Se un rapido sguardo rivela opulenza e progresso, un esame più attento mostra che l'Arabia Saudita, il Kuwait, gli Emirati arabi uniti, il Qatar e la Libia sono in grave pericolo – pericolo tanto più insidioso in quanto è celato sotto una'enorme ricchezza.
Definiamo questi paesi desertici, che hanno il petrolio e con pochi abitanti, anzi li chiamiamo "emirati" in mancanza di un termine più esatto.
Fino a qualche generazione fa, gli emirati esistevano in un piccolo mondo circoscritto dal deserto e dall'Islam. Essi erano delle aree sperdute – dei luoghi poveri e semplici che non avevano nulla da offrire ai paesi industrializzati ed erano poco influenzati dal mondo occidentale moderno.
Le ricchezze petrolifere li hanno bruscamente catapultati nell'economia mondiale, legandoli mani e piedi ad essa, sommergendoli con la cultura occidentale e conferendogli un sorprendente potere economico e politico.
Sebbene gli emirati si siano aggrappati alla tradizione, ogni cosa è cambiata. La nuova ricchezza ha compromesso le vecchie istituzioni sociali e ha ingenerato una pericolosa dipendenza dal denaro, dalla manodopera e dalle conoscenze provenienti dall'estero.
Questi effetti negativi non sono senza precedenti. Altre manne cadute dal cielo in passato hanno danneggiato i loro beneficiari.
Nel XVI secolo, l'oro e l'argento provenienti dal Nuovo Mondo hanno reso ricca la Spagna, alterando la sua economia e indebolendola a lungo termine. A metà del XIX secolo, il Perù ha avuto un boom con il guano (usato come fertilizzante). Il Brasile ha avuto il boom della gomma. Ciò ha reso ricche alcune popolazioni, senza però lasciare nessun retaggio utile.
Il problema delle espansioni economiche è che esse, in genere, non apportano una crescita economica sostenuta né dei miglioramenti culturali. Le ricchezze che generano sono spese con disinvoltura, sconvolgendo il comportamento normale, fomentando delle aspettative irrealistiche e suscitando invidia. E tutti i boom economici hanno una fine.
Infatti, tenuto conto della flessione del mercato petrolifero dello scorso anno, i profitti potrebbero già essere stazionari o in calo in Medio Oriente. Le forze di mercato funzionano in modo molto efficace per i consumatori del petrolio mediorientale.
Il risparmio energetico (nelle vetture, nel riscaldamento e nelle fabbriche) e la sostituzione (la nafta da riscaldamento, il gas naturale, il carbone, la fissione nucleare) hanno fortemente intaccato le esportazioni dai paesi membri dell'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Opec).
La produzione, che nel 1977 ha raggiunto il punto più alto con 31,8 milioni di barili al giorno è scesa a circa 15 milioni di barili al giorno.
Se i Paesi dell'Opec dovessero aumentare i prezzi per compensare il volume più esiguo perderebbero ancor più il mercato attraverso la conservazione e la sostituzione, anche se potrebbero guadagnare di più a breve termine. Se i prezzi più bassi dell'Opec dovessero aumentate il volume, i suoi membri possono aspettarsi che i paesi esportatori agiscano sulle quote o sui diritti d'importazione per contenere i consumi.
Oltre la forza inesorabile dell'offerta e della domanda, i membri dell'Opec fronteggiano altri ostacoli per aumentare i profitti: la formazione di contro-cartelli dei consumatori, la guerra nel Golfo Persico e i progressi nell'efficacia delle fonti di energia alternativa.
I profitti derivanti dall'esportazione del petrolio hanno reso numerosi paesi continuamente dipendenti dal boom petrolifero. Ma nessun altro paese dipende così tanto dal petrolio come gli emirati.
Il petrolio li ha salvati dalla miseria e possono farvi ritorno a meno che non sviluppino altre fonti di reddito finché sono in tempo. Sfortunatamente le fonti alternative non sembrano promettenti.
Gli emirati hanno messo da parte meno denaro di quello loro necessario per vivere. L'attivo netto estero di tutti i membri mediorientali dell'Opec è di circa 380,000 dollari, ma quasi la metà di questa somma è nelle mani di privati.
Sceicchi, emiri, sovrani e colonnelli non badano a spese per rafforzare le risorse dei loro paesi, nella speranza di diminuire la dipendenza dalla vendita del petrolio. L'intero budget saudita di 88.000 milioni di dollari per il 1981-1982, è stato così ripartito: 7.000 milioni di dollari servono per l'istruzione; 10.000 milioni di dollari per i trasporti e le telecomunicazioni; 7.000 milioni per lo sviluppo e le risorse economiche; 7.000 milioni per i lavori pubblici e circa 8.000 milioni di dollari per le amministrazioni comunali.
Più di un terzo delle spese statali sono investite nello sviluppo dei settori non-petroliferi del Paese. Ma queste spese sono del tutto inutili. I miliardi di dollari del petrolio hanno creato un paese immaginario in cui tutto è sovvenzionato con il denaro non guadagnato, il che rende la pianificazione a lungo termine assurda.
Le risorse umane sono difficili da sviluppare in queste circostanze. Gli studenti del Golfo Persico preferiscono di gran lunga le materie umanistiche agli studi tecnologici e si aspettano di svolgere delle professioni ben remunerate, indipendentemente dalle loro competenze e dalla loro abnegazione. Negli emirati, gli standard accademici tendono ad essere bassi, perché un'atmosfera di distinzione sociale scoraggia la concorrenza reale e il successo.
Gli ingenti aiuti finanziari da parte del governo proteggono l'industria dai pericoli della concorrenza e contribuiscono alla pessima gestione degli affari e all'inefficienza lavorativa. I grandi progetti industriali simboleggiano le preoccupazioni degli emirati per l'avvenire: fabbriche moderne e costose ora spuntano dalla sabbia in luoghi inverosimili.
Ma le spese di costruzione e d'esercizio negli emirati sono superiori ai costi sostenuti nei paesi sviluppati in un rapporto di circa uno a tre.
Gli emirati sperano che il gas naturale e il petrolio a buon mercato, che sono utilizzati sia per l'energia che come materie prime (materie prime per dei prodotti come la plastica e il nylon), renderanno tuttavia possibile fabbricare dei prodotti a dei prezzi competitivi. Ma le brume dell'abbondanza permettono delle inefficienze che contano più del compensare i vantaggi di costo delle materie prime a buon mercato.
Lungi dal produrre profitti per rimpiazzare i redditi petroliferi in calo, questi costosi capricci industriali faranno bene a chiudere in pareggio. Queste sovvenzioni stravolgono l'economia dell'agricoltura e dell'allevamento degli animali in modo ancor più drastico. Gli impianti idrici e per l'irrigazione sono forniti dallo Stato con scarsa attenzione alla fattibilità commerciale.
Cosa implicano per gli emirati i ricavi stabili o in calo? Come si adatteranno?
Uno sguardo alle tendenze di spesa in passato fornisce un'indicazione per le azioni future. Ci si aspettava che nel momento in cui ci sarebbe stato un rialzo dei prezzi gli emirati non sarebbero stati capaci di spendere più della quota di denaro che ricevevano. In realtà, i paesi petroliferi hanno mostrato un talento inatteso nello spendere il denaro.
In teoria, i paesi petroliferi potrebbero aver speso meno di quanto hanno fatto, ma gli impulsi a utilizzare il denaro per incrementare il benessereè sono stati irresistibili, come mostra quanto accaduto allo sceicco di Abu Dhabi, Shakhbut bin Sultan.
Nella speranza di evitare che i ricavi petroliferi andassero ai suoi sudditi e sconvolgendo il loro modo di vivere, Shakhbut aveva nascosto il denaro ricevuto dalle compagnie petrolifere sotto il proprio letto. Quando i topi ne mangiarono una parte, egli mise il resto del denaro in banca.
Nel 1966, l'avarizia di Shakhbut fu la causa della sua rovina. Ovviamente nessun altro governante ricco di petrolio cercò di imitarlo.
Gli emirati hanno tentato di ridurre le spese statali attraverso i tagli. Le autorità saudite sono arrivate al punto di discutere dell'idea inaudita di far pagare ai clienti i servizi come l'acqua, l'elettricità, la rimozione dei rifiuti e i telefoni. Il ministro delle Finanze del Kuwait ha suggerito la necessità di una minuziosa messa a punto delle priorità nazionali e di procrastinare i progetti pubblici.
Ma questi gesti non disturbano molto le aspettative della gente riguardo alla ricchezza e al benessere, e in questo risiede tragedia del boom petrolifero. Non solo ciò ha danneggiato i paesi industriali e ha causato delle sofferenze ai paesi poveri, ma il suo impatto più devastante che non è stato ancora avvertito è riservato a dei beneficiari apparenti.
Coloro che immaginano che gli emirati possano ridurre le spese pubbliche senza conseguenze pericolose ignorano le difficoltà della distribuzione e il potere degli interessi legittimi. L'abbandono di programmi eleborati nel corso dell'ultimo decennio farebbe precipitare il malcontento generale.
I governanti hanno le loro priorità, l'elite agiata ne ha altre e i cittadini e la manodopoera straniera altre ancora. I loro interessi cozzano e ogni gruppo opporrà resistenza ai tentativi di eliminare i propri programmi preferiti.
I governanti si ritagliano un posto significativo nella politica mondiale prestando denaro, offrendo aiuti, appoggiando dei movimenti politici e costruendo delle forze militari. Ma la gente ci guadagna poco da questo potere ed eserciterà delle pressioni per avere il denaro necessario per pagare vitto e alloggio.
L'industrializzazione ha un valore di prestigio. Gli stabilimenti d'alluminio e petrochimici permettono ai dirigenti di poter dire di appartenere al club dei paesi industrializzati. La convinzione che le fabbriche del deserto possano ricavare un utile, se debitamente gestite, probabilemente persisterà, inducendo gli emirati a investire ancor più denaro in esse.
Quanto ai progetti agricoli, questi conferiscono meno prestigio dell'industria, ma offrono una certa sicurezza contro il boicottaggio degli alimenti, e pertanto non saranno così facilmente abbandonati.
All'interno degli emirati, i governanti utilizzano il loro denaro come un mezzo per mantenere il potere politico. Nel mondo in scompiglio degli emirati, i governi esigono poche tasse, ma distribuiscono il denaro a tutti. Di conseguenza, la presa di potere dei governanti risiede nella loro capacità di sborsare il denaro.
Le spese del governo sostengono il commercio locale. Secondo una stima, il 60 per cento delle imprese private in Arabia Saudita è direttamente finanziato dallo Stato. Inoltre, il governo salva spesso le imprese in fallimento. I progetti edilizi pubblici fanno tirare avanti parecchie imprese.
I cittadini che hanno un'impresa beneficiano di una vasta gamma di vantaggi garantiti dallo Stato: terra a buona mercato, prestiti senza interessi, franchigie doganali, periodo di esenzione fiscale temporanea e l'esenzione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche. In un ambiente post-boom, gli uomini d'affari così viziati rischiano di non sopravvivere alle stesse condizioni con i loro concorrenti non sovvenzionati.
La maggior parte della gente in Arabia Saudita vive con i propri animali e i parenti acquisiti in tetri appartamenti dentro edifici prefabbricati siti in strade senza alberi. Non sono ricchi secondo gli standard occidentali. Ad eccezione del Kuwait e degli Emirati arabi uniti il livello di vita negli emirati resta basso.
Metà della popolazione saudita mangia poca carne e vive in abitazioni malsane. Più di tre quarti è analfabeta, la malattia è dilagante, la mortalità infantile è elevata e le speranze di vita sono basse.
I ricavi petroliferi sono di circa 15.000-20.000 dollari pro capite, ma il reddito personale non rappresenta che una frazione di questo. La maggior parte delle entrate arrivano dal lavoro, dai beni e dagli investimenti provenienti dall'estero. I prezzi superano di gran lunga quelli dell'Occidente, più della diminuzione del reddito reale.
Per mitigare l'alto costo della vita, il governo offre una vasta gamma di sovvenzioni e non solo all'elite, ma anche ai comuni cittadini.
I lavoratori stranieri costituiscono probabilmente la più grande fonte di pericolo per gli emirati. Gli stranieri sono il 60 per cento della popolazione in Kuwait, il 40 per cento in Arabia Saudita e l'85 per cento negli Emirati arabi uniti.
Quando il boom avrà fine e i lavoratori faranno ritorno a casa, le rimesse diminuiranno, la disoccupazione crescerà e ne conseguiranno delle gravi difficoltà finanziarie. In questo modo, anche i vicini poveri conosceranno la maledizione della ricchezza petrolifera.