Jerusalem Post ha posto ai suoi columnist la seguente domanda: "Che impatto avranno le elezioni di medio termine americane sulla politica statunitense verso Israele e il Medio Oriente?" Per leggere le risposte degli altri autori si consulti la pagina web Burning Issues #11: Impact of US elections in Mideast
In ogni democrazia che si rispetti la branca legislativa dispone di potere nelle questioni di politica interna mentre quella esecutiva predomina in politica estera. Gli Stati Uniti non fanno eccezione; specie con la scomparsa di fatto del diritto di dichiarare guerra, il Congresso svolge un ruolo del tutto secondario nel formulare il ruolo dell'America nel mondo. I settori di sua competenza sono quelli fiscale, pensionistico, assistenziale e giudiziario. Un vivido esempio di ciò è il seguente: da tempo il Congresso cerca di spostare l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, ma non è mai riuscito a farlo.
Perciò, mi aspetto che i cambiamenti dettati dagli esiti delle elezioni di medio termine di questa settimana avranno un impatto minore sulla politica statunitense in Medio Oriente, che include Israele e il conflitto arabo-palestinese. E ciò riguarda specialmente i seguenti casi:
- la qualità stagnante delle relazioni arabo-israeliane;
- la guerra al terrorismo che avrà solo un peso minore nelle priorità congressuali;
- il dibattito sull'Iraq, più pungente e spinoso riguardo agli eventi del 2003 rispetto a quelli del 2007; e
- la pressoché assoluta prerogativa presidenziale quando si tratterà di rispondere alla corsa iraniana al nucleare.
Per esteso, mi aspetto che il dibattito interno al movimento conservatore circa lo sperpero di soldi da parte di George W. Bush avrà un maggior impatto a lungo termine rispetto al dibattito parallelo sulla sua decisione di andare in Iraq e sradicare il regime di Saddam Hussein.