Con il declino del Marxismo-Leninismo, l'Islam fondamentalista adesso si pone come l'ideologia anti-americana per eccellenza su scala mondiale. A dire il vero, i fondamentalisti mancano di alcune forze di cui dispongono i comunisti: in particolare, non sono ancora in possesso di missili balistici e la loro ideologia non desta l'interesse generale. Ma dal momento che disprezzano duramente e in modo quasi ossessivo l'Occidente, adesso probabilmente rappresentano il nostro nemico numero uno.
Non tutti gli osservatori concordano con questa analisi. Essi sostengono insieme a Jonathan Powers che i fondamentalisti non costituiscono per noi una reale minaccia, poiché la maggior parte di loro "sono mossi da una ricerca concreta di valori" come la probità e la responsabilità individuale. Il problema è che questa interpretazione ignora lo spirito politicamente ambizioso del fondamentalismo. I suoi seguaci sostengono di conoscere la verità di Dio e di non avere bisogno di elezioni. Essi impongono apertamente le loro idee agli altri e reprimono le voci dissidenti. Per migliorare la loro società, la mettono a soqquadro; per propagare il loro marchio di virtù, inviano gli eserciti ai confini. Suona familiare? Dovrebbe, poiché si tratta solo di un'altra delle ideologie totalitarie del XX secolo.
Detto questo, occorre sottolineare due punti che mettono in guardia: il problema da affrontare non è l'Islam in quanto religione, ma è l'Islam fondamentalista, che è un'ideologia. Possiamo combattere l'ideologia se al contempo rispettiamo il credo religioso; questo, dopotutto, è ciò che fanno parecchi musulmani contrari al fondamentalismo. In secondo luogo, i fondamentalisti non costituiscono un movimento semplice. Se condividono certe convinzioni (come "l'Islam è la soluzione") e talune opinioni (come i comportamenti anti-occidentali), essi sono estremamente diversi tra loro per temperamento e a livello di specifiche linee politiche.
Negli ultimi mesi la questione fondamentalista è giunta a una fase cruciale in Algeria, una ex colonia francese dell'Africa settentrionale di circa trenta milioni di abitanti. Lì i fondamentalisti hanno sferrato una guerra civile vera e propria contro il governo, un regime terzo-mondista in ripresa. La posta in Algeria è alta poiché ciò che accade lì potrebbe avere un maggiore impatto su due regioni di grande importanza per noi. Se i fondamentalisti dovessero arrivare al potere si metterebbe in moto un vasto esodo di algerini e di altri rifugiati nordafricani in direzione dell'Europa Occidentale. In secondo luogo, una vittoria dei fondamentalisti in Algeria probabilmente darebbe a questi ultimi un grosso aiuto psicologico e materiale oppure darebbe loro proprio ciò di cui necessitano per arrivare al potere negli altri Stati mediorientali, in particolar modo in Egitto. Ciò potrebbe sortire conseguenze terribili per gli interessi americani nella regione come ad esempio interrompere il processo di pace arabo-israeliano e mettere in pericolo il libero flusso di petrolio proveniente dal Golfo Persico.
Per tali motivi, è di estrema importanza che i fondamentalisti non prendano il potere in Algeria. Sfortunatamente, l'amministrazione Clinton segue una politica che tiene buoni i fondamentalisti in Algeria. Washington farebbe molto meglio ad adottare una politica inflessibile simile a quella adottata dal governo francese. Il che comporta:
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Comprendere che i fondamentalisti vogliono farci del male. La maggior parte dei fondamentalisti odiano la cultura occidentale. Essi ricusano i risultati da noi raggiunti ("la civiltà occidentale non è un civiltà ma è un malanno") e ci minacciano ("la lotta tra l'emergente civiltà islamica e la decadente civiltà occidentale sarà al centro del palcoscenico della storia per la maggior parte del XXI secolo"). Il Ministro degli esteri francese coglie nel segno quando descrive il principale partito fondamentalista algerino come "terrorista, anti-europeo e anti-occidentale". Questa gente non ci vuole bene.
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Porre fine al tentativo di individuare i fondamentalisti moderati. Il governo americano cerca di fare una distinzione tra fondamentalisti "moderati" ed "estremisti", distinzione inutile. Infatti, come osserva il filo-occidentale Presidente della Tunisia, "l'obiettivo finale" di tutti i fondamentalisti è lo stesso: "la costruzione di uno Stato totalitario e teocratico". Nessuno di loro è democratico; se dovessero vincere le elezioni e arrivassero a governare non se ne starebbero tranquilli.
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Fare pressioni sull'Iran e sul Sudan affinché essi restringano gli aiuti offerti ai ribelli algerini. Questi Stati fondamentalisti offrono ai loro fratelli di ideologia dell'Algeria un importante aiuto a livello politico, di appoggi diplomatici, di finanziamenti e di fornitura di armi. Noi e i nostri alleati disponiamo di innumerevoli strumenti per interrompere questi appoggi.
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Supportare i musulmani contrari al fondamentalismo. Nel caso dell'Algeria, dovremmo accordarci al governo francese nel mettere in chiaro che noi non vogliamo che i fondamentalisti prendano il potere. Come asserisce il premier francese Edouard Balladur, riferendosi all'Algeria: "dovete scegliere tra la capacità delle autorità di tenere sotto controllo la situazione o l'arrivo al potere dei fondamentalisti musulmani". Parigi ammette che "le autorità al potere algerine non sono un modello di governo democratico", ma offre loro il suo appoggio poiché sono di gran lunga preferibili a un regime fondamentalista, e per due ottimi motivi: il governo in carica non costituisce una minaccia né per i nostri interessi né per i diritti umani degli algerini come invece la costituirebbe il suo successore fondamentalista.
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Chiudere l'infrastruttura dei fondamentalisti in seno agli Stati Uniti Con grande delusione dei musulmani che non sono fondamentalisti, gli Stati Uniti sono diventati (a detta del Presidente della Tunisia) "il quartier generale di retroguardia dei terroristi fondamentalisti". Senza quasi ombra di dubbio, lì essi raccolgono e riciclano denaro, forniscono collegamenti e fanno propaganda.