Nulla sfugge alla febbrile immaginazione dei complottisti, agli eterni e onnipresenti teorici della cospirazione. Per loro i Templari e gli Illuminati (una setta nata nel XVIII secolo) continuano a ordire trame indisturbati, così come gli ebrei che a volte insieme ai Massoni, si danno da fare per dominare il mondo.
Oggi cercano di attribuire la colpa del maggior numero possibile di eventi negativi agli Stati Uniti e a Israele, indicati in molte moschee come i responsabili perfino del grande tsunami del 2004: in Medio Oriente circola l'idea di un piano sionista per diffondere epidemie nei paesi arabi, oppure per espiantare organi ai bambini palestinesi e trapiantarli in quelli israeliani, ma di un tale traffico sono altrettanto accusati anche americani che lo perpetrerebbero nei confronti dei cittadini iracheni. In Europa il libro di Tierry Meyssan secondo cui nessun aereo avrebbe colpito il Pentagono l'11 settembre è stato un assoluto best seller, e anche qui ha avuto un suo ascolto l'idea che nessun ebreo fosse nelle Twin Towers al momento dell'attentato che sarebbe stato organizzato dal Mossad: per la cronaca, secondo l'Economist del 19 dicembre 2002, gli ebrei uccisi alle Torri Gemelle l'11 settembre furono 300, i musulmani 100.
Non è un fenomeno che interessa solo un settore del mondo, al contrario, è trasversale: molti indiani ad esempio vedono la mano dell'intelligence pachistana dietro ogni evento negativo, gli incidenti dei treni, le partite di cricket, e vengono peraltro ripagati con la stessa moneta da Islamabad. Il web poi è il regno dei cospirazionisti: ancora si baloccano massicciamente con la morte di John Kennedy o con quella della principessa Diana considerando naturalmente false e fuorvianti tutte le ipotesi ufficiali e attribuendo invece ogni colpa alla Cia piuttosto che ai servizi britannici.
Ma come e quando nacque quest'attitudine a spiegare con teorie di cospirazioni inesistenti l'andamento del mondo? Perché le troviamo a destra, a sinistra, perché si fondono assieme, si ridividono, si ricompongono e rimbalzano attraverso lo spettro politico e il globo terrestre? A indagare l'insorgere e lo svilupparsi delle ossessioni del "grande complotto", dai primordi ai tempi delle Crociate, al dilagare durante la Rivoluzione francese, via via fino al XX secolo quando riuscirono con Hitler e con Stalin a dominare e a stravolgere il mondo, al giorno d'oggi mentre la diffusa e violenta paranoia anti occidentale minaccia di ferirci, ci pensa Il lato oscuro della storia - L'ossessione del grande complotto, il libro di Daniel Pipes, direttore e fondatore del MiddleEastem Forum - think-tank spesso consultato dalla Casa Bianca, riconosciuto studioso del Medio Oriente e dell'Islam, autorevole commentatore su quotidiani e tv.
Professor Pipes, cos'è il cospirazionismo?
«Il travolgente timore, l'ossessione di cospirazioni inesistenti».
Lei dice che la paura dei complotti è antica, ma che il cospirazionismo assume una forma politica con la Rivoluzione francese.
«Sì, anche se già nel dodicesimo, tredicesimo secolo inizia la paura di una cospirazione ebraica e di un complotto delle società segrete, dei Templari in particolare. Ebrei e società segrete saranno le costanti di tutto il cospirazionismo, che esplode comunque con la Rivoluzione francese e la successiva attribuzione delle responsabilità di quell'enorme rivolgimento epocale altrimenti inspiegabile a un ipotetico complotto di Philosophes, Massoni e Illuminati per eliminare la monarchia, la Chiesa e la proprietà privata».
In quel momento gli ebrei non vennero accusati di aver agito da cospiratori.
«No. Ma è facile spiegare il perché. Durante il periodo rivoluzionario e napoleonico gli ebrei erano ancora largamente esclusi dalla società e dalla politica. Nessuno li considerava una forza cospiratoria».
Poi le cose cambiarono.
«Sì. Con l'emancipazione (iniziata con l'editto austriaco di Tolleranza del 1781-82 e poi con la Rivoluzione in Francia) alcuni iniziarono a considerare gli ebrei come una comunità gerarchica e organizzata che cercava di ottenere il potere sulla cristianità: Augustin De Barruel, un ex-gesuita e abate francese, che aveva scritto molto sul ruolo di guida che le società segrete avevano avuto nella Rivoluzione, sostenne l'idea di un piano ebraico legato a queste, un'organizzazione ubiqua con branche nei più piccoli villaggi dell'Europa occidentale. Nel giro di pochi anni molti autori accolsero l'idea degli ebrei come complottatori ultimi dellaRivoluzione e come padroni di un impero invisibile».
L'apoteosi però arrivò con il XX secolo.
«Hitler e Stalin portarono i rispettivi temi riguardo la mentalità cospiratoria alla logica conclusione: il primo causò lo sterminio di milioni di ebrei, il secondo di altrettanti ucraini, kulaki e "sabotatori" al servizio degli imperialisti. Il conflitto mondiale segnò un momento unico e atroce, quello i cui la teoria del complotto mondiale si avvicinò a raggiungere il dominio del mondo».
E dopo il ‘45 che fine fece la paranoia del complotto?
«In Occidente perse terreno e negli anni ottanta entrambe le tradizioni si attenuarono con l'implosione dell'Unione Sovietica. Oggi hanno maggiore importanza al di fuori dei paesi occidentali, soprattutto in Medio Oriente. Ma, attenzione, continuano a esistere. Certo le teorie si sono modificate: hanno mantenuto inalterati i propri principi fondanti e apportato i cambiamenti necessari per continuare a esercitare fascino. I timori antiebraici, iniziati con la religione, si sono spostati prima sulla razza e poi sullo Stato ebraico. Mentre i nemici delle società segrete nacquero con i Templari, si concentrarono poi sui Massoni e infine sui governi anglo-americani, le loro intelligence, i loro centri di potere finanziario».
Quando ha scritto il libro, nel 1997, lei era ottimista, prevedeva che il complottismo sarebbe divenuto sempre più marginale. Eppure le teorie nate dopo l'11 settembre dicono altro.
«Sì, c'è stato un notevole picco di teorie complottistiche nell'ultimo decennio, come avviene prevedibilmente quando le tensioni salgono. Gli anni Novanta sono stati un periodo così tranquillo e facile, non poteva durare. La rinascita del cospirazionismo è il sintomo dei nuovi problemi in atto».
È vivo solo nel Medio Oriente (argomento tra l'altro su cui lei a scritto un libro specifico nel 1996: The HiddenHand).
«No, è molto più esteso, ma è importante notare quante teorie cospirazioniste nascono lì per poi espandersi al resto del mondo. Vengono sproporzionatamente da quell'area soprattutto le teorie sulla perfidia dell'imperialismo americano e degli ebrei e hanno un ruolo pesante nell'agire politico».
E in Occidente? Che peso hanno idee come quelle di Thierry Meyssan?
«L'Occidente non ha mai abbandonato il complottismo ma l'ha fatto diventare qualcos'altro:una strana caccia alle idee più bizzarre. Ce lo testimonia proprio l'esempio di Thierry Meyssan e il seguito che ha avuto».
E gli americani soffrono della stessa malattia?
«Sì, come gli altri occidentali, forse di più. Il fatto che gli Stati Uniti siano spesso considerati come un'agenzia di cospirazioni in alcuni casi li rende ancor più propensi a rivoltarsi contro il loro stesso paese».
Come ci si può opporre a questa paranoia da complotto che spesso stravolge i termini della realtà e della politica?
«Bisogna prenderla seriamente. È' troppo superficiale per una persona intelligente e sensibile dire che queste teorie sono irrilevanti. Non lo sono. A volte hanno cambiato in modo tragico la storia. Devono essere affrontate, in modo diretto e forte».