Il 4 giugno scorso, milioni di seguaci hanno pianto la morte dell'Ayatollah Ruhollah Musavi Khomeini manifestando un eccesso di costernazione che ha sorpreso perfino le autorità iraniane. Molto spesso, l'organizzazione di un funerale viene sconvolta da un mare di folla per niente disposta a dare la precedenza né agli orari né ai politici. La scena presentatasi a Teheran è stata quella di un caos assoluto. Secondo l'usanza sciita, gli uomini si battevano il petto e si auto-flagellavano con delle catene. Qualcuno sacrificava dei montoni e qualcun altro gridava: "Preferiremmo essere morti noi, piuttosto che vedere morto il nostro amato imam". Altri facevano di corsa i 40 km fino al cimitero. La buca scavata per accogliere il corpo di Khomeini era occupata da persone che piangevano e che rifiutavano di allontanarsi. Le autorità facevano appello ai cittadini perché questi stessero lontano dall'abitazione di Khomeini e dal cimitero, ma invano.
Delle autopompe spruzzavano acqua sulle persone che piangevano nel tentativo di evitare che queste svenissero a causa del caldo di giugno e della calca. Secondo fonti ufficiali, 10.879 persone rimasero ferite e ricevettero in loco cure mediche., 438 furono ricoverate in ospedale e otto morirono schiacciate nella ressa formatasi per vedere i resti mortali di Khomeini. Nel cimitero, coloro che accompagnavano il funerale salirono sugli autobus per vedere meglio la salma e alcuni di loro rimasero feriti mentre erano seduti all'interno per il crollo del tetto di uno di questi autoveicoli. Ali Khamenei, il presidente della repubblica, non riuscì nemmeno a raggiungere la tribuna speciale allestita per i dignitari. Ma quest'ultima, che doveva ospitare funzionari statali e dignitari stranieri, quasi crollò sotto la pressione della folla.
L'apice della frenesia è stato però raggiunto sulla tomba stessa. Trasportare la salma con un autoveicolo via terra era fuori discussione, pertanto essa arrivò in elicottero. Al primo atterraggio, la folla si accalcò ghermendo pezzi del lenzuolo funebre e facendo cadere a terra la salma. Dopo quindici minuti frenetici, la bara fu rimessa sull'elicottero, che poi si allontanò. In un tentativo di disperdere la folla, fu annunciato che il funerale sarebbe stato posticipato di un giorno. Lo stratagemma funzionò, perché in molti fecero rientro a casa. Poi, sei ore dopo il primo tentativo, fece seguito un secondo tentativo di atterraggio. Stavolta la salma era circondata da guardie e adagiata in una bara di metallo. Tuttavia, non fu semplice. Nella descrizione dell'agenzia di stampa iraniana: "La tomba era a soli due metri di distanza, ma gli spintoni di migliaia di persone la facevano sembrare lontana chilometri. Ci sono voluti dieci terribili minuti per deporre la bara vicino alla tomba". Una volta che il corpo fu finalmente seppellito, dei blocchi di cemento furono posti sulla tomba.
Un gran numero d'iraniani piangono la morte dell'ayatollah Khomeini con profondo fervore. E allora questo significa che gli iraniani approvano il sistema da lui installato? Niente affatto. I fondamentalisti, il cardine del gruppo di sostenitori di Khomeini, probabilmente costituiscono il dieci per cento della popolazione, il che significa che la grande maggioranza della popolazione iraniana ritiene che le proprie libertà siano state sfortunatamente ristrette, i desideri ignorati e di essere oggetto di ampie persecuzioni. Nella testimonianza silenziosa della loro miseria, circa tre milioni d'iraniani hanno abbandonato il Paese e il numero è in costante aumento.
L'isteria dei primi di giugno aveva a che fare con la morte di un leader unico e insostituibile e non con i comportamenti politici. La storia del XX secolo ha ripetutamente dimostrato che le masse piangono le figure politiche di spicco, indipendentemente dal loro operato. Dopotutto, esternazioni di dolore simili hanno accompagnato le morti di Stalin e Mao Tse-tung. In ogni caso, molti di coloro che hanno sofferto si cullano nell'illusione di addossare la colpa delle atrocità ai perfidi luogotenenti e presumono che il leader ne fosse all'oscuro. Certuni approfittano del sistema esistente. Altri temono che il futuro gli riserverà maggiori tribolazioni. Ci vorranno molti anni perché i cittadini sovietici e cinesi accetteranno i loro dittatori e affronteranno in modo razionale la gran mole dei crimini commessi da questi uomini, e il processo non è stato ancora completato.
La fine di un'epoca
In breve, quale che sia la dimensione e lo zelo della folla assiepata al cimitero, si può essere sicuri che la maggioranza del popolo iraniano sentirà abbastanza presto gli effetti della scomparsa di Khomeini. Anzitutto, ciò comporterà l'indebolimento della visione eccentrica dell'Islam che è arrivata al potere con lui poco più di un decennio fa, nel febbraio 1979. L'esperienza con l'Islam radicale fondamentalista in Iran può essere difficilmente definita di successo, anche secondo Khomeini. Naturalmente, sono stati compiuti degli sforzi coraggiosi per pretendere il contrario e il suo testamento finale parla "di enormi risultati conseguiti in un breve lasso di tempo" – ma i fatti parlano da soli.
Al suo interno, la leadership non ha mai compreso a cosa una società rivoluzionaria islamica dovesse assomigliare: le dispute sulla distribuzione delle terre e sul ruolo del capitale non solo hanno consumato ingenti energie, ma non sono mai state interamente risolte. I dirigenti erano d'accordo su un'unica cosa: la necessità d'imporre delle norme islamiche, e a forza se necessario. Questo l'hanno fatto con entusiasmo, ignorando l'opposizione di molti, inclusi non solo le donne e le minoranze istruite, ma anche parecchi comuni cittadini soddisfatti dei timidi tentativi di modernizzazione dell'Iran.
In politica estera Khomeini ha dato ancor meno prova d'intelligenza. Certo, fu l'iracheno Saddam Hussein a cominciare la guerra del Golfo nel settembre 1980, ma le forze iraniane passarono all'offensiva nel luglio 1982 e fu Khomeini che ha continuato a combattere per altri sei anni. La guerra, che è costata circa 300.000 vite e innumerevoli miliardi di dollari, è finita in un ignominioso fallimento per Khomeini, che ha paragonato la decisione di accettare un cessate il fuoco a "bere del veleno". Peggio ancora, dal suo punto di vista, consacrare tante risorse a questa guerra significava posticipare l'estensione della rivoluzione al Libano e all'Afghanistan.
La scomparsa del vecchio leader 86enne (89 anni, nel calendario lunare musulmano) pone fine alla rivoluzione permanente del decennio scorso; con ogni probabilità, sta per cominciare un'era di moderazione e ricostruzione. Il vacillamento della politica iraniana, iniziato nel 1979 dovrebbe presto giungere al termine, con la popolazione che tornerà a una vita più normale. La buona notizia per gli iraniani è che il Lenin dell'Islam è morto e che la sua visione totalitaria dell'Islam non può essere loro imposta per molto tempo.
Non c'è nulla di sorprendente riguardo a questo sviluppo. Due secoli di rivoluzione hanno mostrato che le ambizioni che agitano il mondo falliscono sempre, i leader visionari muoiono e che la disillusione rimpiazza la fede. La storia d'amore con il comunismo sta per concludersi davanti ai nostri occhi, e probabilmente farà seguito una passione per l'Islam fondamentalista.
In effetti, esistono dei parallelismi sorprendenti tra la situazione dell'Iran odierno e della Cina del 1976, al momento della morte di Mao Tse-tung. Mao e Khomeini erano le figure politiche più anziane, più influenti e più radicali nei loro Paesi. Ognuno aveva una visione su larga scala e una trascendente autorità che non può essere trasmessa. Tutto sommato, entrambi sono stati isolati dai loro sostenitori e delusi nei loro tentativi di trovare un successore con le stesse idee. Non c'è potenziale leader in Iran (con la possibile eccezione di Ali Akbar Mohtashemi, il ministro degli Interni) che abbia una visione neppur lontanamente simile a quella di Khomeini, e certamente non è Ali Khamenei, il presidente iraniano e ora successore di Khomeini.
Pur occupando una posizione elevata, Khamenei è poco conosciuto dagli americani, in gran parte perché egli ha avuto un ruolo minore negli affari esteri. Tuttavia, nelle questioni interne, il presidente iraniano si è comportato da moderato dell'economia, il principale difensore dei commercianti del bazar nei consigli di Stato. L'uomo in cima al potere, non è dunque capace di controbattere fermamente i radicali della politica estera, guidati da Mohtashemi e Ahmed Khomeini, i figli dell'ayatollah defunto. Sembra essere stato scelto perché Khomeini ha detto in tre occasioni che Khamenei sarebbe stato un successore appropriato. Il fatto che Khamenei sia una figura religiosa di terzo grado (un hojjatalislam) denota che il primo criterio per diventare successore sia l'affidabilità politica e non l'autorità religiosa. Per certi osservatori, questo suggerisce che Khamenei potrebbe essere soltanto una figura di transizione.
Questo cambiamento di rotta verso la moderazione sembra quasi inevitabile, ma non occorre che sia agevole o immediato. Come spesso accade, i successori di un leader dominante cercheranno al contempo di rivendicare il suo retaggio e poi prenderne le distanze per perseguire i loro obiettivi. A breve termine, il fatto di non voler essere accusati di tradire la politica di Khomeini potrebbe spingere i politici iraniani ad assumere delle posizioni ancor più estreme. Ciò potrebbe comportare il dover infliggere delle punizioni islamiche ancor più severe in Iran, un destino più pericoloso per gli ostaggi stranieri e delle maggiori tensioni nelle relazioni con i governi stranieri, specie con gli Stati Uniti. Ma questo dovrebbe succedere quando i nuovi leader stabiliranno delle basi indipendenti di potere. Quando ciò accadrà, ne seguirà inevitabilmente un'esistenza più normale.
Il mondo esterno
Ad eccezione di un uomo, la scomparsa di Khomeini è stata ben accolta dai non-iraniani. In tutto il Medio Oriente, c'è stata una tiepida soddisfazione del fatto che l'Ayatollah fosse finalmente uscito di scena. Un quotidiano iracheno ha osservato che "la dipartita di un tiranno rancoroso" faciliterebbe un miglioramento delle relazioni. In modo simile, gli israeliani sperano che la morte di Khomeini significhi la rimozione del principale ostacolo per instaurare delle relazioni più normali.
È una splendida notizia soprattutto per gli americani. Se l'anti-americanismo è diffuso tra i leader afgani, nessuno ne ha sofferto in modo così virulento come il vecchio uomo. Gli americani possono aspettarsi meno invettive violente e meno terrorismo contro di loro. Le relazioni tra Washington e Teheran possono solo migliorare, e quasi certamente sarà così, perché i due Paesi condividono parecchi interessi.
Tuttavia, permettetemi una nota di prudenza: gli iraniani si avvicineranno a noi quando saranno pronti a farlo e potrebbe non essere presto. Fino ad allora, Washington non deve inviare dolci, Bibbie o armamenti a Teheran. Nelle parole di James A. Phillips: "piuttosto che cercare un fragile compromesso con gli iraniani 'moderati', gli Usa dovrebbero concentrarsi sulla necessità di bloccare le ambizioni dei radicali iraniani". In termini politici, questo significa: una continua pressione su Teheran per mettere fine al suo appoggio al terrorismo e per la liberazione degli ostaggi; chiedere agli alleati di ridimensionare le relazioni politiche e commerciali con l'Iran e mantenere un'opzione militare contro Teheran. Se gli iraniani reagiranno bene, allora potranno ricevere un aiuto dagli Usa, così come le rassicurazioni che il governo americano non appoggerà i gruppi di opposizione.
Paradossalmente, una delle poche persone che ha motivo di rammaricarsi per la scomparsa di Khomeini è lo scrittore Salman Ruhdie, autore dei Versi Satanici e vittima della "sentenza" di morte emessa da Khomeini a febbraio. Per lui le cose andranno peggio che mai. Solo Khomeini avrebbe potuto abrogare l'editto, e non l'ha fatto. Ora, con la sua morte, l'editto è stato inciso nella pietra e reso immutabile. Alcuni dei più ferventi seguaci di Khomeini possono vedere l'esecuzione di Rushdie come il modo migliore per rendere omaggio al loro defunto maestro. Anche se il governo iraniano prenderà le distanze dall'editto, quei fedelissimi potrebbero assumersi la responsabilità personale di coronare il suo desiderio.
Detto questo, sembra probabile che Rushdie sopravvivrà e per lungo tempo, con l'uscita di scena di Khomeini, il pericolo diminuirà. Oggi, egli beneficia della protezione di Scotland Yard in un luogo segreto. Se il governo britannico revocherà queste disposizioni, la grossa vendita del bestseller Versi satanici – più il mercato garantito per i suoi futuri libri – implica che Rushdie avrà i fondi necessari per proteggersi da solo. Certo che Rushdie dopo vivrà nella paura e sotto scorta. Anche se è spiacevole, vivere scortati non è impossibile, come possono testimoniare i capimafia, Henry Kissinger e il deposto Scià iraniano.