Il Regno dell'Arabia Saudita è amico o nemico dell'America? Essendo stata rivolta la stessa domanda nel corso di programmi televisivi come "Crossfire", trasmesso dalla CNN, e "Nightline" dell'ABC, sono giunto alla conclusione che la risposta è "nessuno dei due". Piuttosto, l'Arabia Saudita è una concorrente.
Sin da quando, nel 1945, un moribondo Franklin D. Roosevelt incontrò un attempato Re Ibn Saud, l'Arabia Saudita è stata un'alleata nella misura in cui i suoi leader aderirono a un accordo cruciale: loro avrebbero fornito agli Stati Uniti petrolio e gas e in cambio Washington avrebbe offerto sicurezza.
Questo accordo è stato a volte rispettato, come quando i sauditi aprirono i rubinetti del petrolio, infastidendo i loro soci esportatori di energia; o come quando 500.000 soldati americani affluirono in Arabia Saudita tra il 1990 e il 1991 dal momento che l'Iraq minacciava il regno.
Ma per altri versi, i rapporti furono ostili come nel 1973-74, quando un embargo al petrolio saudita contribuì a stimolare la peggiore crisi che investì gli Stati Uniti dopo la Grande Depressione. L'ex direttore della CIA James Woolsey ha asserito: "Gran parte del denaro di al Qaeda proviene dall'Arabia Saudita", collegando direttamente i sauditi all'11 settembre.
E a partire da settembre, i sauditi sono venuti ripetutamente meno agli impegni presi con gli americani. Essi non approvano l'attacco sferrato dagli Stati Uniti contro i Talebani, non usano la mano pesante con gli stessi simpatizzanti di bin Laden, non hanno ammesso esplicitamente il ruolo avuto dagli stessi sauditi nell'11 settembre né hanno interrotto l'incessante flusso finanziario diretto ad al Qaeda.
E inoltre, come ha ammonito il mese scorso un importante personaggio, il regno potrebbe unirsi ai nemici dell'America per riuscire a sopravvivere: "Se ciò significa che siamo dalla parte di [Osama] bin Laden, sì lo siamo; che siamo alla sinistra del leader libico Gehddafi, sì lo siamo; oppure che voliamo a Baghdad per abbracciare Saddam [Hussein] come un fratello, lo faremmo di certo".
Questa non può essere congedata come una vana minaccia. Simbolico di queste tensioni, il fatto che il Pentagono ha di recente escluso il regno da una lista di alleati degli americani nella guerra al terrorismo.
Tali divergenze implicano che l'Arabia Saudita non può essere considerata un paese alleato. Piuttosto, andrebbe considerato come un antagonista, alla stregua di Francia, Russia o Cina.
Va riconosciuto che rispetto a questi tre paesi l'Arabia Saudita sembra quasi insignificante; essa presenta una popolazione ufficialmente stimata a 22 milioni di persone, un sistema politico dominato da migliaia di principi ed un'economia che dipende essenzialmente dai proventi petroliferi. La sua cultura è notoriamente arretrata (alle donne è vietato mettersi alla guida di autoveicoli), bigotta (totale censura) e barbara (esecuzioni capitali mostrate in pubblico).
Malgrado le condizioni di svantaggio, i governanti del regno si considerano i leader di miliardi di musulmani di tutto il mondo e ritengono di trovarsi a capo di un movimento che alla fine sconfiggerà e rimpiazzerà la civiltà occidentale, che reputano essere corrotta e segnata.
Questa smisurata ambizione deriva in parte dal fatto che i sauditi sono "i difensori di due luoghi santi" quali la Mecca e la città di Medina, come pure è causata dal Wahhabismo, la visione estremista dell'Islam che predomina in Arabia Saudita.
E peggio ancora, come ha di recente osservato The New York Times, nel regno sta prendendo forza una versione ancor più radicale del Wahhabismo che consiste in una "visione del mondo estremista e anti-occidentale che ha gradualmente pervaso il sistema scolastico saudita con massicce dosi di insegnamenti religiosi obbligatori [per poi] diffonderli al di fuori delle aule scolastiche attraverso i sermoni delle moschee, i programmi televisivi e Internet, arrivando a dominare le discussioni pubbliche in tema di religione".
Nel regno attecchiscono le idee anti-occidentali; in particolare, i sauditi si mostrano ampiamente favorevoli a bin Laden. Un operatore sanitario americano che lavora in Arabia Saudita ha riferito che "i medici sauditi e le infermiere festeggiano l'11 settembre". Un sondaggio confidenziale ha rilevato che quasi il 95% dei giovani sauditi che hanno ricevuto un'istruzione approva la sua dichiarazione di guerra contro gli Stati Uniti.
Un secolo or sono, la maggior parte dei musulmani considerava il Wahhabismo poco più che una bizzarria araba. Oggi, grazie agli ingenti proventi petroliferi ben spesi, esiste un'ampia struttura istituzionale wahhabita che ha il compito di diffondere queste idee, ed essa è diventata una forza influente ovunque vivano i musulmani: dall'Afghanistan (dove i Talebani hanno dato forma concreta a questa ideologia) alla maggior parte delle moschee presenti negli Stati Uniti. Ci sono tempi e luoghi in cui la cooperazione con il governo saudita ha senso.
Vi sono tempi e luoghi in cui il confronto è necessario. Il nocciolo della questione è il seguente: per quanto gli Stati Uniti siano oggi la forza predominante, vi è un certo numero di potenziali successori e l'Arabia Saudita non è meno ambiziosa degli altri. Bisognerebbe vigilare con estrema cautela.