Il direttore del Middle East Quarterly di Philadelphia si conferma uno degli avversari più duri del fondamentalismo e avverte: rassegnarsi a non poter criticare gli estremisti è il primo passo per farsi dominare dalla legge islamica
Parla lo storico Daniel Pipes: «Subire la censura su Maometto significa lasciarsi imbavagliare. L'Occidente deve difendere la libertà di parola»
Il 2 settembre, Al Qaeda aveva invitato lo storico Daniel Pipes, direttore del Middle East Quarterly e del Middle East Forum, di Philadelphia, a «voltare la propria spada contro i nemici dell'islam» convertendosi alla religione di Maometto. Così, si sarebbero tolti di mezzo un avversario del fondamentalismo, uno studioso scomodo, che però, a dispetto dei desideri di Bin Laden, continua ad avvertirci del pericolo islamico, soprattutto all'interno delle società occidentali.
Un'imminente lettera del presidente iraniano Ahmadinejad al Papa sarebbe, secondo il Sunday Times, all'origine della lezione di Ratisbona. Pensa che la "mossa" di Benedetto XVI sia stata studiata per contrastare un'offensiva culturale sciita o si tratta soltanto di voci all'interno del Vaticano?
«Non sono un esperto di cose vaticane, ma propendo a credere che, se è vero, si tratti di una questione secondaria. Attualmente, l'argomento principale è un altro: la nostra sottomissione alla sharia».
Certo. Nel suo ultimo editoriale lei cita un tentativo di imporre la legge islamica all'Occidente. Si può aggiungere anche la Santa Sede, da ora, tra gli obiettivi? Cioè prevede che, se ci inginocchiamo di fronte alle pretese di scuse dei musulmani, diventeremo dhimmi, cioè sottomessi a loro?
«È come nella vicenda delle caricature di Maometto. Se non fossero state pubblicate, come avremmo potuto capire la loro posizione? E se i musulmani qui in Occidente non potessero dire ogni sorta di cose sul cristianesimo, non si potrebbe capire la loro sensibilità. Anche se le vignette erano molto più "forti" della dichiarazione religiosa che è venuta dal Vaticano, rimane comunque il fatto che i Paesi musulmani perseguono una politica secondo la quale loro possono agire come vogliono e noi non possiamo fare nulla».
Vede un'analogia tra le proteste causate dalle vignette danesi e quelle contro il Papa? In fondo, Al Jazeera ha dato la notizia con due giorni di ritardo. E anche in Danimarca si partì a scoppio ritardato...
«Non credo che sia stato pianificato come in Danimarca, dove le proteste partirono alcuni mesi dopo la pubblicazione, con il tour dell'imam Abu Laban nei Paesi arabi. Ma la qualità della reazione è la stessa a cui abbiamo assistito nel 1989 con il caso di Salman Rushdie, nel 1997 quando la Corte Suprema statunitense rifiutò di censurare una rappresentazione teatrale su Maometto, nel 2002 quando il pastore evangelico Jerry Falwell definì Maometto un terrorista e nel febbraio 2006, con le vignette danesi. In una parola, le condanne e la violenza anno uno scopo: proibire ogni critica all'islam».
Ma il contrario non è tollerato. Lei ha potuto notare qualcosa, nel discorso del Papa a Regensburg, che potesse suonare offensivo nei confronti dei musulmani?
«Certamente l'islam non si esaurisce in quella descrizione molto negativa. Ma c'è libertà di parola, anche se non è la chiave principale della vicenda, che riguarda invece l'abilità dei musulmani di imporre le norme islamiche all'Occidente. Comunque, anche se io non sono d'accordo con il Papa, di principio non importa condividere o no qualcosa che chiunque ha il diritto di dire. ».
Come le è sembrato l'atteggiamento dei governanti e degli opinion leader occidentali? Molti hanno difeso il Papa, ma non si sono certo spinti troppo in là...
«Il cancelliere tedesco Angela Merkel e anche il presidente francese Jacques Chirac lo hanno difeso più di quanto mi sarei atteso».
Chirac, in realtà è sembrato prendere un po' le distanze da Benedetto XVI e ha invitato tutti ad «evitare di incoraggiare le tensioni tra popoli e tra religioni»...
«Ma anche chi è in disaccordo con il Papa non ha detto che ha sbagliato. E comunque la questione rimane sempre: possiamo o non possiamo pronunciarci sulla sharia, l'islam, l'islam radicale, Maometto? E, se la risposta è che non possiamo, allora siamo davvero sulla strada che ci condurrà verso l'imposizione della sharia. Accettandone il primo principio della legge islamica, saremo costretti a subire anche quelli successivi».