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Kessler, giornalista ed esperto di un think tank, affronta nel suo primo libro un argomento che avrebbe dovuto essere approfondito, ma che, come osserva l'autore, non lo è stato. La sua intensa immersione nelle fonti e la sua scrittura scorrevole danno vita alla "Grande Rivolta araba" del 1936-1939 e ne mostrano la persistente importanza. Fu allora, sostiene Kessler, e non nel 1948, che gli ebrei di Palestina consolidarono le basi demografiche, geografiche e politiche del loro Stato nascente. E fu allora che termini significativi come "partizione" e "Stato ebraico" apparvero per la prima volta nell'agenda diplomatica internazionale.
Kessler analizza come le crescenti controversie, tensioni e violenze tra palestinesi e sionisti si intensificarono fino a raggiungere il culmine con la Conferenza di Londra svoltasi all'inizio del 1939. A quel punto, la consapevolezza di un imminente conflitto con la Germania costrinse, di fatto, il filo-sionista Malcolm MacDonald, segretario di Stato britannico alle Colonie, a non mantenere le promesse della Dichiarazione Balfour di una "patria nazionale per il popolo ebraico". Con grande correttezza, Kessler respinge come poco convincente l'affermazione di David Ben-Gurion secondo cui, se non fosse stato per questo ripensamento, "i sei milioni di ebrei in Europa non sarebbero stati sterminati. La maggior parte di loro sarebbe stata viva in Palestina". Ma appoggia l'affermazione di Golda Meir che "centinaia di migliaia di ebrei, forse molti di più" avrebbero potuto essere salvati.
Allo stesso tempo, Kessler comprende il dilemma di MacDonald. La Gran Bretagna non poteva permettersi l'ostilità generale di arabi e musulmani che l'immigrazione ebraica in Palestina avrebbe suscitato: "Se la Gran Bretagna avesse perso e Hitler avesse vinto, non ci sarebbe stata alcuna patria nazionale. Gli ebrei sarebbero stati uccisi o espulsi dalla Palestina, proprio come era avvenuto duemila anni prima". È difficile contraddire questa analisi.
Ritornando al conflitto israelo-palestinese, Kessler mostra in modo convincente che la rivolta del 1936-1939 rafforzò i sionisti e indebolì i palestinesi, al punto che questi ultimi "avevano di fatto già perso la guerra [del 1948-1949], e con essa gran parte del Paese, con un decennio di anticipo".
Kessler padroneggia i fatti del 1936-1939, ma la sua analisi degli anni successivi sbaglia alcune cose, ad esempio quando trascura il benservito dato dai palestinesi all'Arab Development Society di Musa Alami e quando ribadisce ingenuamente la calunnia secondo cui i sionisti "hanno deliberatamente giustiziato (...) un numero significativo di non combattenti, compresi donne e bambini", a Deir Yassin. A parte questi errori, è un gran bel libro.