Che cosa stanno combinando i sovietici in Afghanistan? La loro disponibilità a ritirare le truppe può essere interpretata in due modi.
Gli ottimisti (tra cui l'amministrazione Reagan) credono che Mikhail S. Gorbaciov debba uscire dalla guerra in Afghanistan se vuole procedere con i suoi piani della perestroika. Secondo loro, la guerra è un fardello ereditato (una "ferita sanguinante") di cui bisogna liberarsi il più velocemente possibile.
I pessimisti pensano che le belle parole di Gorbaciov e lo spirito nuovo debbano essere visti alla luce di settant'anni di ostinate ambizioni militari sovietiche e di espansione territoriale. Essi sono cauti. Disconoscendo i motivi di Gorbaciov, i pessimisti vogliono che gli Stati Uniti si preparino al peggio. Essi temono che i sovietici (nonostante le apparenti mosse di lasciare il Paese) intendano ancora consolidare il loro controllo dell'Afghanistan. I pessimisti sospettano un'applicazione della classica dialettica russa: un passo indietro, due passi avanti.
Il motivo principale, sottolineano i pessimisti, per dubitare che i sovietici intendono davvero ritirarsi è che loro hanno troppo da perdere ritirandosi dall'Afghanistan. Anche se le forze sovietiche non sono state in grado di pacificare l'intero Paese, esse tuttavia non godono lì di vantaggi significativi. I sovietici controllano diverse città principali e sfruttano febbrilmente immense riserve minerarie e di gas naturale. Inoltre, essi controllano i campi di volo che li portano ad essere più vicini centinaia di miglia al Golfo Persico e ad avere l'egemonia sulle immense riserve di petrolio e di gas laggiù. Il controllo su di esse permetterebbe all'Unione Sovietica di avere più influenza sull'economia mondiale.
Abbandonare l'Afghanistan richiederebbe più di un prezzo materiale; il costo psicologico per lo Stato sovietico sarebbe immenso. Dopo tutto, il posto di Mosca nel mondo, dipende dal fatto che viene considerata influente – e una sconfitta dettata da ribelli disorganizzati eroderebbe la sua reputazione. Inoltre ci sarebbero delle conseguenze interne per Gorbaciov, quando i leader militari sovietici di certo non accetteranno volentieri una sconfitta in guerra.
Per tutti questi motivi, abbandonare il Paese costerà caro ai sovietici. Perché allora, vogliono ritirare le loro truppe? Le recenti attività sovietiche indicano che si stanno imbarcando su una nuova e più complessa strategia per raggiungere esattamente gli stessi scopi per i quali combattono dal 1979. il ritiro potrebbe fornire i mezzi più realisti e meno costosi per farlo.
I problemi di Mosca risiedono nell'accordo mondiale in base al quale l'Armata Rossa ha invaso brutalmente e ingiustamente l'Afghanistan. Gli afgani e gli americani come pure la leadership pakistana e cinese, sono tutti concordi a riguardo e così anche parecchi musulmani ed europei occidentali. Nel mondo odierno, nessun altro problema genera un'ostilità antisovietica così ampia.
Questo consenso ha un enorme peso; anzi, è la sola fonte più importante di sostegno ai mujaheddin afgani o ai combattenti della resistenza. Senza tale sostegno massiccio, i mujaheddin sarebbero una forza molto più debole.
Dal punto di vista sovietico, il centro di gravità del nemico sta nella sua vasta popolarità. Se Mosca può cambiare l'opinione pubblica, può ridurre l'opposizione diffusa alle truppe sovietiche in Afghanistan, minare il consenso per i mujaheddin e battere gli avversari. La guerra per l'Afghanistan finirebbe realmente se Mosca mirasse esclusivamente ai mujaheddin nel tipo di controversia che tiene testa alle altre forze che combattono il blocco sovietico. In breve, Mosca deve trasformare i mujaheddin in Contras.
Come farlo? Una risposta può essere trovata nelle misure prese dai sovietici negli ultimi mesi. In modo assai abile, essi hanno proposto di porre fine a ciò che tutti disapprovano – la presenza delle forze sovietiche in Afghanistan – preparando la strada per un ruolo più sfumato. I sovietici creano delle condizioni per uno scenario del genere: Mosca ritirerà rapidamente le sue truppe dall'Afghanistan, in modo che gran parte di esse saranno richiamate entro l'estate prossima (anche se, ovviamente, i "consiglieri" militari e gli agenti del Kgb rimarranno). Questo avrà due importanti conseguenze per i sovietici. Innanzitutto, questi ultimi si guadagneranno la simpatia internazionale, cancellando anni di ingiurie subite. Anzi, ci saranno senza dubbio molti osservatori che cercheranno di ricompensare le autorità sovietiche affinché compiano questo passo. Questo renderà molto problematici i futuri aiuti ai mujaheddin.
In secondo luogo, il ritiro crea un vuoto di potere in Afghanistan che il governo filo-sovietico di Kabul e i mujaheddin anti-sovietici si precipiteranno a riempire. Peggio ancora, i rapporti da lungo tempo tesi tra i setti gruppi della resistenza sfoceranno in aperta discordia e probabilmente in una guerra civile. Seguirà l'anarchia, con omicidi e atrocità che diventeranno comuni. L'Afghanistan arriverà ad assomigliare al Libano, privo di un'autorità centrale e dilaniato da gruppi in competizione su tutto: tanto a livello ideologico e religioso quanto sulle questioni geografiche e tribali.
L'anarchia macchierebbe in modo irreparabile l'alta reputazione di cui hanno goduto i mujaheddin in otto anni di valore in guerra. La loro reale durezza, anche il barbarismo, all'improvviso diventeranno evidenti portando a una rapida dissoluzione del loro ampio sostegno.
L'anarchia potrebbe anche aprire una breccia per un ritorno delle forze sovietiche. Come minimo, Mosca potrebbe ripiegare sulla linea della "tutela del personale sovietico" per giustificare la rinnovata azione militare in Afghanistan. Nella migliore delle ipotesi, essa potrebbe indurre un regolare gruppo afgano a chiedere il suo aiuto. In alternativa, i sovietici potrebbero anche aver preparato il terreno per dividere la parte settentrionale dell'Afghanistan e porla sotto il loro controllo diretto.
In ogni caso, i sovietici farebbero ritorno in un paese brutalizzato, dove gli autoctoni si sono dimostrati incapaci di autogovernarsi. Queste condizioni – così del tutto differenti da quelle del 1979 – sarebbero accettate malvolentieri a livello internazionale. Se la scelta fosse tra i sovietici e una carneficina, molti osservatori sceglierebbero una pax sovietica. Questo è, dopotutto, quello che permette ai siriani di operare in Libano o ai vietnamiti in Cambogia senza forti opposizioni internazionali. In queste condizioni, sarebbe solo una questione di tempo prima che l'Afghanistan cada interamente sotto il controllo sovietico.
I sovietici poi conseguirebbero a livello politico quello che non sono riusciti a ottenere militarmente.
Gli Stati Uniti sono soliti vincere la guerra e perdere la pace.
Dopo le due guerre mondiali, gli americani si sono lavati le mani del conflitto per tornare a occupazioni più piacevoli. In entrambi i casi, questa rapida perdita d'interesse ha creato dei seri problemi nei decenni successivi. È importante tenere d'occhio l'Afghanistan per fare in modo che otto anni di guerra non siano stati inutili.
Che cosa può fare Washington per evitare di perdere la pace? Molto dipende dalla mancanza di unione tra i mujaheddin. Finché c'era un nemico comune, la divisione era gestibile. Ma essa potrebbe avere un effetto letale una volta che la maggior parte dell'Armata Rossa si ritirerà e gli afgani saranno lasciati soli a governare il loro stesso paese. Se l'Afghanistan dovesse riconquistare la propria indipendenza, i mujaheddin dovranno unirsi per costituire una sola autorità che possa governare il paese. Finché questo non accadrà, le forze sovietiche continueranno a minacciare.
Pertanto, l'Occidente dovrebbe concentrare l'attenzione sull'aiuto da dare per costruire l'unità afgana. La composizione e l'orientamento del governo conterà meno della sua capacità di controllare il territorio afgano. (Lo stesso dicasi per l'Iran: cattivo com'è, il governo di Khomeini è di gran lungo preferibile a un crollo dell'autorità e alla minaccia di un'invasione sovietica.)
Tenendo questo bene a mente, Washington dovrebbe collaborare con gli altri per stabilire un governo a Kabul. Gli sforzi volti a ottenere che sette gruppi di mujaheddin arrivino a cooperare hanno finora sortito poco successo. E con il gusto del potere in bocca, i leader di Peshawar hanno meno probabilità che mai di lavorare insieme.
E qui è necessario un nuovo modo di pensare. Un'idea sarebbe quella di scegliere solo un gruppo di mujaheddin e costruire il suo potere e autorità. Solo questo gruppo riceverebbe tutti gli aiuti finanziari dal mondo esterno e l'appoggio diplomatico. Se continueranno ad essere fornite le armi, solo questo gruppo le riceverà. Con fortuna e destrezza, concentrare le risorse in questo modo porterebbe alla nascita di un'unica autorità capace di mantenere l'ordine in Afghanistan.
Siamo ora entrati nei mesi critici della guerra. L'accordo di Ginevra è importante, ma non deve farci dimenticare le difficoltà che ne deriveranno. Se il governo Usa non agirà con cautela e fantasia, un milione di morti e le sofferenze di 5 milioni di profughi saranno stati inutili.