C'è un cambiamento importante nel modo in cui professori ed esperti (ma non solo) americani affrontano i complessi studi sul Medioriente e sull'Islam. E dopo quarantadue anni di osservazioni fondate, ho alcune riflessioni da fare.
Uno dei tanti libri sul "mondo arabo". |
2. Dagli arabi ai musulmani: quando ero uno studente, i libri sugli arabi, il mondo arabo, la politica araba, il nazionalismo arabo e il socialismo arabo non interessavano alla stampa. Ma col tempo l'incapacità di saper inquadrare la cultura araba moderna è diventata evidente. Io ero uno di quelli che consideravano l'Islam come il vero fattore determinante, dedicandomi trent'anni fa a dimostrare che l'Islam influenza fortemente l'atteggiamento politico dei musulmani. Se questa interpretazione allora incontrò un certo scetticismo, ora è diventata così lapalissiana che Amazon.com ha in catalogo non meno di 3.077 articoli in inglese sul jihad.
3. Dagli scritti critici a quelli apologetici: all'inizio non lo avevo capito, ma studiare la storia islamica significò per me scivolare addirittura al periodo pre-revisionismo. Nel 1969, gli studiosi rispettavano la civiltà islamica, pur mantenendo in genere (anche se non sempre) una visione fieramente occidentale. Come simbolo della vecchia cultura, il mio primo docente di storia mediorientale ci assegnò uno studio di Julius Wellhausen, Arabische Das Reich und sein Sturz (Il regno arabo e la sua caduta, ndr.), pubblicato nel 1902. Poi è arrivata la rivoluzione. Martin Kramer attribuisce il cambiamento relativo agli studi sul Medioriente alla pubblicazione nel 1978 di Orientalismo, scritto da Edward Said; ma io penso che invece sia dovuto più al risultato della svolta a sinistra delle università.
La vecchia guardia: Julius Wellhausen (1844-1918), autore dello studio assegnatomi sulla dinastia ommayyade. |
4. Dall'indifferenza pubblica all'impegno: prima del 2011, il Medioriente era politicamente importante per luce riflessa, grazie alle tensioni provocate dalla guerra fredda, dalle esportazioni del petrolio, dal conflitto arabo-israeliano e dalla rivoluzione iraniana. Ma l'interesse americano per la regione è rimasto modesto fino all'11 settembre e alle successive guerre in Afganistan e in Iraq. Da quel momento in poi, ci si è resi conto dell'inadeguatezza del lavoro accademico. E con l'aiuto di critiche raffinate (come quelle di Kramer), e di organizzazioni come Campus Watch, si è lavorato per estromettere i vecchi baroni dalle loro cattedre e dai loro incarichi.
5. Dal trendy al retro: un'altra risposta a questo fallimento è offerta da alcuni autori – spesso al di fuori del mondo accademico – che si rifanno alla dottrina precedente al 1980 per comprendere la regione. Ibn Warraq, lo pseudonimo dietro il quale si cela un ex-musulmano, ha pubblicato una serie di libri sulla vita di Maometto, le origini del Corano, le sue varianti e il suo significato, tutti premessi sugli scritti delle vecchie generazioni. Andrew Boston, un ricercatore, ha antologizzato importanti porzioni della dottrina antecedente al 1980 sul jihad e l'antisemitismo. Lo storico Efraim Karsh ha scritto Islamic Imperialism, sostenendo la tesi che le tendenze espansionistiche hanno guidato la religione sin dalle guerre di Maometto. Questi vecchi libri sono ancora pochi rispetto alla mole di quelli revisionisti, ma segnano una rinascita d'idee e temi che un tempo sembravano agonizzanti. La loro comparsa, insieme all'impegno pubblico e all'emergere di nuovi studiosi promettenti, indica che una solida interpretazione del Medioriente e dell'Islam sta prendendo forma.