie] e l'Occidente". Commentary, June 1989.
- "L'affaire Salman Rushdie Affair: Come vendere un libro e vivere in modo pericoloso", Philadelphia Inquirer, August 24, 1989.
- "L'editto 'satanico' intralcia ancora la libertà di espressione", Wall Street Journal, 26 September 1989.
- "Salman Rushdie non riesce a commuovere i fanatici", Los Angeles Times, December 28, 1990.
- "Salman Rushdie non riesce a commuovere i fanatici", Los Angeles Times, December 28, 1990.
- "L'incontro di Clinton con Salman Rushdie ha inviato segnali sbagliati", Washington Times, December 8, 1993.
- "In che modo Clinton adersice alle 'regole Rushdie'", Forward, July 25, 1997.
- "L'illusione di Salman Rushdie e la nostra", Commentary, December 1998.
- "Intimorire l'Occidente: da Rushdie a Papa Benedetto", L'Opinione delle Libertà, 30 settembre 2006.
- "Salman Rushdie e la spina dorsale britannica", New York Sun, June 26,2007.
- "Il Codice Rushdie sbarca in Occidente", Liberal, 28 settembre 2010.
- "Due decenni di Codice Rushdie", Commentary, October 2010.
E le recensioni librarie:
- Lisa Appignanesi e Sara Maitland (a cura di), "Il dossier Rushdie". Orbis, Winter, 1990.
- Malise Ruthven, "Un affare satanico", Orbis, Summer, 1990.
- "Per Rushdie: Cento intelletuali arabi e musulmani per la libertà di espressione", Middle East Quarterly, June 1994.
- Mehdi Mozaffari, "Fatwa: violenza e scortesia", Middle East Quarterly, March 2000.