Nel discorso di oggi tanto pubblicizzato che reca il modesto titolo "Osservazioni fatte dal Presidente sul Medio Oriente e il Nord-Africa", Barack Obama ha risposto alla rivolta araba degli ultimi cinque mesi con elementi di buonsenso e anche di eloquenza ("attraverso la forza morale della non-violenza, la gente della regione ha raggiunto più mutamenti in sei mesi che non i terroristi in decenni di attività"). Obama ha altresì definito una politica americana a sostegno delle riforme e contro la violenza che trovo meritevole di essere discussa e dibattuta.
Tuttavia, il presidente, sempre alla mercé dell'illusione del "linkage" ("collegamento"), non si è smentito dedicando la quinta parte finale del suo discorso al confitto arabo-israeliano ed esprimendo chiaramente dei principi che, nelle parole di Robert Satloff del Washington Institute for Near East Policy "costituiscono un importante distacco dalla politica americana di vecchia data".
Questo distacco non cambia le cose in meglio: un rigo sintetizza l'errore di Obama, dove egli dichiara che "Lo status quo è insostenibile, e Israele (…) deve agire per una pace duratura", parole in codice per fare delle concessioni a dei nemici che hanno giurato di eliminare lo Stato ebraico.