Daniel Pipes, presidente del Middle East Forum (MEF), il 13 settembre è intervenuto a un webinar del MEF (video), moderato da Ashley Perry, consigliere della sede del Middle East Forum, in Israele. Quanto segue è una sintesi dei suoi commenti.
Israele e l'Autorità Palestinese (AP) firmarono gli Accordi di Oslo il 13 settembre 1993, ovvero esattamente trent'anni fa. Ospitata dal governo degli Stati Uniti, la cerimonia della firma pose in apparenza fine alle ostilità tra palestinesi e israeliani, con il leader dell'OLP Yasser Arafat che affermò che gli accordi avrebbero "offerto un'opportunità reale alla pace".
Tuttavia, invece di porre fine alle ostilità, i palestinesi hanno intensificato la campagna di violenza e delegittimazione contro Israele, trasformando un "processo di pace in un processo di guerra". Di conseguenza, essi hanno la "piena responsabilità morale" del fallimento degli accordi, che Pipes chiama la "Nakba israeliana" o "catastrofe" – il termine che i palestinesi usano per riferirsi alla creazione dello Stato ebraico del 1948.
Impazienti di porre fine al conflitto, i leader israeliani hanno commesso tre gravi errori di calcolo nel perseguimento della pace con il nemico: "In primo luogo, un cambiamento nel pensiero strategico; in secondo luogo, un'errata valutazione dei palestinesi; e in terzo luogo, tattiche negoziali molto scadenti". Più nello specifico, gli israeliani hanno commesso dodici errori "sconcertanti":
- Hanno minimizzato l'importanza dell'esercito, deteriorando così il loro potere militare.
- Hanno mostrato una "forte riluttanza a subire perdite".
- Hanno presupposto che Arafat, il quale era un leader non eletto, rappresentasse la popolazione palestinese, anche se non era così.
- Hanno ignorato il velenoso radicalismo, "al limite dell'irrazionale", apertamente espresso dai palestinesi.
- Hanno considerato i rappresentanti palestinesi come "partner di pace" che accettavano l'esistenza di Israele.
- Hanno ripetutamente mostrato disponibilità a fare "concessioni dolorose", un eufemismo che sta per "resa unilaterale". Non meno di cinque primi ministri israeliani (Shimon Peres, Ehud Barak, Ariel Sharon, Ehud Olmert e Benjamin Netanyahu) hanno usato questa espressione.
- Hanno pronunciato discorsi disfattisti deplorando la stanchezza del Paese a causa dei combattimenti.
- Hanno adottato un "pensiero magico" che "è diventato di per sé una parodia" descrivendo i palestinesi in termini fantasiosi.
- Hanno concesso ad Arafat territori e legittimità in cambio della sua firma sui documenti, senza mettere alla prova né lui né le sue motivazioni.
- Non hanno applicato numerosi accordi tra il 1993 e il 1998.
- Hanno frainteso la natura della pace: la frase spesso ripetuta di Yitzhak Rabin, "Non si fa la pace con gli amici, la si fa con nemici sgradevoli", ha mancato l'obiettivo, perché la pace può essere raggiunta soltanto con i vecchi nemici che sono stati sconfitti.
- Hanno consentito una "falsa parità" fra Rabin, il leader eletto di un governo sovrano, e Arafat, il leader dittatoriale di "un'organizzazione omicida", creando "un'illusione disfunzionale" che persiste ancora.
Ciononostante, c'è una buona notizia per Israele: è improbabile che la sua popolazione e i suoi leader ripeteranno la maggior parte di questi errori. In realtà, ne rimangono soltanto tre: i numeri 2, 3 e 12.