Riflessioni sull'invasione dell'Iraq

Come intendere la forza di spedizione americana che ha attaccato l'Iraq esattamente dieci anni fa, il 18 marzo 2003?

Il regime di Saddam Hussein fu uno dei più mostruosi nella storia umana, assoggettando circa venti milioni di persone alla sua volontà crudele ed esigente e, senza provocazione alcuna, attaccando molti dei suoi vicini (soprattutto l'Iran e il Kuwait, e anche Israele e l'Arabia Saudita). Inoltre, egli aspirò a dominare il commercio mondiale del petrolio e del gas e tentò di costruire delle armi nucleari. È difficile immaginare una minaccia più grande per la vita civilizzata.

Una morte troppo dolce per un mostro.

Il decennio successivo ha visto un ritorno alle atrocità più ordinarie del Medio Oriente. I problemi comunitari, l'instabilità politica, la crescita islamista, i cattivi rapporti con i vicini, ma almeno non c'è stata nessuna eliminazione col gas della popolazione nazionale, nessuna invasione dei Paesi vicini, nessuna minaccia all'economia mondiale. Questo è tutto quello che ci si poteva aspettare – tranne che George W. Bush convincesse ingenuamente se stesso e gli altri che l'Iraq poteva essere libero e prospero e anche un modello per la regione. Egli ha poi condotto uno sforzo di miliardi di dollari che è costato un pesante tributo di migliaia di vite umane e che si è rivelato deplorevolmente insufficiente.

Quindi, sì, l'Iraq e il mondo stanno meglio da quando Saddam è morto. Ma le grandi speranze di una riabilitazione da parte del governo americano sono state deluse. Questo dovrebbe servire da chiara lezione per le future tentazioni "di costruire una nazione": le potenze occidentali godono di una schiacciante superiorità sul campo di battaglia ma incontrano delle difficoltà quando cercano di determinare il futuro di altri paesi. Non bisogna tentare quest'ultima opzione a meno che la posta in gioco non sia abbastanza alta e non ci sia la volontà di andare sino in fondo.