Dopo che le forze americane lasceranno l'Iraq alla fine del 2011, Teheran cercherà di trasformare il suo vicino in una satrapia (cioè una provincia, uno stato satellite) a grande svantaggio degli interessi occidentali, arabi moderati ed israeliani. L'Iran sta lavorando con grande solerzia per raggiungere questo obiettivo, sia appoggiando le milizie irachene sia inviando le proprie truppe nelle zone di confine. Baghdad reagisce con debolezza a questo progetto, con il suo capo di Stato Maggiore che propone un patto regionale con l'Iran e i politici di spicco che ordinano attacchi contro il Mujahedeen-e-Khalq (Mek), un'organizzazione di dissidenti iraniani con 3.400 membri residenti a Camp Ashraf, a 60 miglia a nordest di Baghdad. La questione del Mek è l'emblema della sottomissione irachena all'Iran. Anche alla luce di alcuni sviluppi recenti.
Ancora un video trasmesso da Fox News in cui le forze militari irachene attaccano Camp Ashraf. |
L'8 aprile, proprio mentre il segretario alla Difesa Usa Robert Gates visitava l'Iraq, le forze armate del paese hanno attaccato Ashraf. Le sequenze trasmesse da Fox News e dalla CNN mostrano gli iracheni negli Humvees, i veicoli blindati per il trasporto truppe forniti dagli Usa, e i bulldozer che travolgono i residenti disarmati, mentre i cecchini sparano contro di loro, uccidendo 34 persone e ferendone 325. L'ordine del piano d'attacco top secret dell'esercito iracheno "l'Iraqi Security Forces Operation Order No. 21, Year 2011", rivela come Baghdad consideri i residenti di Ashraf come «il nemico», evidenziando una collusione tra Baghdad e Teheran.
Questo episodio ha avuto luogo malgrado le recenti promesse di Baghdad di trattare umanamente i dissidenti iraniani e di proteggerli. Il presidente della Commissione per le Relazioni estere del Senato Usa John Kerry ha giustamente descritto l'attacco come un «massacro», mentre l'ex-governatore Howard Dean ha definito il premier iracheno un «assassino di massa». L'Alto Commissario Onu per i diritti umani «ha condannato» l'attacco e la Missione Onu di Assistenza all'Iraq (Unami) ha espresso una «profonda preoccupazione».
Il premier iracheno Nouri al-Maliki e il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. |
Il 24 aprile, malgrado l'insistenza delle Nazioni Unite che «i residenti di Camp Ashraf fossero protetti dalla deportazione forzata, dall'espulsione o dal rimpatrio», Baghdad e Teheran hanno siglato un accordo di estradizione che i media di stato iraniani interpretano come un meccanismo per trasferire forzatamente i membri del Mek in Iran, dove li aspetta un destino terribile.
I maltrattamenti iracheni dei dissidenti iraniani non solo sollevano delle preoccupazioni umanitarie, ma mettono anche in evidenza una maggiore importanza del Mek come meccanismo volto a contrastare l'obiettivo americano di minimizzare l'influenza di Teheran in Iraq.
Detto questo, Washington – che nel 2004 ha concesso lo status quo di "persone protette" ai residenti di Ashraf in cambio della loro resa – ha una parziale responsabilità per gli attacchi contro Ashraf; nel 1997, ha dato un contentino a Teheran e, contrariamente alla realtà e alla legge, ha ingiustamente annoverato (e continua a farlo) il Mek nella lista delle Organizzazioni terroristiche straniere. "Un'etichetta" che Baghdad sfrutta a suo vantaggio. Ad esempio, il deputato Usa Brad Sherman (democratico della California) asserisce che «in occasione di discussioni private, l'ufficio dell'ambasciatore iracheno ha detto che le mani del governo iracheno non sono imbrattate di sangue, ma almeno in parte lo sono quelle del Dipartimento di Stato perché il Mek compare nella lista dei gruppi terroristici, e pertanto, l'Iraq non ritiene di dover rispettare i diritti umani di coloro presenti nel campo». La designazione terroristica offre altresì a Baghdad un pretesto per espellere i residenti di Ashraf e possibilmente estradarli in Iran.
L'Unami è stata istituita nel 2003 ed è diretta dal. |