La notte tra il 3 e il 4 settembre nei pressi di Ramallah, in Cisgiordania, ha avuto luogo ciò che alcuni osservatori definiscono un pogrom. Quella notte, 15 giovani musulmani del villaggio di Dair Jarir scatenarono la loro furia contro, il vicino villaggio cristiano di Taybeh, abitato da 1.500 persone.
Qual è il motivo di questo attacco? Una donna musulmana del villaggio di Dair Jarir, la ventitreenne Hiyam Ajaj, si era innamorata del suo datore di lavoro cristiano, Medhi Khouriyye, proprietario di una sartoria a Taybeh. La coppia mantenne per due anni una relazione clandestina e nel marzo scorso Hiyam rimase incinta. Quando la famiglia della giovane venne a saperlo, la uccise. Era l'1 settembre. Non essendo però ancora soddisfatti di aver perpetrato semplicemente questo "delitto d'onore" – poiché la legge islamica vieta categoricamente agli uomini non-musulmani di avere rapporti sessuali con donne musulmane – gli uomini della famiglia Ajaj cercarono di vendicarsi contro Khouriyye ed i suoi familiari.
Lo fecero due giorni dopo, attaccando Taybeh. La famiglia Ajaj insieme a degli amici irruppero nelle abitazioni e rubarono mobili, oggetti preziosi ed elettrodomestici. Lanciarono delle bottiglie molotov contro alcuni edifici e versarono del kerosene in altre abitazioni, per poi appiccare il fuoco. Danneggiarono almeno 16 case, alcuni negozi, una casa colonica ed un distributore di benzina. Gli assalitori danneggiarono automobili, si dettero ai saccheggi e distrussero una statua della Vergine Maria.
"Sembrava una guerra", ha raccontato a The Jerusalem Post un abitante di Taybeh. Trascorsero delle ore prima dell'arrivo delle forze di sicurezza dell'Autorità palestinese (AP) e dei vigili del fuoco. I 15 assalitori rimasero solo qualche ora in stato di fermo, per poi essere rilasciati. Quanto a Khouriyye, egli venne arrestato dalla polizia palestinese, messo in cella e ripetutamente picchiato (come racconta la sua famiglia).
Come osserva l'agenzia stampa Adnkronos International, per i palestinesi cristiani "il fatto che gli aggressori musulmani siano stati rilasciati mentre il proprietario della sartoria cristiano è ancora in galera, simboleggia nel migliore dei casi l'indifferenza mostrata dall'Autorità palestinese nei confronti della situazione in cui versano i cristiani palestinesi, e nel peggiore dei casi l'episodio mostra che l'AP prende posizione contro di loro".
Suleiman Khouriyye, un cugino dell'aggredito, additando la sua casa data alle fiamme ha asserito: "Lo hanno fatto perché siamo cristiani. E perché siamo quelli più deboli". La famiglia Khouriyye ed altri ricordano che gli aggressori inneggiavano Allahu Akbar e scandivano altri slogan anti-cristiani: "Al rogo gli infedeli! Al rogo i crociati!" Al che, un impenitente cugino di Hiyam Ajaj ha replicato dicendo: "Abbiamo ridotto in cenere le loro abitazioni perché hanno disonorato la nostra famiglia e non perché sono cristiani".
Questo attacco rientra in uno schema più ampio. Secondo il custode francescano di Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, tra il 2000 e il 2004 sono stati rilevati 93 casi di soprusi solo tra i cristiani che vivono nell'area di Betlemme. L'episodio più grave si è svolto nel 2002, quando i musulmani uccisero le due sorelle Amre, di 17 e 19 anni, considerate delle prostitute. Ma dall'autopsia risultò che le ragazze erano vergini – e che avevano subito delle torture agli organi genitali.
"Quasi ogni giorno, e sottolineo pressoché ogni giorno, le nostre comunità subiscono vessazioni da parte degli estremisti islamici di queste aree", chiosa padre Pizzaballa. "E se non sono membri di Hamas o della Jihad islamica, vi sono scontri con (…) l'Autorità palestinese". Oltre agli islamisti, pare che operi "una mafia musulmana". Con la complicità dell'Autorità palestinese. Essa minaccia i cristiani ed i proprietari delle abitazioni, riuscendo spesso a costringerli ad abbandonare i loro averi.
La campagna delle persecuzioni ha successo. Proprio mentre la popolazione cristiana di Israele è in aumento, quella dell'Autorità palestinese è in forte calo. Betlemme e Nazareth, storiche città cristiane da quasi due millenni, adesso sono a maggioranza musulmana. Nel 1922, a Gerusalemme i cristiani erano più numerosi dei musulmani; oggi, i cristiani ammontano a un mero 2% della popolazione della città.
"La vita cristiana è soggetta a ridursi a delle chiese vuote, a una gerarchia senza congregazione e priva di fedeli nel luogo di nascita del cristianesimo?" È quanto si chiede Daphne Tsimhoni tra le pagine del Middle East Quarterly. È difficile prevedere cosa impedirà allo spettro futuro di diventare realtà.
Un fattore che potrebbe contribuire ad evitare questo funesto esito sarebbe quello che le chiese protestanti alzassero la voce contro i musulmani palestinesi poiché costoro vessano e scacciano i cristiani palestinesi. Sinora, sfortunatamente, le chiese episcopale, luterana evangelica, metodista e presbiteriana, come pure la Chiesa Unita di Cristo, hanno ignorato il problema.
Piuttosto, esse perseguono l'auto-indulgente strada di manifestare la loro indignazione morale contro gli israeliani e arrivano perfino a ritirare i loro investimenti dallo Stato ebraico. Dal momento che esse sono ossessionate da Israele, ma rimangono in silenzio di fronte all'agonia in cui versa il cristianesimo nel suo luogo di nascita, ci si chiede cosa le renderà consapevoli di quanto sta accadendo.