DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - I neocon, un mito in crisi? No, secondo uno dei loro leader, Daniel Pipes, l' islamista i cui libri e teorie sono d' ispirazione all' amministrazione Bush. La vittoria dei democratici alle elezioni di metà mandato, dichiara Pipes, detronizza «temporaneamente» il partito repubblicano, ma non le dottrine che per 12 anni gli hanno assicurato il controllo del Congresso. «Da almeno 30 anni il pensiero neocon influisce sulla cultura del Paese e quindi sulla sua politica, come il pensiero liberal vi influì a cavallo della seconda guerra mondiale». Perché la sinistra riprenda il sopravvento culturale negli Stati Uniti, aggiunge Pipes, «occorre che produca una nuova scuola, e finora non se ne è dimostrata capace».
Ma l' America non ha votato contro il movimento neocon?
«Precisiamo che non è un movimento, ma un gruppo: ci potremmo radunare tutti in una stanza, siamo 50-60 intellettuali. Inoltre, a mio parere, l' America ha votato non contro di noi, ma contro gli eccessi e gli errori degli uomini al potere. Le nostre idee restano rilevanti, sono sicuro che lo dimostrerà il confronto con quelle liberal nei prossimi due anni, prima delle elezioni presidenziali del 2008».
Come e quando nacque questo gruppo?
«Nacque a Manhattan negli Anni ' 60, nella intellighenzia di sinistra, attorno alla rivista Commentary di Norman Podhoretz e di Irving Kristol. La redazione diventò un foro per dibattiti che alla sera continuavano nei vicini ristoranti con politici e giornalisti. Erano intellettuali in prevalenza socialisti ma anticomunisti, che caldeggiavano i diritti civili e appoggiavano il leader nero Martin Luther King, ma si battevano contro l' Urss».
Che cosa li fece spostare a destra?
«Soprattutto la controcultura. Si trattava di pensatori rigorosi, legati ai valori tradizionali, sospettosi dell' egoismo e indisciplina individuali. La controcultura, con i figli dei fiori, il baccanale di Woodstock, le droghe e così via sembrò loro portatrice di caos interno, come l' Urss nel mondo esterno. Podhoretz e Kristol cominciarono a indire dei simposi al Greenwich Village: "Siamo dei liberal dissidenti", diceva Kristol».
Quando e come divennero una forza politica?
«Negli Anni ' 70. Al Senato c' era un democratico conservatore, Henry Jackson, molto interessato alle loro idee. Attrasse giovani che avrebbero poi cambiato partito e ricoperto cariche importanti sotto i presidenti repubblicani: Richard Perle, ad esempio, sottosegretario alla Difesa di Reagan, e Paul Wolfowitz, quello del primo mandato di George W. Bush».
Ma i neocon non risalgono al filosofo politico Leo Strauss?
«Lo si dice perché una corrente attinse anche a lui. Ma i padri del gruppo furono Podhoretz e Kristol con cui simpatizzarono anche conservatori come mio padre, lo storico Richard Pipes. Il nerbo dei neocon oggi sono i loro figli: Bill Kristol del Weekly Standard, John Pohdoretz e altri, tra cui io».
Vi siete mai organizzati come gruppo di pressione?
«Negli Anni ' 80, all' apice della Guerra Fredda. Midge Decter, la moglie di Norman Pohdoretz, fondò il "Comitato per il mondo libero" e tenne conferenze annuali in un grande albergo. L' obiettivo era la diffusione della libertà e della democrazia nel blocco comunista. Ma il Comitato si dissolse al crollo dell' Urss. Da allora non ne sono nati altri che io sappia».
Risale ad allora il principio dell' esportazione della democrazia?
«Fu un principio-pilastro sin dall' inizio. Ma non dovete pensare ai neocon come a un gruppo monolitico: c' è chi pensa che la democrazia si possa esportare rapidamente, unilateralmente e con le armi e chi come me pensa che richieda tempo e una partecipazione internazionale».
Su quale amministrazione avete influito di più?
«Molti dicono su quella Reagan, ma è sbagliato. Reagan crebbe alla scuola del senatore Goldwater, un conservatore storico. Il presidente Bush ma soprattutto il vicepresidente Cheney e il ministro della Difesa Rusmfeld hanno recepito di più le nostre indicazioni».