Quando la settimana scorsa il democratico Richard Gephardt del Missouri ha ritirato la nomina di Salam Al-Marayati alla Commissione nazionale sul terrorismo composta da 10 membri e di recente formazione, il deputato ha fatto un passo più importante di quel che possa rendersi conto. Il cambiamento di rotta del leader di minoranza della Camera dei Rappresentanti sta a indicare che per la prima volta una figura musulmana di spicco in America è stata ripudiata a causa di una politica estremista. Fortunatamente questa è una svolta decisiva: i musulmani ora saranno sottoposti alle stesse restrizioni politiche di chiunque altro.
Chi è Salam Al-Marayati e perché le sue idee sono un problema? Nato a Baghdad, in Iraq, nel 1960, Al-Marayati è arrivato in America con la sua famiglia nel 1964. Ha studiato all'Università della California e ha lavorato come ingegnere chimico dei controlli di produzione nell'industria dei semiconduttori. Entrando in politica come tramite con la comunità musulmana per un consigliere comunale di Los Angeles, nel 1998, Al-Marayati ha contribuito a fondare il Muslim Public Affairs Council, diventandone direttore. Inoltre, lui è membro del Comitato esecutivo del Partito democratico della California ed è stato delegato di Clinton alla Convention democratica nazionale del 1996. Anche sua moglie Laila ha una carriera pubblica; il presidente Clinton le ha appena offerto un incarico in seno a una commissione federale creata di recente: la Commissione degli Stati Uniti sulla libertà religiosa internazionale. In breve, Al-Marayati è uno dei più influenti leader musulmani in America e un promettente giocatore nel gioco politico.
Il guaio è che Al-Marayati, come molti altri leader musulmani d'America, offre un programma politico estremista di cui poche persone sembrano accorgersi o preoccuparsi. Ecco tre elementi del suo radicalismo. Innanzitutto, lui avvolge la bandiera americana intorno ad alcune delle caratteristiche meno interessanti della vita mediorientale. Nel 1993, egli asserì in modo memorabile che "Quando Patrick Henry ha detto 'Datemi la libertà oppure datemi la morte', questa dichiarazione alludeva al jihad [la guerra santa islamica]". Nel 1996, Al-Marayati fece un'osservazione stupida e inesatta, ossia che "centinaia di anni fa, i combattenti americani per la libertà erano considerati terroristi dagli inglesi". E qui l'intento di Al-Marayati è chiaro: rendere il jihad e il terrorismo accettabili per gli americani.
In secondo luogo, Al-Marayati si scusa per i regimi mediorientali più orribili e traccia le corrispondenze morali tra loro e l'America. A suo avviso, l'Iraq non è migliore né peggiore dell'America: "La condotta di Saddam Hussein dentro e fuori l'Iraq è stata dipinta come sconsiderata. Lo stesso si può dire della politica americana come conseguenza del suo comportamento reazionario". (Come Al-Marayati possa dire simili cose è un mistero quando invece, come riporta il Los Angeles Times, un suo cugino in Iraq "pochi anni fa è morto a causa di una malattia ai reni perché non è riuscito a procurarsi la medicina appropriata o a sottoporsi a un intervento chirurgico; molti altri membri della famiglia sono stati torturati e uccisi per essersi opposti" al regime di Saddam.)
In terzo luogo, Al-Marayati chiude un occhio sul terrorismo se considerato una persuasione musulmana fondamentalista (il che non è una grossa credenziale per qualcuno che spera di far parte di una commissione antiterrorismo). Prendiamo un episodio del febbraio 1996 quando un palestinese che si chiamava Muhammad Hamida, al grido di guerra fondamentalista Allahu Akbar (Dio è Grande), investì deliberatamente con la sua vettura dei civili israeliani a un'affollata fermata degli autobus, uccidendone uno e ferendone altri 23. Prima che potesse scappare o ferire qualcun altro, Hamida fu ucciso a colpi d'arma da fuoco. Commentando la vicenda, Al-Marayati non ha detto una parola sulla furia omicida di Hamida, focalizzando piuttosto l'attenzione sulla morte di Hamida, che ha definito "un atto provocatorio", chiedendo l'estradizione negli Usa dei suoi uccisori perché "fossero giudicati in un tribunale americano con accuse di terrorismo".
Dichiarazioni del genere hanno conferito ad Al-Marayati la fama di essere "filo-terrorista", come scrive l'editorialista del New York Daily News Sidney Zion, e di uno che "critica aspramente Israele con allarmanti simpatie per i terroristi islamici", secondo un editoriale del New York Post. Ma per lo più, politici, giornalisti e persino alcuni attivisti ebraici preferiscono non tenere conto di quest'operato disgustoso.
Con Al-Marayati fuori dalla commissione antiterrorismo, chi prenderà il suo posto? L'idea di Gephardt di includere un leader musulmano è eccellente, e farebbe bene a trovare un altro musulmano per occupare la sedia. Dovrebbe, però, trovare qualcuno che, come per gli altri membri della commissione, condanni esplicitamente il terrorismo piuttosto che scusarsi per esso; qualcuno che conosca i problemi a riguardo e che aderisca all'ampia corrente principale delle idee politiche americane. Purtroppo, questi requisiti escludono la maggior parte dei leader musulmani che non sono meno estremisti di Al-Marayati; per fortuna, ci sono due eccellenti candidati nella rosa dei nomi in cui il leader della minoranza dovrà scegliere.
Muhammad Hisham Kabbani, un leader dell'ordine sufi Naqshbandi negli Usa e fondatore dell'Islamic Supreme Council of America, si è affermato come portavoce di spicco dell'Islam moderato e dell'antiterrorismo. Kabbani si è guadagnato i galloni nel modo più arduo, sfidando quasi tutte le organizzazioni integraliste musulmane d'America. Nel gennaio 1999, egli ha tenuto un discorso coraggioso al Dipartimento di Stato in cui ha accuratamente notato che gli estremisti avevano "assunto il controllo di oltre l'80 per cento delle moschee" americane. In risposta, oltre cento moschee e organizzazioni hanno firmato una petizione che condannava Kabbani e chiedeva di boicottare lui e la sua organizzazione.
Riad Nachef, a capo dell'Association of Islamic Charitable Projects, è un altro candidato particolarmente adatto per la commissione. Come leader di un dinamico movimento non-fondamentalista che per primo si è sviluppato in Libano e che ora ha una rete in crescita nell'America Settentrionale, Nachef fa parte di un'organizzazione che ha molta – anzi troppa – esperienza diretta con il terrorismo. (Due dei suoi leader sono stati uccisi negli ultimi anni dagli oppositori radicali.) Nachef definisce "imbroglioni" Al-Marayati e gli altri capi delle organizzazioni radicali. E loro hanno fatto di più che rendergli il favore. Quando il nome di Nachef è venuto fuori proprio nel momento in cui è stato per la prima volta proposto alla Commissione nazionale sul terrorismo dal deputato repubblicano Frank Wolf della Virginia, ciò ha suscitato delle reazioni assai ostili da parte di organizzazioni radicali come il Council on American-Islamic Relations.
Così, utilizzando tutti i mezzi, bisogna includere i musulmani nella commissione come anche in tutte le istituzioni della vita pubblica americana; ma occorrerà assicurarsi che loro accettino le premesse fondamentali di questo Paese.