Oggi, è il giorno in cui la nascita dello Stato palestinese è stata pressoché ufficializzata per la terza volta.
Il 1° ottobre 1948, il Mufti di Gerusalemme, Haj Amin Husseini, mise in piedi il Consiglio nazionale di Palestina a Gaza e dichiarò l'esistenza di un governo palestinese.
In teoria, questo Stato già governava Gaza e presto avrebbe avuto il controllo di tutta la Palestina. Di conseguenza, esso necessitava di tutti i ministri al gran completo per la piena proclamazione di una Palestina libera, democratica e sovrana. Ma l'intera faccenda si rivelò una frode. Gaza era retta dal governo egiziano, i ministri non avevano nulla da sovrintendere e il governo palestinese non era mai stato instaurato. Piuttosto, questa facciata si sgretolò rapidamente.
A distanza di quasi quarant'anni, il 15 novembre 1988, venne nuovamente proclamata la nascita di uno Stato palestinese, ancora una volta nel corso di una riunione del Consiglio nazionale palestinese.
Stavolta, Yasser Arafat lo definì in fieri. In qualche modo, questo stato era ancor più inconsistente del primo, essendo stato proclamato ad Algeri, a circa 3.000 km di distanza dalla Palestina e a quattro confini di distanza, e senza avere il controllo di nemmeno un centimetro del territorio rivendicato. Malgrado la Dichiarazione di Algeri destasse all'epoca grande attenzione (il titolo della notizia in prima pagina sul Washington Post così recitava "L'OLP Proclama lo Stato Palestinese"), una dozzina di anni dopo essa è pressoché dimenticata come la stessa Dichiarazione di Gaza che la precedette.
In altre parole, la dichiarazione odierna della nascita di uno Stato palestinese sarebbe caduta nel dimenticatoio.
Non si conoscono i contenuti della dichiarazione odierna che sigla la nascita di uno Stato palestinese, ma al pari del documento del 1988 essa probabilmente affermerebbe che "il popolo arabo palestinese ha forgiato la sua identità nazionale" in un remoto passato.
Di fatto, l'identità palestinese risale per l'esattezza al 1920. Prima di questa data non esisteva un "popolo arabo palestinese", ed esso prese volto a partire dal dicembre 1920 in una forma simile a quella odierna.
Sino alla fine del XIX secolo, coloro che vivevano nella regione compresa tra il fiume Giordano e il Mediterraneo si identificavano essenzialmente in termini di religione: i musulmani si sentivano maggiormente legati ai loro antichi correligionari di quanto lo fossero ai vicini cristiani e agli ebrei. Vivere in quella area non implicava alcun sentimento di comune scopo politico.
In seguito, arrivò dall'Europa l'ideologia del nazionalismo; il suo ideale di un governo che incarnasse lo spirito del suo popolo era estraneo alla gente mediorientale, ma sortiva una certa attrazione. Ma in che modo va applicato questo ideale? Chi costituisce una nazione e dove vanno posti i confini? Questi interrogativi stimolarono ampi dibattiti.
Qualcuno ha asserito che gli abitanti del Levante costituiscano una nazione; altri hanno affermato che tutti coloro che parlano l'arabo orientale, o che tutti quelli che parlano l'arabo od ancora che tutti i musulmani rappresentino una nazione.
Ma nessuno ha suggerito "i palestinesi" e per una buona ragione. La Palestina, una parola che allora designava Eretz Yisra'el o la Terra Santa, incarnava un concetto puramente giudaico e cristiano, completamente estraneo ai musulmani, e perfino ripugnante ad essi.
Questa avversione fu confermata nell'aprile 1920, quando le forze d'occupazione britanniche coniarono per quel territorio il termine "Palestina". I musulmani reagirono in modo alquanto sospettoso, considerando a ragione questa designazione come una vittoria sionista. In modo meno esatto, essi la temettero ravvisando in ciò una ripresa dell'impeto crociato. Nessuna autorevole voce musulmana approvò la coniazione del termine Palestina del 1920, e tutti protestarono.
Invece, i musulmani residenti ad ovest del Giordano giurarono fedeltà a Damasco, dove regnava il trizio del Re giordano Abdullah II; essi si identificarono come siriani del Sud.
È interessante notare che nessuno sostenne questa affiliazione meglio di un giovane uomo il cui nome era Amin Husseini. Ma nel luglio 1920 i francesi detronizzarono questo re ashemita, uccidendo così la nozione di una Siria meridionale.
Isolati a causa degli eventi di aprile e luglio, i musulmani di Palestina fecero buon viso a cattivo gioco. Alcuni giorni dopo la caduta del Regno ashemita, un personaggio di spicco di Gerusalemme espresse così la propria opinione: "dopo i recenti fatti di Damasco, dobbiamo apportare un radicale cambiamento ai nostri piani, la Siria meridionale non esiste più. Dobbiamo difendere la Palestina".
In seguito a questo consiglio, nel dicembre 1920 la leadership adottò l'obiettivo di costituire uno Stato palestinese indipendente. Nel giro di alcuni anni, questa visione politica vide in Husseini la sua figura principale.
Altre identità – siriana, araba e musulmana – continuarono a competere per i decenni a venire con quella palestinese, ma quest'ultima attualmente ha decisamente messo in minoranza le altre e regna pressoché incontrastata.
Detto questo, il fatto che questa identità sia di origine recente e opportunistica sta a indicare che la supremazia del termine "Palestina" ha delle radici superficiali e che essa giungerà a una fine rapida così come rapido è stato il suo sorgere.