Vorrei parlarvi di mia madre.
È nata a Varsavia il 28 novembre 1924 e il suo nome da nubile era Irena Eugenia Roth. Suo padre era un dirigente della I.G. Farben, la più grande azienda europea. Sua madre era una donna di rinomata bellezza e fu anche la prima donna automobilista a Varsavia. Sua sorella Hanna nacque due anni dopo, nel 1926. La famiglia viveva nel centro di Varsavia, vicino ai nonni materni, proprietari di un negozio di pelletteria.
Come si evince da questi brevi cenni biografici, Irene condusse una vita piacevole in Polonia. Le foto attestano i raffinati sketch inscenati con la sorella; le soste dopo la scuola, in compagnia della nonna, in un'elegante pasticceria per gustare le sue prelibatezze. I suoi genitori partecipavano a feste dov'era di rigore indossare abiti formali sfoggiando un'eleganza che difficilmente possiamo immaginare quasi un secolo dopo. Chiacchierando con il suo futuro marito, Richard Pipes, il quale viveva non lontano da lei, e che conobbe alla Cornell University, mia madre scoprì con sorpresa sua e di mio padre che entrambi avevano partecipato alla stessa festa di compleanno.
Una festa a Varsavia negli anni Trenta. Vi parteciparono sia i miei nonni materni che quelli paterni. |
Poi, ovviamente, tutto crollò. I nazisti invasero la Polonia il 1° settembre 1939, quando Irene aveva 14 anni. Suo padre venne arrestato (paradossalmente) in quanto cittadino tedesco e la famiglia fuggì in auto nel nord-est del Paese. Riunitisi miracolosamente, raggiunsero Stoccolma dove si imbarcarono su una nave per New York City, approdandovi il 27 gennaio 1940. E dopo aver trascorso un rivelatore weekend a Ellis Island, entrarono negli Stati Uniti.
Grazie a uno zio paterno (fratello di mio nonno), il quale aveva avuto l'accortezza di lasciare la Polonia prima dell'invasione, la famiglia ebbe i mezzi per stabilirsi dapprima a Drummond Street, a Montreal, e poi a Central Park West, a New York. Con sorprendente velocità, mia madre e i suoi familiari impararono l'inglese ed entrarono a far parte della vita americana. Per darvi un'idea della loro integrazione, vorrei leggere il testo integrale di un telegramma inviato da mio nonno e da due suoi fratelli, il 6 novembre 1940, un giorno dopo che il presidente Franklin Delano Roosevelt fu riconfermato per un terzo mandato:
Al presidente Roosevelt, Washington. Caro Presidente, noi, vittime degli aggressori, che siamo stati costretti a lasciarci alle spalle la nostra amata patria Polonia, le nostre case e le nostre famiglie, ci congratuliamo con Lei per la sua rielezione, vedendo nel suo risultato un raggio di luce per l'intera umanità. Che Dio benedica Lei e la sua cara famiglia.
Nel 1942, mia madre entrò alla Cornell University dove studiò architettura. L'anno successivo, conobbe mio padre in un doppio appuntamento al buio. Si sposarono all'Hotel Delmonico, a Park Avenue, il 1° settembre 1946, sette anni dopo l'invasione tedesca. Richard iniziò immediatamente il dottorato ad Harvard. Io sono nato nel 1949, in seguito mia madre partorì una bimba nata morta e Steven è arrivato nel 1954.
Sebbene si definisse una festaiola, mia madre si adattò abbastanza bene alla vita accademica di Cambridge e affiancò mio padre quando nel decennio successivo divenne professore ordinario. Dopo essersi stabiliti a Boston, a Watertown e a Belmont, acquistarono una casa di campagna nel New Hampshire nel 1959 e si trasferirono in un grande edificio nei pressi di Harvard Square, nel 1964. Per due decenni, possedettero una casa sull'isola caraibica di Tortola e poi un minuscolo appartamento a Key Biscayne, nel 2014. Il primo dei quattro nipoti è nato nel 1979, le altre tre sono nate nel 1985, nel 1987 e nel 2000. Il primo pronipote è arrivato nel 2018.
I periodi sabbatici portarono Richard e Irene a Parigi, a Londra e a Palo Alto. Nel periodo in cui mio padre lavorò per l'Amministrazione statunitense, i miei genitori si trasferirono a Washington per due anni, nel 1981-1982. Richard si ritirò da Harvard nel 1996.
Richard e Irene ballano al loro matrimonio. |
Richard è morto di vecchiaia nel 2018, ma Irene ha portato avanti le sue attività, mantenendo tre residenze, abbonandosi a riviste e coltivando le amicizie. Ma non era lo stesso senza di lui. Inoltre, quando mia madre ha raggiunto il traguardo dei 90 anni, si è detta rammaricata di non avere le capacità di una 70enne: "Oggi non sono me stessa, cosa c'è che non va in me?", si è lamentata in modo rituale. Ha cercato di affermare la propria indipendenza, un compito sempre più difficile. Si è spenta serenamente a 98 anni questa mattina: alle 10:45 del 31 luglio 2023.
Ecco alcune riflessioni, sulla mia famiglia e su mia madre.
Quando sono nato, quasi tutti nella mia famiglia erano fuggiti dalla Polonia e dalla Shoah. Ogni adulto non solo doveva diventare americano e imparare l'inglese, ma ognuno di loro portava con sé un trauma. Gli anziani parlavano inglese con esotico accento polacco o tedesco, i più giovani parlavano inglese americano standard forse con un accento lievemente esotico, ma tutti portavano il peso di essere giunti negli Stati Uniti come profughi.
Con il passare degli anni, ovviamente, gli immigrati morirono e nacquero gli americani. La morte di mia madre segna la scomparsa dell'ultimo immigrato che ricordava ancora la Polonia. Rimane soltanto suo cugino di primo grado Victor, ma ha lasciato la Polonia all'età di tre anni. La scomparsa di Irene, insomma, segna la fine di un'era per la famiglia allargata.
La transizione riuscita dallo status di profughi a quello di americani autoctoni è stata inevitabile e positiva, ma segna altresì un momento di tristezza con la sua perdita di esperienze, di colori e di memoria.
Mia madre iniziò ad apprezzare il suo Paese natale, tornando in Polonia prima negli anni Cinquanta e poi, nei suoi ultimi anni, trascorrendovi circa un mese all'anno, godendosi le amicizie e apprezzando l'arte, orgogliosa di parlare un polacco prebellico particolarmente elegante. È anche stata per decenni presidentessa e principale sostenitrice dell'Associazione americana degli Studi ebraico-polacchi. È interessante notare che negli anni successivi i suoi amici tendevano sempre più a trovarsi in Polonia, poiché si sentiva molto a suo agio nella sua città natale, compiacendosi della lingua, del cibo e della cultura elevata. La sua meravigliosa amica e assistente degli ultimi anni, Agata Bogatek, è polacca; La ringrazio per l'ottimo servizio che ha prestato fedelmente.
E per finire, alcune riflessioni sulla personalità di Irene: amica, moglie, madre e nonna.
Vorrei iniziare, parlando del suo carattere. Mia madre era decisamente un personaggio. Non avrebbe accettato un no come risposta e ha messo a dura prova innumerevoli addetti ai gates aeroportuali e guarda-parchi per ottenere ciò che voleva. Contro tutto e tutti, insisteva sul fatto che le sue numerose escursioni ai casinò hanno fruttato ingenti somme. Ha ufficialmente smesso di fumare intorno al 1970, ma ha continuato clandestinamente per i successivi cinquant'anni, con grande divertimento dell'intera famiglia. Al 70° anniversario di matrimonio ha fatto in modo che tutti sapessimo che stava ancora riflettendo se avesse fatto la scelta giusta a sposare Richard.
Come fosse come amica, occorre dire che aveva un talento nel fare nuove amicizie, nell'affascinare gli sconosciuti e nel tenere al suo fianco chi le era vicino. Soprattutto con il passare degli anni ha sviluppato un atteggiamento autoritario che noi familiari trovavamo un po' esasperante, ma che incantava il resto del mondo. Fino alla mezza età, ha stretto amicizie e ha avuto scambi di corrispondenza con persone di diversi continenti. Man mano che invecchiava, sebbene si lamentasse della loro scomparsa, è riuscita a trovare nuovi amici, soprattutto in Polonia.
Irene e Daniel, nel 1964. |
Come madre, Irene non è stata iperprotettiva. Ci ha avuti da giovane, ed essendo estroversa e socievole, ha preferito che trovassimo la nostra strada nel mondo. Pertanto, ho cambiato treni da solo, viaggiando in Svizzera, alla tenera età di sette anni. Mi preparavo la colazione. Ho imparato a nuotare tuffandomi da una boa. Ho preso la mia patente di guida un giorno dopo il mio 16 ° compleanno. Impegnata com'era a coltivare le amicizie e nel suo ruolo di moglie, la maternità era una specie di attività secondaria, il che andava bene per noi, i suoi figli.
La nonna era il ruolo che le si addiceva meglio, arrivando ad esserlo in età avanzata e non richiedendo la sua attenzione a tempo pieno. Non riesco a contare le volte in cui mia madre mi ha detto con tono solenne che aver generato Sarah, Anna ed Elizabeth è stata la cosa migliore che abbia mai fatto nella mia vita. Si divertiva con le sue nipoti, forse in parte perché le vedeva come una compensazione per la perdita della figlia nata morta.
Irene alla festa dei suoi 90 anni con le tre nipoti (da sinistra): Elizabeth, Sarah, Anna. |
Concludo le mie riflessioni su mia madre, rammentando il suo desiderio spesso espresso di essere sepolta accanto a suo marito Richard con il semplice epitaffio: "Sua moglie". Non sono mai stato d'accordo su questo, dicendole che avevo in mente qualcosa di meglio come: "Irene Eugenia Pipes, nata Roth. 1924-2023. Sopravvissuta alla Shoah. Moglie, madre, nonna, bisnonna".
Antony Polonsky, professore emerito di Studi sulla Shoah presso la Brandeis University e responsabile storico del Global Educational Outreach Project al Polin (Museo della storia degli ebrei polacchi, a Varsavia) aggiunge questa descrizione del lavoro professionale di Irene Pipes:
Irene Pipes e le relazioni ebraico-polacche
Irene proveniva da una famiglia ben integrata nella società polacca, ma che manteneva forti legami ebraici. La stessa Irene era molto attaccata alle radici ebraiche e conosceva bene la cultura polacca. Nutriva un amore particolare per le canzoni popolari polacche e di cabaret degli anni Trenta con le quali è cresciuta. È stata dunque una intermediaria ideale nei tentativi compiuti a metà degli anni Ottanta di alleviare le tensioni e l'ostilità tra polacchi ed ebrei, in quanto erano gruppi distinti, cosa che non è sempre vero. Credeva che la via da seguire fosse che i polacchi e gli ebrei guardassero di nuovo alla loro storia comune e ne riconoscessero sia gli aspetti positivi che quelli negativi.
Come presidentessa dell'American Association for Polish-Jewish Studies dall'inizio degli anni Novanta, ha messo a frutto il suo grande talento diplomatico per promuovere il dialogo e il dibattito in modo aperto su questioni difficili e controverse. Ha anche svolto un ruolo importante nella realizzazione della newsletter trimestrale dell'Associazione Gazeta, ed è stata una costante sostenitrice del suo annuario, Polin: Studies in Polish Jewry.
L'ultimo numero di "Gazeta", Dicembre 2022. |
Il suo enorme contributo allo spirito di collaborazione ebraico-polacca le è stato riconosciuto con l'assegnazione da parte del governo polacco della Croce di Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Polacca. Anche quando le forze le sono venute meno, è rimasta devota alla causa dell'intesa ebraico-polacca e si è rattristata per l'ascesa del populismo in Polonia e per la minaccia che esso rappresentava per una valutazione onesta e imparziale del complesso e talvolta controverso passato ebraico-polacco. Fino agli ultimi giorni della sua vita è rimasta ottimista, certa del fatto che le persone di buona volontà avrebbero potuto trovare un terreno comune e che avrebbero prevalso il dialogo e la comprensione. Ci mancherà moltissimo.