Un bell'articolo di Bertram Wyatt-Brown dal titolo "Lawrence d'Arabia: immagine e realtà", pubblicato nel dicembre 2009 in The Journal of the Historical Society (pp. 515-48), ripercorre la fama di T. E. Lawrence (1888-1935) nel corso del secolo scorso, a partire dalle sue straordinarie imprese durante la Prima guerra mondiale e attraverso la celebre narrazione di quelle gesta narrate nel suo volume I sette pilastri della saggezza (edito nel 1926). Il lavoro svolto da Wyatt-Brown sul ruolo avuto da Lawrence dal 2006, quando questi ebbe un forte impatto sul corpo di spedizione Usa in Iraq, fu per me una novità.
Wyatt-Brown si focalizza su una sintesi di 2800 parole delle lezioni imparate da Lawrence in guerra, pubblicata in The Arab Bulletin del 20 agosto 1917, e che reca il titolo estremamente modesto di "I ventisette articoli". In essa, Lawrence offre le sue "personali conclusioni, raggiunte gradualmente mentre [egli] lavorava in Hegiāz ed ora messe su carta come espedienti per principianti negli eserciti arabi". Egli aggiunge che le regole "sono destinate a essere applicate ai Bedu [beduini]; le popolazioni urbane o i siriani necessitano di un trattamento totalmente differente". I suoi consigli includono intuizioni del tipo: "Conquistate e mantenete la fiducia del vostro capo", "Siate riluttanti a stringere rapporti troppo stretti coi subordinati" e "Aggrappatevi al vostro senso dell'umorismo".
Wyatt-Brown spiega il recente ruolo di questo documento arcaico e tenuto di poco conto:
Una rinnovata attenzione all'interpretazione militare data da Lawrence dell'insurrezione mediorientale potrebbe essere stata utile alla riforma della politica Usa in Iraq, una volta che il generale David Howell Petraeus assunse l'incarico. Secondo la giornalista Linda Robinson, prima di assumere quel comando, il generale aveva studiato di notte gli scritti di Lawrence. Egli prese nota delle difficoltà affrontate da Lawrence nell'organizzare i beduini. Petraeus fece leggere ai suoi alti ufficiali "I ventisette articoli" e I sette pilastri della saggezza. (…)
La principale riforma in base agli ordini di Petraeus è consistita nella condotta che ufficiali e soldati dovevano tenere verso i leader e i civili iracheni e nel fare delle alleanze armate con i sunniti disposti a rompere con Al-Qaeda. (…) Ben presto Petraeus ha riconosciuto che la struttura della forza irachena affondava le sue radici nella politica tribale. (…) Le politiche dovevano adattarsi all'organizzazione mediorientale. (…) Egli ha adottato un'importante pietra angolare dell'interpretazione di Lawrence delle strategie di guerriglia. Nell'Army War College di Fort Leavenworth, nel Kansas, Petraeus, David Kilcullen e altri strateghi hanno pianificato la nuova strategia lavorandovi instancabilmente, con le osservazioni di Lawrence a fornire un utile punto di partenza.
Come fece lo stesso Lawrence, Petraeus si è servito dell'eccessiva distribuzione di denaro come lubrificante per instaurare delle ottime relazioni con i membri delle tribù irachene. Egli ha sposato altresì la massima di Lawrence: "Non provare a fare troppo con le tue mani" anche se si può assolvere il proprio compito meglio delle forze locali. Il generale l'ha riformulata così: "il Paese ospite che fa qualcosa discretamente bene normalmente lo fa meglio di noi".
"I ventisette articoli", scrive Wyatt-Brown, "è diventato una sorta di bibbia per gli odierni esperti militari Usa che affrontano i problemi dell'occupazione e del controllo" dell'Iraq. A dire il vero
Lawrence si è guadagnato l'elogio di essere stato quasi plagiato senza un cenno di riconoscimento nel manuale di strategia contro-insurrezionale dell'esercito americano. Con Petraeus che firma la prefazione, il documento venne redatto a Fort Leavenworth nel 2005. Conrad Crane, uno storico del War College, e il tenente colonnello John A. Nagl erano a capo di un team di esperti. Quando la University of Chicago Press ne pubblicò un'edizione, questa ricevette un'ampia copertura mediatica che ne fece quasi un bestseller. Ma un considerevole numero di brani parafrasavano il lavoro di Lawrence, secondo l'antropologo Roberto Gonzalez.
Lo stesso Petraeus è stato ben disposto a riconoscere a Lawrence i meriti di averlo aiutato a sviluppare le sue idee sulle strategie di contro-insurrezione. Il generale fece notare in un articolo apparso sulla Military Review che la lettura di Lawrence gli aveva suggerito questo consiglio: "È la loro guerra, e voi siete disposti ad aiutarli, non a vincere per loro", un'idea, come ha dichiarato Petraeus, "importante nel XXI secolo come lo era a suo tempo in Medio Oriente durante la Prima guerra mondiale".
Wyatt-Brown considera il cambiamento ispirato da Lawrence di estrema importanza, visto che forse salva "un numero enorme di vite americane e irachene". Ironia della sorte, "le intuizioni di Lawrence, anche se assai meno rilevanti, sono state più importanti nella politica di engagement [Usa] in Medio Oriente di quanto non lo furono ai suoi tempi".
Egli attribuisce le profonde intuizioni di Lawrence sulla cultura tribale a diversi fattori: "anni di formazione nello studio del Vicino Oriente, della sua storia e delle sue tradizioni", l'apprendimento dell'arabo colloquiale, l'aver visitato la regione nel 1909 e il fatto di aver percorso oltre 1.100 miglia perlopiù a piedi. Questi interessi, conclude Wyatt-Brown "sono stati il frutto del suo amore anticonvenzionale per i beduini e per il loro habitat".
Commenti:
1) Percorrere in Medio Oriente "oltre 1.100 miglia perlopiù a piedi" costituisce un'invidiabile esperienza istruttiva in sé.
2) Talvolta i grandi strateghi hanno una formazione inusuale e perfino eccentrica.
3) La cosa più difficile per un occidentale da imparare riguardo al Medio Oriente – ancor più della lingua araba – è il ruolo stabile della cultura tribale. Per un recente studio, si veda Culture and Conflict in the Middle East (edito Prometheus) di Philip Carl Salzman, un libro che raccomando vivamente.
4) La tecnologia militare è talmente cambiata nel corso del secolo scorso che la guerra contemporanea appare completamente diversa dalla Prima guerra mondiale. Ma la dimensione umana non è certo cambiata; di conseguenza, un Clausewitz o un Lawrence mantengono la loro importanza.