Gli eserciti dell'Impero ottomano distrussero il regno mamelucco in pochi mesi, nel 922-923/1517. Sotto la guida di Selim il Terribile (918-926/1512-1520), essi eliminarono quasi ogni resistenza mamelucca, occuparono l'Egitto e stabilirono il loro governo al Cairo. Secondo un osservatore dell'epoca, questa vittoria ottomana avrebbe distrutto l'ordine mamelucco e l'Egitto sarebbe stato d'ora in poi governato da uomini e istituzioni provenienti da Istanbul.
La singolarità dell'ordine mamelucco faceva sembrare questo più probabile. Le sue origini risalgono alle truppe di schiavi reclutati dagli Ayyubidi nel VI-XII secolo, chiamati Mamelucchi, i quali provenivano dall'Asia centrale e dall'area del Mar Nero. Nel 748/1250, essi si ribellarono ai loro padroni ayyubidi e assunsero le redini del governo. Continuarono la pratica di importare schiavi per ingrossare le file dell'esercito; i più qualificati tra loro andarono a ricoprire incarichi amministrativi sia a corte che nelle province. I Mamelucchi stabilirono un sistema politico basato sull'istruzione, su una complessa rete di fedeltà e su uffici e costumi peculiari. Usavano il turco come lingua franca tra di loro e lavoravano strenuamente per tenere fuori dalla struttura di potere i nativi egiziani; figli e nipoti di schiavi cercavano di rimanervi, ma di solito venivano espulsi. Pertanto, l'ordine mamelucco consisteva in un'oligarchia di schiavi che si auto-perpetuava e che governò l'Egitto e le sue province dal 748/1250 al 922/1517 con una forza impressionante.
Si potrebbe pensare che gli Ottomani avrebbero fatto del loro meglio durante la conquista dell'Egitto per distruggere questo sistema al fine di controllare più da vicino il Paese. Sorprendentemente, sembra che non abbiano compiuto alcuno sforzo per farlo; il sistema mamelucco sopravvisse alla schiacciante sconfitta del 922/1517 e continuò con forza pressoché immutata per ancora tre secoli. In effetti, i Mamelucchi accrebbero il loro potere nel tempo; è ragionevole supporre che si sarebbero staccati dal controllo ottomano se Napoleone non avesse invaso l'Egitto nel 1213/1798.
In che modo i Mamelucchi, una minoranza dominante straniera, sopravvissero alla loro indipendenza politica? Una spiegazione risiede negli sviluppi immediatamente successivi alla conquista ottomana, quando i Mamelucchi riconquistarono rapidamente il loro precedente potere. Mantennero una diversa influenza sulle istituzioni politiche dell'Egitto: la carica di governatore divenne analoga a quella del sultano mamelucco: l'amministrazione passò interamente sotto il loro controllo e fornirono personale a gran parte delle forze armate; e, come in passato, i nativi egiziani continuarono ad essere esclusi dal potere.
Le informazioni sull'Egitto subito dopo la conquista ottomana provengono praticamente da un'unica fonte, il libro intitolato Bada'i' az-Zuhur fi Waqa'i' ad-Duhur [1] e scritto da Ibn Iyas (852-930/1448-1524). Fortunatamente, il testo offre materiale abbondante: Ibn Iyas entrò in contatto con i più alti circoli politici e registrò gli eventi con notevole precisione e obiettività; la sua cronaca sconfina altresì abbastanza spesso dalle azioni dei governanti e degli eserciti al punto che anche lo storico moderno vi trova indicazioni per valutare le condizioni sociali ed economiche. Oltre al lavoro d Ibn Iyas, sopravvivono numerose fonti turche che descrivono la conquista dell'Egitto, ma ignorano la storia interna dell'Egitto dopo la conquista. La cronaca intitolata Mufakahat al-Khillan fi Hawadith az-Zaman [2] e scritta di Ibn Tulun (880-953/1473-1546) tratta della Siria e dell'Egitto fino al 926/1520, ma non fornisce quasi nulla di originale sull'Egitto dopo la conquista.
Il governatore. Prima di lasciare l'Egitto, Selim nominò un mamelucco rinnegato, Kha'ir Bey, come primo governatore ottomano del Paese (Ibn Iyas, 203). Kha'ir Bey continuò a governare l'Egitto il più possibile come i sultani mamelucchi di un tempo. Esercitò molte delle loro simboliche prerogative, ad esempio, trasferendosi nella cittadella del Cairo, ex residenza dei sultani mamelucchi, entro due giorni dalla partenza di Selim dalla città e riprese immediatamente la pratica mamelucca di fornire indumenti a funzionari e inviati favoriti (209). Diede vestiti nuovi ai quattro capi qadi il primo giorno di Ramadan (211) e riprese la pratica, abbandonata durante la permanenza di Selim al Cairo, di ricevere il capo qadi il primo di ogni mese (216 etc.). Kha'ir Bey sfilò in numerosi cortei (ad esempio, 214, 273, 277) al Cairo e fece innumerevoli uscite (216, 318, 321) in giro per la città.
In qualità di governatore rivendicò altresì i poteri sostanziali dei governanti mamelucchi. Kha'ir Bey fu giudice supremo dell'Egitto (254-255, 357-359), collocandosi al vertice del sistema giudiziario; vendette le cariche statali come un tempo (implicito a p. 301); e mantenne persino il tradizionale controllo mamelucco sulle nomine dei capi qadi alla Mecca e alla Medina (341). In questi e in altri modi, il primo governatore ottomano d'Egitto, lui stesso un mamelucco, mantenne le tradizioni mamelucche per conquistare quanto più potere possibile per se stesso.
È importante rilevare che il governatore ottomano aveva più autorità di qualsiasi sovrano mamelucco, poiché mentre prima del 922/1517 il potere in Egitto era precario, soggetto a continui cambiamenti a sostegno degli ambiziosi emiri, dopo la conquista ottomana il potere si spostò a Istanbul. In qualità di incaricato degli Ottomani, il governatore divenne malik al-umara, re degli emiri, e non dovette più lottare nella stessa misura con rivali gelosi e inaffidabili; poteva fare riferimento a un'autorità superiore in tempo di crisi, assicurandosi in tal modo una più ampia accettazione del proprio comando. Le turbolenze della politica egiziana si placarono in gran parte dopo che il Paese perse la propria indipendenza.
Allo stesso tempo, Kha'ir Bey e i suoi successori persero diversi importanti simboli e funzioni dei sultani mamelucchi. Le due prerogative islamiche di sovranità (menzione del nome del sovrano nella khutba e sulle monete) ora appartenevano entrambe a Selim, e non a Kha'ir Bey (148, 215). La conquista ottomana significava che il sovrano d'Egitto pagava tributi piuttosto che riceverne; prima del 922/1517 l'Egitto riceveva tributi dalla Siria, dall'Hijaz, da Cipro e da parti del Sudan, della Libia e dell'Anatolia, ma ora Kha'ir Bey doveva inviare "doni periodici in contanti e in natura" a Selim utilizzando "le proprie entrate" [3]. Kha'ir Bey non aveva alcun controllo sulla politica estera; mentre i sultani mamelucchi avevano rapporti attivi con i governanti musulmani fino all'India [4] e con tutte le maggiori potenze europee del Mediterraneo, salvo poche eccezioni, Kha'ir Bey ebbe contatti solo con il suo signore ottomano. Selim mantenne un contatto diretto con un certo numero di funzionari in Egitto, controllando l'autorità di Kha'ir Bey. Ad esempio, Ibn Iyas racconta di un qadi nominato da Selim; quando la popolazione egiziana subì abusi da parte dei soldati, il qadi minacciò di informare Selim di questo stato di cose e tale minaccia costrinse Kha'ir Bey a prendere misure per porre rimedio alla situazione (233-234).
Kha'ir Bey morì alla fine del 928/1522 e fu nominato un nuovo governatore da Istanbul, Mustafa Pasha. Non era un mamelucco, era il cognato del nuovo sovrano ottomano, Solimano il Magnifico [5]. Tuttavia, mantenne l'ufficio di governatore dell'Egitto come lo aveva stabilito Kha'ir Bey; quando Mustafa Pasha salì al potere, i simboli e i poteri del suo ufficio erano già stati definiti. Generazione dopo generazione, il governatore dell'Egitto rimase malik al-umara' del Paese con un'autorità comunemente accettata dagli emiri mamelucchi. Le tanto decantate riforme ordinate da Ibrahim Pasha durante il suo breve mandato in Egitto, nel 931/1525, [6] devono essere viste all'interno di un quadro stabilito da Kha'ir Bey. Il primo governatore ottomano dell'Egitto ebbe un ruolo decisivo nel delineare i poteri derivanti dalla sua carica e fissarli nella tradizione mamelucca.
L'amministrazione. Dopo la loro débâcle militare, i capi mamelucchi ottennero in modo sorprendentemente rapido la possibilità di tornare a gestire totalmente il potere politico. La maggior parte di loro fuggì dal Cairo dopo che gli Ottomani vinsero nella battaglia di Raydaniya il 29 Dhu'l-Hijja 922, ma un numero esiguo rimase lì e cooperò con i nuovi governanti. Poiché conoscevano l'Egitto e parlavano turco, divennero indispensabili per i conquistatori. Un mese dopo l'occupazione ottomana del Cairo, gli emiri mamelucchi occupavano già importanti incarichi politici, come quello di muhtasib (ispettore del mercato) e di supervisore fiscale (161-62).
Selim lasciò il Cairo il 23 Sha'ban 923; due giorni dopo Kha'ir Bey concesse l'amnistia generale a tutti i Mamelucchi (208). Il giorno successivo, in quelle che Ibn Iyas definisce "le prime azioni di Khaiˈir Bey per affrontare la situazione del Paese" (210, righe 6-7), il governatore fece numerose nomine politiche, cariche queste tutte occupate dai Mamelucchi. Una di queste cariche, quella di sindaco del Cairo, la concesse al suo schiavo personale (208-210). Gli emiri mamelucchi non solo si occupavano dell'amministrazione, ma svolgevano le tipiche funzioni mamelucche di un tempo (come quelle di ciambellano, maestro di casa, direttore delle scuderie); inoltre, in genere, tornavano a ricoprire quelle stesse posizioni che avevano occupato prima della conquista ottomana (208-210, 212). Per di più, i principali emiri detenevano più titoli che mai, e alcuni di loro ricoprivano contemporaneamente tre, quattro, o anche cinque incarichi importanti; una tale concentrazione di potere potrebbe essere stata dovuta alla morte di così tanti emiri duranti la guerra con gli Ottomani, da lasciare ai sopravvissuti un maggior numero di compiti. Quando alcuni emiri mamelucchi furono chiamati a Istanbul, furono sostituiti da omologhi mamelucchi (276-277); quando un governatore provinciale mamelucco fu rimosso dall'incarico, un altro mamelucco prese il suo posto (310).
Alcuni mesi dopo la loro sconfitta militare, i Mamelucchi tornarono in modo clamoroso a gestire quasi totalmente il potere politico. Ripristinarono le cariche mamelucche e le dotarono di personale, senza perdere tempo. Furono apportati soltanto dei cambiamenti di minore importanza, come l'eliminazione delle tablakhanat (bande musicali) che accompagnavano gli emiri (275), la scomparsa del gioco del polo e la sostituzione dell'abbigliamento tradizionale mamelucco con il qaftan ottomano, ma in larga misura il potere amministrativo mamelucco non fu intaccato.
Il controllo dell'amministrazione da parte dei Mamelucchi può essere facilmente spiegato: conoscevano bene la loro professione e non potevano essere rimpiazzati. Come tutti i burocrati si resero indispensabili alle autorità al potere. Il governo centrale ottomano non tentò di contrastare il loro potere; quando Mustafa Pasha fu inviato in Egitto come governatore non portò con sé un seguito di aiutanti che potessero assumere la direzione del governo egiziano. Il controllo mamelucco del governo è rimasto intatto per secoli, e addirittura è diventato più forte nel tempo. Il loro potere aumentò così tanto nel XII-XVIII secolo che, quando Istanbul perse gran parte del suo controllo diretto sulle province, i Mamelucchi divennero sostanzialmente autonomi [7].
L'esercito. I Mamelucchi morirono in gran numero combattendo contro gli Ottomani, a cominciare dalla battaglia di Marj Dabiq (25 Rajab 922) e finendo con quella di Giza (6-10 Rabi 'I 923); ma ancora una volta, quei soldati che sopravvissero conservarono sostanzialmente intatti i loro vecchi poteri, sebbene militarmente affrontassero rivali inviati da Istanbul. Selim conquistò l'Egitto con un esercito composto da giannizzeri, sipahi (che Ibn Iyas chiama al-Inkishariya e al-Isbahaniya ) e da altre divisioni specializzate. Alla sua partenza, Selim lasciò tre o quattro [8] corpi militari in Egitto come truppe di guarnigione. Inizialmente controllarono il Cairo e il Basso Egitto, e così i soldati mamelucchi fuggirono nella Valle del Nilo e nei deserti oppure rimasero al Cairo "in condizioni miserabili, indossando un cappello da contadino calato sulla fronte (zumut quraˈ), abiti neri e camice con maniche ampie in modo che chiunque li vedesse non poteva dire che non erano contadini" (208, righe 15-17; si veda anche p. 224). A quanto pare, l'amnistia concessa da Kha'ir Bey il 25 Sha'ban 923 fu accettata da tutti, poiché Ibn Iyas non menziona mai alcun mamelucco indipendente che combatté contro le autorità ottomane successivamente a quella data.
Dopo l'amnistia, i Mamelucchi si riorganizzarono secondo i loro vecchi schemi e acquistarono subito cavalli e armi, nonostante gli strenui sforzi di Kha'ir Bey per impedirlo (212-213). Indossarono ancora una volta i loro abiti tradizionali, anche se Ibn Iyas riferisce che alcuni indossavano abiti ottomani in modo da poter rubare impunemente, inducendo Kha'ir Bey a fare appello ai Mamelucchi affinché indossassero abiti adatti al loro stile e si distinguessero dalle truppe ottomane (213). Lungi dal tentare di far confluire i soldati mamelucchi nell'esercito ottomano, il governatore li incoraggiò a rimanere separati. Allo stesso tempo, però, gli ufficiali mamelucchi di alto rango ricevevano i qaftan per renderli distinguibili dai loro colleghi ottomani, se non fosse che avevano la barba, a differenza degli Ottomani (220). Questa politica finalizzata a tenere separati i soldati e a riunire gli ufficiali può riflettere il desiderio di Kha'ir Bey di bilanciare la sua esigenza di sostegno incondizionato con il suo timore di un'opposizione unita.
L'esercito mamelucco divenne rapidamente la più grande forza militare in Egitto. Sconfitto e disperso in tutto il Paese fino all'amnistia di Sha'ban 923, si riarmò il mese successivo, ricevette l'intero salario un mese dopo (224) e continuò da allora in poi a riscuotere l'intero stipendio militare (245, 247, 255). Rappresentava la più forte e la più affidabile forza militare di Khaˈir Bey. In un incredibile capovolgimento dei ruoli, quando Selim chiese ad alcuni ufficiali mamelucchi e soldati ottomani di unirsi a lui in Siria (234), i Mamelucchi accettarono, a condizioni che venissero pagati per la spedizione, mentre le truppe ottomane, giannizzere e sipahi, si opposero così fermamente che un gran numero di loro lasciò il Cairo anziché obbedire (234, 237-238). Alcuni soldati ottomani andarono in Siria (239), ma la maggior parte si rifiutò di farlo, per ragioni non spiegate da Ibn Iyas. Per mantenere la carica di governatore, Kha'ir Bey dovette inviare tutte le truppe richieste da Selim. Paradossalmente, i Mamelucchi (che di recente Kha'ir Bey aveva tradito per unirsi a Selim) lo salvarono. Pertanto, una forza composta principalmente da Mamelucchi combatté in nome di Selim e sconfisse giannizzeri e sipahi tentando di evitare il servizio ottomano il 23 Jumada I 924 (256). Questa battaglia segna la piena ripresa del primato militare dei Mamelucchi in Egitto, poco più di un anno dopo la loro umiliante sconfitta nella battaglia di Giza. Commentando questa peculiare svolta degli eventi, Ibn Iyas riflette sul fatto che "strane cose accadono ogni giorno e ogni notte" (257, riga 9).
Insieme al potere militare, i Mamelucchi riacquistarono i consueti privilegi: potere, ricchezza e prestigio tornarono nelle loro mani quasi come prima della conquista ottomana. Il loro servizio agli Ottomani gli valse il favore agli occhi di Selim, il quale ordinò due volte a Kha'ir Bey di pagare il loro salario (244, 328) e pare anche che consentì ai Mamelucchi di continuare a reclutare nuovi schiavi nella regione del Mae Nero. I Mamelucchi rimasero un'élite che si autoalimentava, distinta dalla maggior parte della popolazione egiziana, che dominava.
Dopo la morte di Kha'ir Bey, i Mamelucchi si ribellarono contro il nuovo governatore, Mustafa Pasha, e persero contro le sue forze ottomane. Questo avrebbe potuto significare la fine del loro potere, ma ancora una volta ciò non accadde e i Mamelucchi resistettero. Solo un anno dopo, un nuovo governatore inviato da Istanbul, Ahmad Pasha, cercò di instaurare un regime indipendente in Egitto, ma fu respinto in nome del sultano dalle forze di Hanim Hamzawi, un mamelucco [9]. Questa seconda inversione di ruoli mostra due caratteristiche della vita pubblica egiziana dopo il 922/1517: combattere a favore o contro il sultano di Istanbul era una questione di convenienza politica e non di sentimento profondo; e le truppe di guarnigione ottomane di stanza in Egitto non potevano controllare il Paese da sole contro i soldati mamelucchi.
Ma i Mamelucchi non potevano più dominare il Paese come avevano fatto per così tanto tempo; ora dovevano fare i conti con la presenza delle truppe ottomane. Le relazioni tra Mamelucchi e Ottomani erano complesse; oltre alle due battaglie già ricordate, si combatterono in infinite scaramucce, anche tra emiri (287-288). I rapporti erano così delicati che un giannizzero accusato di non pagare il sapone quasi condusse gli eserciti in battaglia a Jumada I 926 (333-334). Tuttavia, nei momenti spensierati, gli emiri ottomani potevano partecipare a un matrimonio insieme ai Mamelucchi (337), le due forze potevano unirsi per combattere i beduini (224, 327) o per pattugliare l'area circostante il Cairo (321). I corpi militari ottomani talvolta combattevano tra loro occasionalmente (298, 300, 318-319), fornendo ai Mamelucchi l'opportunità di sfruttare le loro divisioni.
Proprio come il governatore ottomano spezzò l'esclusiva presa politica dei Mamelucchi sull'Egitto, così anche le forze ottomane posero fine al loro monopolio militare. In entrambi i casi, l'autorità del sultano di Istanbul, seppur distante, aggiunse un fattore cruciale alla politica egiziana. Combattendo a volte per il sultano, a volte contro di lui, il contesto delle attività mamelucche cambiò profondamente dopo il 922/1517. Accogliere il governatore ottomano e le truppe di guarnigione significava che i Mamelucchi erano solo una delle numerose fazioni, sebbene nel XII/XVIII secolo avessero acquisito un tale potere in Egitto da potersi permettere di dividersi in diverse fazioni tra di loro.
Gli egiziani. All'inizio, gli egiziani avvertirono solo leggermente il cambiamento di regime che ebbe luogo nel 922/1517, anche se finì per influenzare profondamente la loro vita. Gli egiziani avevano poco peso politico sia nel periodo mamelucco che in quello ottomano; i cambiamenti politici sopra descritti ebbero poca influenza immediata sulla maggior parte della popolazione, se non nella misura in cui la transizione al dominio ottomano creò caos (147 sgg.) e incoraggiò le incursioni dei beduini (ad esempio 167). La popolazione autoctona continuò a fornire capi religiosi e burocrati governativi, come ai tempi dei Mamelucchi; che avrebbero continuato a farlo non fu mai messo in discussione. Selim catturò i quattro capi qadi d'Egitto subito dopo la battaglia di Marj Dabiq e riconfermò la loro nomina quando raggiunse il Cairo (165). A livello politico, gli egiziani non subirono quasi nessun sconvolgimento.
Anche il dominio ottomano non portò molti cambiamenti immediati alla vita quotidiana degli egiziani. Selim cercò espressamente di risparmiare loro grandi sconvolgimenti; in un'occasione inviò un messaggio a Kha'ir Bey dalla Siria ordinando che "il popolo, sia le élites che le masse, conservasse i propri costumi" (244, riga 22 a 245, riga 1), istruzioni che ripeté ancora due anni dopo (353). Kha'ir Bey non pagò i funzionari governativi (225) fino a quando Selim non gli ordinò di mettersi al passo (244). Il volere di Selim sembra essere stato eseguito poiché Ibn Iyas riporta i cambiamenti avvenuti solo tra i Mamelucchi e non tra gli egiziani. Interessati a massimizzare le entrate dall'Egitto e a mantenere tranquilla la provincia, gli Ottomani furono ancor più incentivati a non maltrattare la popolazione autoctona. Il comportamento di Selim entrando per la prima volta al Cairo lo conferma: chiese di riparare alle ingiustizie passate ("Chi ha subito un torto presenti il suo caso al sultano Selim", egli disse) (158, righe 16 e 17) e accusò i Mamelucchi di oppressione (159).
Allo stesso tempo, Ibn lyas osserva che "Selim e i suoi visir destavano ogni giorno sempre più indignazione" (163, riga 14); particolarmente dannose furono le numerose nuove tasse riscosse. Ed ecco la principale conseguenza a lungo termine della conquista ottomana, il declino economico, accompagnato dalla stagnazione culturale e sociale. Sebbene Gibb e Bowen considerino la perdita del fatturato del commercio di transito a causa del controllo portoghese dell'Oceano Indiano come il "colpo più duro" nel declino complessivo della prosperità egiziana dal X al XVI secolo in avanti [10], la perdita dell'indipendenza fu probabilmente ancora più importante. Per la prima volta in oltre cinquecento anni, l'Egitto dovette pagare un tributo anziché riceverlo. I proventi che avrebbero potuto essere destinati alla cultura e ai lavori pubblici uscirono dal Paese [11]. La dominazione ottomana causò numerose distorsioni economiche, alcune delle quali furono evidenti fin dall'inizion. I problemi valutari si ripresentarono nel momento in cui Selim coniò la propria moneta in Egitto (174), le terre waqf vennero confiscate (189, 254) [12], milleottocento abili artigiani furono chiamati a Istanbul (118) e l'aumento delle incursioni beduine danneggiò il commercio (327-328). L'inflazione era grave (270, 282, 323, 355-356), raggiungendo proporzioni tali che i mercati dovettero occasionalmente chiudere (ad esempio, 356), i soldati si ribellavano di frequente per chiedere salari più alti (214, 283, 294, 315, 322- 323), e un minor numero di egiziani si recavano alla Mecca (218), un dato di fatto che Ibn Iyas attribuisce all'inflazione in un anno (317). Può anche darsi che la riduzione delle celebrazioni pubbliche delle festività era collegata alle insicurezze di carattere economico (216, 226, 245, 276, 316). Ebbe inizio così l'era più buia della storia economica egiziana, che continuò allo stesso modo per quasi tre secoli.
Conclusione. Anche durante la vita di Ibn Iyas, erano emerse le due caratteristiche principali dell'Egitto ottomano: il declino economico e la continuità mamelucca. Sebbene privata della propria indipendenza e delle sue province al di fuori dell'Egitto, pur dovendo accogliere un governatore ottomano e truppe di guarnigione, per molti aspetti, l'élite mamelucca mantenne la sua posizione favorevole per tutto il periodo ottomano. In effetti, la conquista ottomana può anche essere vista come una prospettiva di vita: all'inizio del X-XVI secolo, il regno mamelucco si era talmente indebolito che non avrebbe potuto rimanere al potere a lungo; qualsiasi conquistatore che non fosse ottomano avrebbe preso l'Egitto, i Mamelucchi sarebbero stati presumibilmente sterminati (questo è ciò che Napoleone e Muhammad 'Ali tentarono immediatamente di fare).
Perché gli Ottomani permisero ai Mamelucchi di mantenere il controllo dell'Egitto per così tanto tempo? La ragione risiede probabilmente nella lingua e nella cultura dei due gruppi; entrambi parlavano dialetti turchi ed entrambi erano stranieri in Egitto. Ottomani e Mamelucchi avevano in comune il fatto di tenere le distanze dai sudditi egiziani arabofoni; gli Ottomani distinguevano tra la classe dirigente (Osmanlılar) e i sudditi egiziani (Mısırlılar) e non fu mai messo in dubbio che i Mamelucchi facessero parte della prima. Se non fossero stati turchi, questo legame culturale non sarebbe esistito e molto probabilmente non sarebbero stati ammessi alla classe dirigente ottomana. Uno sguardo al destino di altre élites dominanti dopo la conquista ottomana lo evidenzia; che fossero musulmani (come in Tunisia) o no (come in Serbia), sono praticamente scomparsi, per essere sostituiti da nuovi agenti di Istanbul. Sostanzialmente, l'unica grande eccezione a questo modello è stata la Bosnia, e lì la vecchia élite sopravvisse turchizzandosi. Il fatto che i Mamelucchi e i giannizzeri fossero truppe di schiavi turcofoni assegnate a un Paese di lingua araba voleva dire che avevano ragioni culturali per la cooperazione e ragioni istituzionali per competere. L'importanza dell'affinità culturale è stata forse trascurata nella comprensione del controllo dell'Impero ottomano.
Non che gli Ottomani fossero atipici a tal riguardo; molti altri imperi dipendevano da legami culturali e si basavano maggiormente su quelli ritenuti simili. Si osservi, ad esempio, il caso dei boeri britannici e di lingua olandese del Sudafrica, all'inizio del XX secolo. Entrambi i gruppi di europei si stabilirono in Sudafrica dove combatterono per il controllo di un Paese in cui i neri africani costituivano la stragrande maggioranza della popolazione. Tuttavia, le affinità razziali e linguistiche tra i boeri e gli inglesi non significavano che avessero interessi simili. Originari dei Paesi Bassi, i Boeri arrivarono in Sudafrica nel 1652: due secoli e mezzo dopo si trovarono a difendere la loro patria dagli inglesi, padroni di un impero mondiale, i quali cercavano di portare il Sudafrica sotto il loro controllo. La Gran Bretagna mise insieme i suoi ingenti mezzi per sconfiggere i coloni olandesi e instaurare il proprio governo. Ma gli olandesi ripresero quasi subito il controllo del Paese, grazie alla loro abilità e organizzazione. In tutto questo, la popolazione autoctona ebbe soltanto un ruolo passivo.
Così fu quando il potere imperiale ottomano sconfisse i coloni mamelucchi. Proprio come all'inizio di questo secolo non venne mai in mente agli europei che gli africani potessero governare, così era assurdo che gli egiziani fossero emancipati nel X-XVI secolo, e la politica rimase una preoccupazione solo per i turchi.
[1] Volume 5, a cura di M. Mustafa (Cairo, 1961).
[2] Due volumi a cura di M. Mustafa (Il Cairo, 1962-64). Non sono riuscito a procurarmi Fada'il al-Bahira di Ibn Zahira.
[3] Stanford J. Shaw, The Financial and Administrative Organization and Development of Ottoman Egypt, 1517-1798 (Princeton, N.J., 1962), p. 283. Per un esempio del tributo richiesto da Selim, cfr. Ibn Iyas, pp. 216-217.
[4] Stanley Lane-Poole, A History of Egypt in the Middle Ages (London, 1901), p. 352.
[5] Peter M. Holt, Egypt and the Fertile Crescent, 1516-1798 (Ithaca, N.Y., 1969), pp. 47-48.
[6] George W. F. Stripling, The Ottoman Turks and the Arabs, 1511-74 (Urbana, Ill., 1942), pp. 71-77.
[7] Holt, Egypt and the Fertile Crescent, capitoli 5 e 6.
[8] In merito a questa divergenza di opinioni, cfr. Holt, Egypt and the Fertile Crescent, chapters 5 and 6.
[9] Holt, Egypt and the Fertile Crescent, pp. 48-50.
[10] Hamilton A. R. Gibb and Harold Bowen, Islamic Society and the West (London, 1950), vol. I, part 1, p. 209, note 2.
[11] Shaw, Financial and Administrative Organization, la parte III fornisce dettagli.
[12] Ibid., pp. 41-42.