A mio avviso, ciò che sta accadendo dopo l'11 settembre 2001 non è una guerra contro il terrorismo né uno scontro di civiltà. Piuttosto è una guerra contro l'Islam militante.
Parlare di "guerra al terrore" non ha senso. Non si può dichiarare guerra a una tattica. È come dichiarare "guerra alle armi di distruzione di massa" o dichiarare "guerra alla battaglia aereo-terrestre". È come se, dopo Pearl Harbor, gli Stati Uniti avessero dichiarato guerra agli attacchi a sorpresa. È un eufemismo che ha per effetto infausto quello di confondere le cose: se il terrorismo è il nemico, perché non si parla di gravi problemi terroristici come le Tigri Tamil (un gruppo paramilitare, di ideologia comunista e nazionalista, N.d.T.), in Sri Lanka, o il Sendero Luminoso (un movimento rivoluzionario di ispirazione maoista, N.d.T.), in Perù? E soltanto una componente del trio del cosiddetto "asse del male" (l'Iran e non l'Iraq né la Corea del Nord) pone un problema che ha principalmente a che fare con il terrorismo.
Non si tratta nemmeno di uno scontro di civiltà. Sì, è vero, gli islamisti vogliono un confronto con l'Occidente, credendo che la loro visione dell'Islam possa raggiungere una supremazia globale. Eppure, la loro violenza contro gli occidentali (e in genere contro coloro che non sono musulmani) è accompagnata da un altrettanto significativa ostilità nei confronti dei musulmani che non sono d'accordo con la loro visione estremista, come si vede nelle depredazioni compiute dal regime talebano in Afghanistan, così come in quelle compiute dalle sue controparti in Bangladesh, in Iran e in Sudan. Questo stesso schema finalizzato a prendere di mira altri musulmani è palese anche in Paesi in cui l'Islam militante deve ancora prendere il sopravvento (come l'Algeria, la Nigeria, l'Egitto, il Libano, la Turchia e l'Indonesia). L'Islam militante è un'aggressiva ideologia totalitaria che difficilmente distingue tra coloro che dissentono da esso, che siano musulmani oppure no. Il problema non è tra civiltà, ma tra visioni politiche diverse.
Propongo di parlare di guerra non contro il terrorismo né contro l'Islam, ma contro un'interpretazione terroristica dell'Islam. L'Islam militante deriva dall'Islam, ma è una versione orribile di esso: è disumano, antimoderno, anticristiano, antisemita, anti-induista, misogino, così come millenario, jihadista e suicida. Fa appello soltanto a una parte dei musulmani (che stimo siano il 10-15 per cento di tutti i musulmani). Ciò implica che la guerra all'Islam militante può e deve incoraggiare fortemente la partecipazione musulmana. La chiave sta nel vedere il nemico non come una tattica né come una religione, ma come un'ideologia utopica radicale. Come le sue versioni precedenti, ossia quella fascista e quella marxista-leninista, anche questa sarà sconfitta.