In una dichiarazione tipicamente maldestra il segretario di Stato americano John F. Kerry si è di recente lamentato del fatto che gli israeliani sono troppo felici per mettere fine al loro conflitto con i palestinesi: «La gente in Israele non si sveglia ogni mattina chiedendosi se domani ci sarà la pace, perché c'è una sensazione di sicurezza, di successo e di prosperità». Se Kerry non comprende gli israeliani (il negazionismo palestinese e non la prosperità li ha indotti a perdere ogni speranza nella diplomazia), ha però ragione a dire che essi hanno "una sensazione di sicurezza e (…) di prosperità".
Israele ha più bambini al mondo pro-capite rispetto a ogni altro Paese avanzato.* |
Il gas naturale estratto dal giacimento di Tamar, in Israele, è stato già fornito ai primi clienti. |
La questione diplomatica palestinese che ha dominato la scena politica del Paese per decenni dopo il 1967 ha perso importanza, con solo il 10 per cento degli ebrei israeliani che ritiene che i negoziati abbiano la precedenza assoluta. Kerry può essere ossessionato da questo problema ma nelle parole aspre di un politico: «Discutere del processo di pace per molti israeliani è l'equivalente di discutere del colore della maglietta da indossare quando si atterrerà su Marte». Anche la questione nucleare iraniana può essere meno terribile di quanto appaia. Considerando la potenza assai più distruttiva dell'arsenale nucleare di Israele e il suo sistema missilistico di difesa, il cui sviluppo procede a pieno ritmo, l'analista militare Anthony Cordesman prevede che uno scontro nucleare danneggerebbe gravemente Israele ma distruggerebbe la civiltà iraniana. «Una ripresa dell'Iran, almeno nell'accezione consueta del termine, è impossibile». Folle com'è la leadership iraniana, rischierà davvero tutto?
I successi riportati dal movimento per il "boicottaggio, disinvestimento e sanzioni" sono piuttosto scarsi (Stephen Hawking ha declinato l'invito del presidente! Un organismo delle Nazioni Unite ha approvato un'altra assurda condanna). Israele ha relazioni diplomatiche con 156 dei 193 membri delle Nazioni Unite. Considerando più parametri, Inbar rileva che a livello globale «Israele è piuttosto ben integrato». Nei sondaggi di opinione condotti negli Stati Uniti, il Paese più importante al mondo e il principale alleato di Israele, lo Stato ebraico batte regolarmente i palestinesi con una proporzione di 4 a 1. E se le università sono davvero ostili, chiedo a chi si arrovella: «Dove preferireste essere forti, al Congresso americano o nei campus?» Ponendo questa domanda si deve rispondere.
Le tensioni tra ashkenaziti e sefarditi sono diminuite col passare del tempo a causa dei matrimoni misti combinati alle interpenetrazioni culturali. La questione dell'isolamento e della non partecipazione degli haredim alla leva e alla vita economica del Paese è finalmente affrontata. Gli israeliani hanno apportato dei notevoli contributi culturali, in particolare alla musica classica, il che ha indotto un critico, David Goldman, a definire Israele «una superpotenza tascabile nelle arti».
L'Orchestra filarmonica di Israele, creata nel 1936, è un'istituzione culturale di spicco. |
Ascoltate, antisionisti e antisemiti, palestinesi e islamisti, militanti di estrema destra e di estrema sinistra: state combattendo una battaglia persa; lo Stato ebraico prevale. Come Efraim Inbar arguisce a ragione, «il tempo sembra essere dalla parte di Israele». Arrendetevi e trovatevi qualche altro Paese da tormentare.
* Questa foto mostra Miri Leshem-Pelly, una naturalista israeliana nonché autrice e illustratrice di libri per bambini, mentre legge il suo libro Lon-Lon's Big Night a una scolaresca. Pubblicato in inglese e in ebraico, il volume introduce i bambini alla fauna del Negev.