Con i democratici che attualmente controllano entrambi i rami dell'esecutivo e del legislativo, quali cambiamenti ci si potrebbe aspettare nella politica americana verso il conflitto arabo-israeliano?
Le nomine del personale finora rientrano nei canoni del centro-sinistra. Come osserva l'analista Steven Rosen, il lato positivo di ciò è che nessun membro della squadra ha «un preciso programma di sinistra di pericolose delusioni. Anzi, molti di loro sono persone ragionevoli e intelligenti, refrattarie, se non immuni, alle assurdità che rendono ciechi la maggioranza degli accademici». Ciò è confortante, specie quando si richiamano alla mente le precedenti frequentazioni di Barack Obama (Ali Abunimah, Rashid Khalidi, Edward Said) e i potenziali dream team alternativi.
Il lato negativo, rileva Rosen, sta nel fatto che gli eventuali membri dello staff «sono moderati e centristi all'eccesso, nessuno di essi è disposto a suonare l'allarme circa gli straordinari pericoli da fronteggiare né a proporre una risposta inconsueta».
Esaminando un quadro più ampio, al di là del personale, si riscontra un'analoga situazione contrastante. Prendiamo la risoluzione a favore di Israele approvata dal Congresso all'inizio del mese che riconosce il diritto di Israele «a difendere se stesso dagli attacchi di Gaza, ribadisce il forte appoggio degli Usa per Israele e sostiene il processo di pace israelo-palestinese». È stata approvata all'unanimità dal Senato ed è passata alla Camera dei Rappresentanti con 390 voti a favore e 5 contrari.
Questo voto induce a due commenti. Innanzitutto, la forte posizione bipartisan filo-israeliana degli americani resiste alle intemperie del conflitto di Gaza. Inoltre, le persone fredde o ostili nei confronti di Israele nella stragrande maggioranza trovano posto nel partito Democratico.
I sondaggi della passata decade comprovano ripetutamente il forte appoggio statunitense a Israele, ma il sostegno dei democratici è stato minore rispetto a quello offerto dai repubblicani. Già nel 2000 ho mostrato che "alcune volte più membri del partito repubblicano si mostrano favorevoli a Israele più di quanto lo siano i democratici, e la loro leadership riflette questa disparità". Negli ultimi anni, un sondaggio dopo l'altro ha confermato questa tendenza, perfino durante le guerre di Hezbollah e Hamas. Per citarne alcuni:
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Marzo 2006, sondaggio Gallup. "Siete più dalla parte degli israeliani o dei palestinesi?" Risposta: il 72 per cento dei repubblicani e il 47 per cento dei democratici simpatizzano maggiormente per gli israeliani. (La differenza è del 25 per cento.)
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Luglio 2006, sondaggio NBC/WSI. "Siete più dalla parte degli israeliani o dei paesi arabi?" Risposta: l'81 per cento dei repubblicani e il 43 per cento dei democratici vedono maggiormente di buon occhio Israele. (La differenza è del 38 per cento.)
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Agosto 2006, sondaggio LAT/Bloomberg. Concordate sul fatto che "gli Stati Uniti debbono continuare ad allinearsi con Israele?" Risposta: il 64 per cento dei repubblicani e il 39 per cento dei democratici sono d'accordo. (La differenza è del 25 per cento.)
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Marzo 2008, sondaggio Gallup. L'84 per cento dei repubblicani e il 64 per cento dei democratici guardano favorevolmente a Israele. (La differenza è del 20 per cento.)
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Dicembre 2008, Rasmussen Reports. Il 75 per cento dei repubblicani e il 55 per cento dei democratici dicono che Israele è un alleato degli Stati Uniti (La differenza è del 20 per cento.)
L'appoggio repubblicano a Israele è costantemente più forte, oscillando dal 20 al 38 per cento in più rispetto ai democratici e ammontando in media al 26 per cento. Non è sempre stato così. Per meglio dire, nel corso di sessant'anni e tre ere, democratici e repubblicani si sono radicalmente scambiati di posto nelle posizioni assunte verso Israele.
Nella prima era, quella che va dal 1948 al 1970, i democratici come Harry Truman e John Kennedy hanno mostrato solidarietà nei confronti dello Stato ebraico, mentre repubblicani come Dwight Eisenhower hanno manifestato indifferenza. Nella seconda era, 1970-91, repubblicani come Richard Nixon e Ronald Reagan sono arrivati ad apprezzare Israele come un forte alleato; come da me detto già nel 1985, ciò implicava che «progressisti e conservatori appoggiavano Israele contro gli arabi nelle stesse proporzioni». Ma con la fine della Guerra Fredda del 1991, ha avuto inizio una terza era in cui i democratici hanno focalizzato l'attenzione sulla causa palestinese e si sono raffreddati nei confronti di Israele, mentre i repubblicani si sono ulteriormente infervorati per lo Stato ebraico.
Matt Brooks, direttore esecutivo della Republican Jewish Coalition osserva a ragione che «i democratici stanno sempre più voltando le spalle a Israele». Questa tendenza anticipa una probabile tensione per i prossimi quattro anni, che si adotti o meno un approccio più "europeo" verso lo Stato ebraico.
Le tensioni sono già esistenti. Da un lato, il team di Obama non è stato critico nei confronti della guerra di Israele contro Hamas, pur dichiarando che non intende trattare con Hamas, che Israele è l'alleato chiave in Medio Oriente e che la politica statunitense terrà conto degli interessi di sicurezza israeliani. Dall'altro lato, esso ha dimostrato una disponibilità a legarsi a Hamas, e in più manifesta delle tendenze a un approccio più "imparziale", a spingere per dei negoziati più complessi e a dividere Gerusalemme.
In poche parole, è in gioco la politica verso lo Stato ebraico.