La decisione presa da Yasser Arafat nel 1990 di appoggiare l'invasione dell'Iraq, fu probabilmente il più grosso errore commesso in venticinque anni di storia dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). E mise a rischio il futuro dell'organizzazione.
Perdita di appoggi. L'entusiasmo palestinese per Saddam Hussein indusse il governo saudita e quello kuwaitiano a porre immediatamente fine al flusso dei finanziamenti erogati all'Olp, che ammontavano rispettivamente a 72 e 74 milioni di dollari l'anno. Gli Emirati arabi uniti, il Qatar e l'Egitto fecero altrettanto. Gli iracheni, con il loro contributo finanziario di circa 48 milioni di dollari l'anno, non ebbero più il denaro per continuare a pagare (sebbene avessero offerto in cambio petrolio, da poter rivendere). Si prosciugarono temporaneamente anche i rubinetti degli aiuti libici – 12 milioni di dollari l'anno in contanti, oltre 50 milioni di dollari di equipaggiamento durante gli anni Settanta.
Ma il Kuwait era considerato l'Eldorado dei palestinesi, e questi ultimi persero quasi tutta la loro ricchezza in quel Paese. Le cifre sono ingenti, anche se non raggiungono le stime fatte dai funzionari dell'Olp oscillanti tra gli 8 e i 13 miliardi di dollari. L'intifada costa ai palestinesi sotto occupazione israeliana, sempre secondo Arafat, 1,4 miliardi di dollari. A peggiorare le cose, i Paesi arabi hanno congelato i beni dell'Olp; Sa'ib 'Urayqat stima che queste ammontano a 221 milioni di dollari. E per finire, il crollo sovietico lasciò l'Olp priva di una considerevole assistenza, meno in termini di aiuti finanziari che in attività di addestramento di terroristi e di altri agenti.
Nel dicembre 1992, Arafat si lamentò del fatto che "nessun Paese produttore di petrolio ha dato ai palestinesi un solo penny" dall'aprile del 1990. Ma non è del tutto vero, le somme sono solamente una frazione del vecchio importo. Secondo una fonte, l'Olp perse tutti i suoi fondi governativi; continuarono ad arrivare solo detrazioni dai salari palestinesi e donazioni da parte di privati cittadini sauditi. Alla fine del 1991, i sauditi annunciarono la ripresa dei finanziamenti per l'Olp, sebbene si trattasse di una somma esigua: 1,2 milioni di dollari. Alcuni mesi dopo, i sauditi accettarono di permettere all'organizzazione palestinese di riscuotere la tassa imposta ai palestinesi residenti in Arabia Saudita, una somma di circa 5,5 milioni di dollari al mese, ma i palestinesi dissero di non aver mai visto quel denaro. Nell'ottobre 1992, i sauditi inviarono all'Olp 3 milioni di dollari. Il Qatar aggiunse l'occasionale somma di 1,6 milioni di dollari.
E intanto i beni dell'Olp sono scomparsi. Se nessuno estraneo all'Olp sa per certo in cosa consistessero, il patrimonio probabilmente ammontava a circa 2 miliardi di dollari prima dell'invasione irachena del Kuwait. Secondo un rapporto giordano, Arafat riferì al Comitato centrale di Fatah che questa somma "si è pressoché esaurita".
Complessivamente il reddito dell'Olp sembra essere circa la metà del suo ammontare prima dell'invasione irachena: U.S. News & World Report stima che il bilancio di previsione dell'Olp, antecedentemente all'invasione irachena era di circa 200 milioni di dollari ed ora è di circa 100 milioni. Un articolo apparso sul Jerusalem Post nel marzo 1991 colse un calo ancor più netto nelle entrate, del 90 per cento. Probabilmente nessuno ha un'idea esatta delle cifre.
Risorse alternative. Arafat ha escogitato diverse strategie per fronteggiare il deficit finanziario, nessuna di grande successo. Nel luglio 1991, egli annunciò il piano di "chiedere agli europei di aumentare l'entità degli aiuti finanziari per supplire la mancanza di aiuti arabi". Ma ottenne poco da questa richiesta. I tentativi di ottenere denaro dai rivoluzionari islamici di Teheran non andarono meglio, poiché gli 80 milioni di dollari erogati dagli iraniani nel 1991 andarono ai musulmani fondamentalisti palestinesi. In preda alla disperazione, l'Olp considerò perfino la possibilità di rivolgersi alle Nazioni Unite per un risarcimento ai sensi dell'art. 50 della Carta dell'Onu (che prevede un risarcimento ai membri lesi da un embargo sanzionato dalle Nazioni Unite).
Ridurre le spese. Incapace di trovare nuovi introiti, l'Olp non ebbe altra scelta, se non quella di ridurre le spese. Queste ultime, che erano già diminuite del 30 per cento dall'inizio dell'Operazione Tempesta del deserto, calarono ulteriormente. L'Olp chiuse i suoi uffici in Occidente e l'ufficio informazioni ad Amman. I suoi combattenti mancavano di munizioni e i giovani dell'intifada dovettero pagare di tasca loro la vernice a spruzzo. Un taglio agli stipendi dei combattenti palestinesi ai primi del 1991 provocò un ammutinamento in Al-Fatah in Libano; Fatah rispose, ma sommariamente, interpretando il malcontento, con la speranza ovviamente che così facendo si sarebbe evitato un collasso nella catena di comando.
Nel 1993, una vasta gamma di beneficiati dell'Olp ha fatto diminuire il deficit. I membri del Comitato centrale hanno accettato (in qualche modo) di tagliare i salari e i compensi extra. Gli uffici dell'Olp hanno drasticamente ridotto le spese; quello di Riad, ad esempio, ha tagliato i salari dei dipendenti del 20 per cento "dall'ambasciatore all'impiegato più subalterno". I fondi per le vedove e gli orfani dei combattenti morti, come pure quelli per le mogli dei prigionieri, si sono prosciugati. Circa 700.000 abitanti della Cisgiordania e di Gaza (oltre un terzo della popolazione totale), stando a quel che si dice, sono soliti ricevere 120 milioni di dollari l'anno dall'Olp; ora questa somma è stata decurtata di due terzi.
Le organizzazioni finanziate dall'Olp hanno smesso di pagare i propri dipendenti. Nel febbraio 1993, i dipendenti di Ash- Sha'b, un quotidiano di Gerusalemme, incrociarono le braccia protestando perché erano da mesi senza stipendio, per scoprire che il loro giornale aveva chiuso i battenti qualche settimana dopo. Due settimanali di Gerusalemme sono scomparsi senza lasciare traccia. Il quotidiano Al-Fajr ha chiuso a luglio. Non meno di 63 uffici stampa e organi d'informazione di minore importanza finanziati da Fatah hanno sospeso le loro attività. Gli scioperi all'ospedale Al-Ittihad di Nablus e in altre istituzioni della Cisgiordania non sono serviti a niente, dal momento che questi non si sono piegati né hanno minimamente modificato la posizione assunta. Bassam Abu Sharif ha minimizzato la cruda la situazione osservando che: "La crisi tocca tutte le condizioni sociali e ogni individuo, inclusi i funzionari e la gente comune".
Implicazioni. Essere a corto di denaro ha delle gravi conseguenze per l'Olp. Al suo interno, questa situazione indebolisce la posizione di Arafat. Nel maggio 1993, i membri del Consiglio centrale dell'Olp gli posero delle domande sulla situazione finanziaria, ed Arafat considerò ciò un'impudenza offensiva. Un paio di mesi dopo, il terzo grado ha sortito un effetto peggiore, poiché Arafat di fatto si è dimesso per poche ore come forma di protesta.
In effetti, la posizione di Arafat sembra aver subito un cambiamento importante. All'inizio dell'intifada, i palestinesi lo acclamarono come "la pietra che noi lanciamo al mondo"; oggi "il vecchio" della politica palestinese si trova ad essere oggetto di commenti imbarazzanti riguardo ai suoi fallimenti politici e alla cattiva gestione finanziaria. In una tipica osservazione, Yusuf al-Masri,un operario di Gerico, ha asserito che "con i miliardi di dollari spesi da coloro che affermano di essere i nostri leader avremmo potuto costruire uno Stato palestinese!" Haydar Abd ash-Shafi', capo della delegazione palestinese ai colloqui di Washington, ha sollecitato la formazione di "una leadership collettiva" per l'Olp. In modo più discreto, un editoriale di un quotidiano ha suggerito l'idea che un pensionamento da parte di Arafat "avrebbe migliorato la sua posizione". Che invece è peggiorata, visto che alcuni ufficiali dell'esercito palestinese hanno accusato Arafat di voler sbarazzarsi dell'Olp per compiacere il governo americano.
La miseria costringe Arafat a eseguire gli ordini di altri. All'interno, egli ha dovuto non opporsi quando una fazione guidata da Hani al-Hasan ha cercato di entrare in contatto con Hamas, la rivale fondamentalista dell'Olp. Esternamente, ha preso le distanze da Saddam Hussein nella speranza di tornare ad ottenere finanziamenti dal Golfo Persico. Non ha potuto condannare lo spettacolo dei cittadini libici a Gerusalemme per timore di compromettere i 6 milioni di dollari che riceve mensilmente da Tripoli. Priva di ogni speranza di ricevere 10 milioni di dollari da Riad, l'Olp continua indirettamente a partecipare ai negoziati con Israele che si tengono a Washington.
Pur non essendo mai insensato non curarsi dell'Olp, un'organizzazione che ha spesso superato le avversità, la miseria intralcia gravemente le sue attività e ostruisce la sua ambizione di continuare ad essere l'organizzazione palestinese dominante. Le retribuzioni agli abitanti della Cisgiordania e di Gaza hanno alimentato la lealtà nei confronti di Arafat per parecchi anni; dal momento che il denaro svanisce, l'Olp ha poco da offrire ai palestinesi e la volubilità di questi ultimi sta diventando palese.