TONY JONES: Il Primo ministro [australiano] promette un dibattito parlamentare sulla questione dell'adesione da parte delle forze australiane a una probabile guerra contro l'Iraq. Si dice anche che lui si aspetti un appoggio bipartisan se si arrivasse a questo.
Quindi, ci uniremmo alla prossima fase della "guerra al terrore"!
Il nostro prossimo ospite sostiene che quell'espressione eufemistica [guerra al terrore] è fuorviante, che gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero essere chiari sul loro vero obiettivo.
Nel 1995, Daniel Pipes scriveva che potenti forze islamiche militanti avevano dichiarato unilateralmente guerra all'Europa e agli Stati Uniti. È un punto di vista che ha sempre reiterato come editorialista del New York Post e del Jerusalem Post.
Pipes è autore di undici libri, l'ultimo dei quali si intitola Militant Islam Reaches America.
Inoltre, è direttore del Middle East Forum e un membro della Special Task Force on Terrorism and Technology presso il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, e ora si unisce a me.
Daniel Pipes, benvenuto.
DANIEL PIPES, direttore del MIDDLE EAST FORUM: Grazie.
TONY JONES: Possiamo iniziare spiegando come Lei vuole ridefinire ciò per cui l'America sta di fatto combattendo? È un punto molto importante perché Lei sostiene che non si tratta affatto di una guerra al terrore.
DANIEL PIPES: Non è una guerra al terrore, non si tratta di una guerra all'Islam. È una guerra contro un'interpretazione terroristica dell'Islam, l'Islam militante, l'islamismo radicale, chiamatelo come volete.
TONY JONES: È così circoscritta? Washington non è interessata ad altre forme di terrorismo?
DANIEL PIPES: No, ci sono truppe americane in Paesi come le Filippine, l'Uzbekistan, la Georgia, lo Yemen, il Pakistan, tutti concentrati sull'Islam militante.
Non ci sono truppe americane ad esempio in Sri Lanka o in Perù, dove ci sono problemi terroristici molto virulenti, ma che non sono collegati all'Islam militante.
Quindi, in altre parole, quello che sto dicendo è che la pratica suggerisce quale sia la vera politica, ma i politici sono riluttanti a identificarla e penso che sia un problema.
TONY JONES: Ciò solleva la questione del perché, ad esempio, il Presidente abbia incluso la Corea del Nord nel suo asse del male.
Attualmente non prende di mira la Corea del Nord, ma ha incluso la Corea del Nord.
DANIEL PIPES: O peraltro l'Iraq. L'Iraq non è un problema dell'Islam militante. L'Iraq è un problema di Saddam Hussein, che è un uomo senza alcuna ideologia né alcun credo, se non il mantenimento del potere nelle proprie mani.
L'Islam militante è un complesso di idee che hanno un ruolo paragonabile a quello avuto dal fascismo nella Seconda guerra mondiale o dal marximo-leninismo nella Guerra Fredda e ora in questa guerra abbiamo l'Islam militante come corpo chiave di idee.
Non ha nulla a che fare con la Corea del Nord, come Lei ha rilevato, e nemmeno con l'Iraq.
TONY JONES: Che senso ha allora l'eufemismo "guerra al terrore"? Perché utilizzarlo in primis?
DANIEL PIPES: Credo che ci siano diversi motivi. In primo luogo, l'espressione è diplomatica: non offende nessuno. In secondo luogo, è flessibile, perché si può includere o escludere dalla propria parte chi si vuole e, in terzo luogo, non ha implicazioni nazionali.
Pertanto, è interessante all'apparenza, ma credo che il problema sia che definendo la guerra in questo modo irreale, del resto, la guerra al terrore è una guerra a una tattica, è come dichiarare una guerra alle trincee o ai sottomarini o una guerra alle armi di distruzione di massa.
Non ha senso, ma così facendo non siamo in grado di comprendere l'intera portata del problema.
Non si tratta di terroristi, ma di sostenitori di un'ideologia che ha dichiarato guerra a noi, a tutto l'Occidente, Australia compresa, e da cui dobbiamo difenderci.
TONY JONES: È un eufemismo usato perché il Presidente voleva essere estremamente attento a non utilizzare la parola Islam invocando una reazione patriottica pubblica?
DANIEL PIPES: Esatto, e penso che sia stata una buona idea evitare di prendere di mira l'Islam, la religione, la fede personale di qualcosa come un miliardo di persone.
Non è questo il punto.
Anzi, direi che è concentrandosi sull'Islam militante che ci si rende conto che i musulmani moderati, i quali costituiscono la maggior parte della popolazione musulmana, sono nostri alleati.
Sono molto importanti in questa guerra.
Sono quelli che soffrono per primi, a causa delle predazioni compiute dall'Islam militante in Paesi come l'Afghanistan, dove abbiamo visto la reazione quando le persone sono state liberate o l'Algeria o la Turchia o l'Egitto in tutto il mondo.
Non è un insulto ai musulmani. I musulmani capiscono che c'è questa ideologia, che è molto radicale, che li prende di mira per primi.
TONY JONES: Ora che ne scrive da molti anni, ci racconti, se può, come vede le origini dell'Islam militante.
DANIEL PIPES: L'Islam militante è un fenomeno moderno, un fenomeno del XX secolo che in sostanza ha origine negli anni Venti, l'era dell'entusiasmo totalitario, l'epoca in cui nacquero il fascismo e il leninismo, e così ha fatto l'Islam militante.
E proprio come abbiamo distrutto il potere e l'attrattiva del fascismo e del comunismo, ora è nostro dovere emarginare e distruggere questa virulenta ideologia utopica radicale totalitaria.
TONY JONES: Sappiamo che quindici dei dirottatori dell'11 settembre provenivano dall'Arabia Saudita. Più di un terzo di quelli detenuti a Guantanamo Bay sono sauditi.
Sappiamo anche che l'Islam wahhabita, che è praticamente la religione di Stato del regno del deserto, è ciò che predica efficacemente Osama bin Laden.
Ciò non renderebbe allora l'Arabia Saudita un obiettivo primario per una guerra contro l'Islam militante?
DANIEL PIPES: L'Arabia Saudita è un problema e quello che esorto a fare il governo degli Stati Uniti è di seguire il Presidente attraverso il semplice precetto "Siete con noi o contro di noi" e avvicinarsi così ai sauditi dicendo: "O ci aiutate o siete contro di noi".
Cosa che, tra l'altro, non abbiamo fatto e penso che chiarirebbe molte cose e aiuterebbe a convincere i sauditi ad essere responsabili e vietare definitivamente i libri di testo scolastici, i programmi didattici, i sermoni nelle moschee, i report dei media, che seguono tutti la linea dell'Islam militante.
TONY JONES: Bin Laden gode di un notevole sostegno in Arabia Saudita e parte di questo deriva dal fatto che le truppe statunitensi sono già lì.
L'attacco suicida alla "USS Cole" [il cacciatorpediniere statunitense ormeggiato nel porto di Aden, in Yemen, fatto saltare in aria il 12 ottobre del 2000, N.d.T.] è stato, credo, il più grande attacco terroristico contro gli americani prima dell'11 settembre.
Questo è successo in Yemen, Paese confinante dell'Arabia Saudita. Mi chiedo, però, se l'America entra in guerra con l'Iraq, non minaccia il regime saudita, la famiglia reale saudita?
DANIEL PIPES: In realtà, il più grande attacco prima dell'11 settembre è stato nel 1983 a Beirut, ma capisco cosa Lei intende.
Sì, sarà problematico per i sauditi. È vero, sono preoccupati per questo, ma devono prendere una decisione, proprio come il presidente del Pakistan Musharraf ha dovuto scegliere da che parte stare.
Da che parte stanno? Sono dalla parte di al-Qaeda, dei Talebani, di bin Laden e dell'Islam militante in generale o stanno dalla nostra parte, dalla parte del mondo civilizzato, contro tutto questo [l'Islam militante]?
Intendiamoci, ci sono molti Stati musulmani che sono al nostro fianco. In particolare, Paesi come la Turchia, l'Egitto, il Kuwait e altri.
Quindi non c'è nulla di per sé difficile, ma il regime saudita deve prendere una decisione. Penso che diventerà un problema di una certa importanza nei prossimi mesi.
TONY JONES: Perché deve prendere una decisione? Perché uno Stato non può decidere di occuparsi dei propri affari e non di quelli americani?
Perché non può semplicemente dire: "Non vogliamo prendere parte a una guerra contro l'Iraq, non è nei nostri interessi nazionali e potrebbe minacciare la nostra famiglia reale?"
DANIEL PIPES: Siamo in guerra. Il Presidente lo ha detto più e più volte e ha ribadito a più riprese o sei dalla nostra parte o stai dall'altra parte.
In effetti, devi fare una scelta, se sei l'Arabia Saudita o il Pakistan oppure altri Stati. Ignori gli Stati Uniti a tuo rischio e pericolo quando gli Stati Uniti sono in guerra.
TONY JONES: In un certo senso, Lei stesso ha rilevato la contraddizione di questa argomentazione, quando ha affermato che Saddam Hussein in realtà non fa parte del movimento islamico militante, è più simile a un dittatore stalinista.
DANIEL PIPES: Esatto
TONY JONES: È un dittatore laico. Come si inserisce quindi in una guerra contro l'Islam militante?
DANIEL PIPES: Non può in senso stretto. Un anno fa, prima degli eventi dell'11 settembre, gli americani non prestavano molta attenzione al mondo esterno.
A causa dell'11 settembre, gli americani sono emotivamente preoccupati per il mondo esterno e sono determinati a prendere provvedimenti.
Quello che ha fatto il Presidente è stato parlare di questa disponibilità ad agire per concentrarsi sull'Iraq, ma a rigor di termini, è un problema completamente diverso.
Potrebbe esserci qualche connessione tra l'Iraq e l'11 settembre, non lo nego.
TONY JONES: C'è qualche prova di ciò?
DANIEL PIPES: Esiste.
TONY JONES: Insomma, se ne è parlato. È a conoscenza di qualche prova specifica che colleghi Saddam Hussein?
DANIEL PIPES: Non voglio dire che la prospettiva di un'azione militare contro l'Iraq dipenda da questo legame. Penso che il problema sia un altro con l'Iraq.
Il governo iracheno ha firmato un accordo con gli Stati Uniti nel 1991 che avrebbe consentito l'ispezione del suo arsenale militare.
Baghdad ha permesso agli ispettori di svolgere il proprio lavoro per sette anni, poi basta. Ciò viola l'accordo del 1991.
Credo che abbiamo il diritto di agire perché c'è una violazione e credo che questo sia il motivo per cui la guerra è contemplata. Pertanto, non credo che sia necessaria...
TONY JONES: Non significa che c'è più di una guerra in corso, c'è una guerra contro l'Islam militante e poi c'è una guerra contro Saddam Hussein per impedirgli di sviluppare armi nucleari?
DANIEL PIPES: Sono due cose diverse. Si trovano nella stessa parte del mondo. L'uno influenza certamente l'altro, ma sono essenzialmente due preoccupazioni diverse.
In poche parole, la minaccia dell'Islam militante rappresenta il nemico strategico. È un'ideologia a lungo termine, complessa e ampiamente supportata.
È un insieme di idee che attrae persone intelligenti e capaci. Saddam Hussein è qualcosa di molto diverso.
Saddam Hussein è un brutale governante totalitario che non crede a niente in particolare e può essere facilmente eliminato.
Non ci sono idee dietro di lui, non ci sono convinzioni [legate alla sua persona], c'è soltanto un crudele dittatore. Il popolo iracheno sarà felicissimo quando si libererà di lui e potrà voltare pagina.
È semplice. L'Islam militante non è semplice.
TONY JONES: Sta dicendo che potenzialmente ci sarà una guerra breve contro Saddam Hussein e una più lunga contro l'Islam militante. È così che vede le cose l'Amministrazione americana?
DANIEL PIPES: Sì, fondamentalmente, ma non pubblicamente.
TONY JONES: Sta dicendo che ci aspetta un lungo periodo di guerra, anche dopo...
DANIEL PIPES: Il Presidente ha chiarito che si tratta di una lunga guerra, ma non ha spiegato perché. In altre parole, se si tratta solo di terroristi, presumibilmente è qualcosa di cui possiamo sbarazzarci.
Ma se è quello che dico io, e quello che penso lo sanno di fatto tutti ma non sempre vogliono dirlo, allora, Lei capisce che questa è un'ideologia molto attraente per una grande massa di persone che non può essere semplicemente eliminata.
È qualcosa che richiede una guerra che durerà anni, persino decenni.
TONY JONES: Questo significa che un piccolo Paese come l'Australia, che sta valutando l'idea di fornire un sostegno militare a questa guerra contro l'Iraq, potrebbe essere risucchiato in un conflitto molto più lungo che durerà, come Lei dice, molti anni e si estenderà oltre un Paese.
DANIEL PIPES: Non credo. Penso che partecipare alla campagna in Iraq sia una cosa, e poi Lei, noi e l'intero mondo occidentale o addirittura il mondo civilizzato, abbiamo il problema di questa versione radicale dell'Islam, che si presenterà indipendentemente dal fatto che si decida o meno di andare in guerra lì. Si presenterà in ogni caso.
Tra parentesi, è importante osservare che questo non è iniziato un anno fa a settembre. Ha avuto inizio nel 1979 quando l'Ayatollah Khomeini è salito al potere. Uno dei suoi slogan più importanti era "Morte all'America", l'America è un simbolo dell'Occidente nel suo insieme, e gli americani hanno iniziato ad essere uccisi, unitamente anche ad altri occidentali. Questo non è un fenomeno nuovo.
Quello che è successo l'anno scorso a settembre è che questo evento traumatico e su larga scala ha portato tale fenomeno all'attenzione di tutti in un modo che prima non era chiaro, ma è un problema ormai da circa 25 anni.
TONY JONES: Daniel Pipes, temo che dovremo fermarci qui. Grazie mille per essersi unito a noi stasera su Lateline.
DANIEL PIPES: Grazie.