Il I° marzo 1999, una corte distrettuale federale di Brooklyn ha condannato Ghazi Ibrahim Abu Maizar, originario di Hebron, all'ergastolo. Il suo crimine è quello di aver cospirato per l'utilizzo di un'arma di distruzione di massa, di aver minacciato di farlo e di aver trasportato lui stesso l'ordigno. Anche se Abu Maizar non ha leso fisicamente nessuno, quando la polizia ha fatto irruzione nel suo appartamento nel 1997, ha rinvenuto una gran quantità di prove che proprio quel giorno il 23enne era sul punto di far esplodere una bomba rudimentale.
Stranamente, il verdetto è passato quasi inosservato. E questo è sconcertante, perché il crimine pianificato da Abu Maizar non è di fatto un fenomeno isolato, né è stato causato da problemi mentali. La lettera dattiloscritta che la polizia ha trovato nel suo appartamento diceva: "Stiamo per bruciare il terreno sotto l'America e lo Stato ebraico" ed era firmata "alljeihd [il jihad] come movimento di tutte le epoche". Durante il processo, Abu Maizar ha informato la corte che lui voleva recare danno agli Stati Uniti "perché penso che gli Usa appoggino lo Stato ebraico e quindi andrebbero puniti per questo". Abu Maizar parla apertamente della sua speranza di uccidere "il maggior numero [di ebrei] (…) Ho sempre sognato di essere un martire". Quando il verdetto di colpevolezza è stato letto in aula, il giovane è balzato in piedi, tenendo una copia aperta del Corano sopra la testa, al grido di "Allahu Akbar!" – Dio è grande.
In altre parole, lungi dall'essere un pazzo che ha agito da solo, Abu Maizar rappresenta un ampio movimento – l'Islam fondamentalista – in nome del quale i musulmani come lui sono pronti a commettere degli efferati atti di violenza e perfino a sacrificare la propria vita, nel tentativo di "punire" l'America e, sopratutto, di uccidere gli ebrei americani.
In tutto questo, gli ebrei, insieme agli "imperialisti" britannici e americani, vengono considerati il principale ostacolo per la realizzazione di una visione utopistica, quella secondo la quale, se i musulmani vivessero conformemente alla legge sacra della loro fede religiosa – la Shari'a – riacquisterebbero la ricchezza e la forza che gli appartenevano all'apogeo della gloria islamica in Medio Oriente. Secondo l'ottica fondamentalista, gli ebrei non si sono dappertutto risparmiati nei loro tentativi di dominare il mondo e soprattutto le nazioni musulmane. Tutto ciò che viene percepito come nemico dell'Islam, da Atatürk a Madonna, è una creazione degli ebrei. Se la minaccia andrà mai eliminata, una guerra spietata contro gli ebrei è una necessità impellente, ed è questo il dovere di ogni musulmano.
Nella sua ossessione degli ebrei, l'Islam fondamentalista conferma la sua rassomiglianza strutturale con le altre grandi ideologie totalitarie del nostro secolo. Ma in un certo senso esso va oltre i suoi precursori. I nazisti e i comunisti non hanno mai avuto l'audacia di emigrare in gran numero in America, e men che meno speravano di trovare una solida base di appoggio fra gli americani. Ma questo è esattamente ciò che ha fatto l'Islam fondamentalista, insieme al suo bizzarro compagno di viaggio, la Nazione dell'Islam – un'associazione eterogenea autoctona. I musulmani che detestano l'America e soprattutto gli ebrei che vi risiedono, continuano a crescere numericamente e acquisiscono maggior peso, godendo delle protezioni accordate dallo stato di diritto e dall'indulgenza di una società pluralista e benevola.
Fortunatamente questi musulmani non rappresentano tutti gli islamici d'America. Molte organizzazioni musulmane di spicco, comunque la pensino realmente, in pubblico fanno attenzione a evitare la macchia di antisemitismo. Andando oltre, altri hanno stabilito dei legami di cooperazione con gli ebrei americani (e i cristiani) su questioni di comune interesse. Qualche anima intrepida – più in particolare W. Deen Mohammed, figura di spicco dei neri convertitisi all'Islam tradizionale – in passato ha preso posizione contro i musulmani che attaccavano gli ebrei.
Sia la comunità ebraica che quella islamica approfittano di tali legami. Gli ebrei guadagnano alleati, i musulmani ci guadagnano in prestigio. Per gli elementi tradizionalisti di entrambe le comunità, c'è in più la tentazione di creare un fronte più ampio contro ciò che viene considerato "il caos malefico" della società americana contemporanea, per usare le parole di Robert Crane, un insigne convertito americano all'Islam che vuole che i musulmani "collaborano con i tradizionalisti con le stesse idee in seno alle altre religioni in America" al fine di "concludere la Rivoluzione americana".
Ma in verità, queste attitudini positive sono piuttosto un'eccezione. Nelle convention chiuse alla stampa e al pubblico, nei discorsi e nelle pubblicazioni che tendono ad essere pronunciati e redatte nelle lingue storiche dell'Islam piuttosto che in inglese, quasi ogni organizzazione musulmana presente in America vomita un antisemitismo manifesto e feroce.
E non si tratta solamente di parole, perché esiste una vera e propria violenza contro gli ebrei in America, inclusi un attentato contro l'edificio del B'nai B'rith a Washington nel 1977, l'assassinio di Meir Kahane nel 1990 e la raffica di proiettili contro un furgone pieno di ragazzi ebrei ortodossi in transito sul Ponte di Brooklyn, uccidendone uno. Alcuni atti di violenza in cui sono rimasti vittime dei non-ebrei (sette persone nell'attentato al World Trade Center del 1993 e una in cima all'Empire State Building nel 1997) sono motivati almeno in parte da sentimenti antisemiti.
Nel mondo odierno, con alcune eccezioni – specie in Russia – l'antisemitismo attribuibile ai cristiani è quasi ovunque relegato ai margini ed è in declino; è bandito dagli insegnamenti delle chiese ufficiali e denunciato dai leader politici. Ma se le tendenze in seno alla società cristiana vanno in una certa direzione, nelle società musulmane di tutto il mondo si dirigono nella direzione opposta. Lì, lungi dall'essere un fenomeno marginale, l'antisemitismo ideologico e politico è frequente fra i capi di Stato, i partiti di governo, gli influenti gruppi d'opposizione, i quotidiani tradizionali e gli intellettuali di spicco.
In altre parole, quello che è stato storicamente un fenomeno cristiano è ora principalmente un fenomeno musulmano. Se l'antisemitismo cristiano è sempre più un problema del passato, quello musulmano è il problema del presente e del futuro.
Ciò ci riconduce all'indifferenza attorno al caso di Abu Maizar. E questo perché in America, non si saprebbe quasi nulla della profondità e della portata dell'antisemitismo musulmano seguendo la stampa o le dichiarazioni delle organizzazioni della comunità ebraica. In Looking for Farrakhan (edito nel 1997), un libro su un leader della Nazione dell'Islam, Florence Hamlish Levinsohn spiega il suo antisemitismo esclusivamente nei termini del suo passato da cristiano, non dicendo una parola sulla componente islamica. L'Anti-Defamation League, pur conducendo coraggiosamente la lotta contro il razzismo anti-ebraico di Farrakhan, evita con solerzia di menzionare il contesto religioso. Peggio ancora, numerose organizzazioni ebraiche americane continuano a dedicare considerevoli risorse e parecchia energia a prendere di mira "la Destra cristiana", ignorando di fatto l'affermazione del fascismo islamico.
Ma qualunque cosa si pensi delle cause privilegiate dalla Destra cristiana – i buoni scuola, pregare a scuola – esse non costituiscono affatto la minaccia più grave alla sicurezza degli ebrei americani al giorno d'oggi.
Il pericolo reale e immediato non è affatto la Coalizione cristiana pro-Israele, ma l'Associazione dei giovani arabi musulmani, ferocemente antisemita; non Jerry Falwell, ma lo Sceicco Omar Abdel Rahman; non coloro che, alla peggio, desiderano convertire gli ebrei, ma quelli che, con tutti i mezzi a loro disposizione, volevano far loro del male o che sono già passati all'azione violenta, e anche chi, se non verrà controllato, di certo, continuerà a farlo.