Grazie e buon pomeriggio, signore e signori. Ringrazio la World Media Association per questo invito. Sono felice di avere la possibilità di parlare con voi.
Il tema che affronteremo oggi è quello delle conseguenze dell'11 settembre. Potremo esaminare gli effetti nel mondo musulmano o in Occidente. Parlerò delle ripercussioni nel mondo musulmano, l'area di mia competenza.
Le conseguenze sono duplici. A breve termine, sono disastrose per il mondo musulmano. A lungo termine, sono positive. Nei prossimi minuti, vorrei occuparmi di tre questioni: innanzitutto, esporrò le mie ipotesi e le interpretazioni della situazione; in secondo luogo, esaminerò le conseguenze a breve termine e, in terzo luogo, gli effetti a lungo termine.
L'Islam nella storia moderna
Le mie ipotesi hanno a che fare con il fatto che l'Islam viene inteso come una civiltà. Sono stato profondamente influenzato da un libro uscito nel 1958, Islam and Modern History, del compianto Wilfred C. Smith. Studioso principalmente dell'Islam nel subcontinente, Smith ha fornito una visione generale esaminando il subcontinente, l'Egitto e la Turchia. La tesi di base di questo libro è che l'Islam è stata una religione associata al successo, ma che in epoca moderna non ha riscontrato molto successo. Ha ravvisato in questo la sua sfida eccezionale.
Per essere più precisi, parlerò a mio nome e non a nome suo, l'Islam è stato fin dall'inizio una religione associata a risultati mondani. Il profeta Maometto fuggì dalla Mecca nel 622 e tornò come sovrano nel 630. Nel giro di un secolo, gli eserciti musulmani raggiunsero dall'Andalusia i confini dell'India. E al di là della conquista militare, c'è stata la creazione di una nuova civiltà che mille anni fa era brillante. Se allora fosse stato assegnato l'equivalente dei premi Nobel, questi sarebbero andati in numero sproporzionato al mondo musulmano.
Baghdad, Il Cairo, Grenada: questi erano i centri del sapere e del potere politico. Che si guardi alla salute, alla ricchezza, alla stabilità politica o alle conquiste culturali, il mondo musulmano stava andando molto bene. Dal punto di vista delle opere architettoniche, delle scoperte scientifiche e delle applicazioni tecnologiche, il mondo musulmano incassava ottimi risultati.
Per una serie di motivazioni, quest'epoca d'oro ebbe fine. Si può fare risalire al XIII secolo la crisi del mondo islamico, con l'arrivo dei mongoli nel 1220, come data convenzionale. Qualunque fu la causa, di natura esterna come una sconfitta militare e una recessione economica oppure una fossilizzazione delle idee, l'effetto fu abbastanza chiaro e duplice. In primo luogo, ci fu una tendenza a guardare indietro piuttosto che avanti. Guardare indietro ai bei vecchi tempi, reiterare formule logore, avere la percezione che le cose avessero raggiunto il culmine e non dovessero progredire.
E in secondo luogo, si rese il mondo musulmano ignaro di ciò che stava facendo il mondo esterno. Ibn Khaldun, un famoso intellettuale musulmano, scriveva intorno al 1394 riguardo a ciò che stava accadendo in Europa: "Dio solo sa ciò che accade lì!" Scrisse questo in un momento in cui le cose stavano davvero accadendo, e per i secoli successivi il mondo musulmano fu in gran parte ignaro degli straordinari sviluppi che si stavano verificando in Europa. I "veli dell'ignoranza" caddero alla fine del XVIII secolo. Il simbolo convenzionale di questo è Napoleone che nel 1798 sbarcò in Egitto di punto in bianco, il suo esercito sbaragliò facilmente le truppe locali e conquistò il Paese, per essere poi sconfitto, per inciso, dagli inglesi. Non c'era nessuna forza locale che avesse il potere di farlo.
Ibn Khaldun, come immaginato su una banconota da 10 dinari tunisini. |
Da quel momento in poi, ormai sono trascorsi due secoli, il mondo musulmano si è chiesto: "Cosa è andato storto?" (per usare la frase di Bernard Lewis). Perché una civiltà che era fiorente, che stava bene intellettualmente, religiosamente ed economicamente, è poi declinata? Cos'è successo? Che cosa è andato storto?
Fondamentalmente, gli ultimi due secoli possono essere intesi come un lungo tentativo di trovare una risposta a questa domanda, di capire cosa è andato storto e quindi di rispondere, trovare la soluzione e sistemare le cose. Parlando più in generale, possiamo dividere gli ultimi due secoli in tre epoche. La prima fu l'era liberale, dal 1800 al 1920, quando lo sforzo maggiore nel mondo musulmano fu quello di emulare e imparare dall'Occidente. La battaglia era tra chi voleva emulare l'Occidente e chi no. La seconda epoca, dal 1920 al 1980, fu quella in cui si guardava ai totalitarismi in Occidente come modello, a quello fascista per un tempo più breve e a quello marxista-leninista più a lungo. Queste erano le eresie occidentali in luogo delle tradizioni liberali occidentali.
Il terzo periodo, dal 1970 circa, è l'era della tentazione totalitaria islamista. In altre parole, è ancora un periodo totalitario, proprio come lo era nel secondo, ma ora non è più di origine europea ma autoctono. Pertanto, adesso stiamo attraversando un momento di tentazione islamista, che di fatto è andata crescendo nell'ultimo quarto di secolo.
Vi invito a riflettere sul fatto che la risposta che viene data oggi sull'Islam militante è sbagliata come lo era la precedente risposta sul fascismo e sul comunismo. C'è qualcosa di fondamentalmente disfunzionale nell'Islam militante; tuttavia, si sta facendo il tentativo, e anche strenuamente.
Un articolo interessante è appena apparso sulla rivista Commentary, a firma di Francis Fukuyama, il quale sostiene che l'Islam militante, nonostante tutta la sua aggressività, i suoi orrori e le sue uccisioni, potrebbe in realtà avere una qualità redentrice, che è quella di modernizzare le società che governa. Non sono d'accordo. Si potrebbe anche dire che Mao ha modernizzato la Cina, ma ciò non cambia il mio giudizio sul fatto che il suo governo sia stato un orribile disastro. La via totalitaria non è la via della modernizzazione, ma una strada verso il fallimento.
Le conseguenze a breve termine dell'11 settembre
Ora passiamo alla questione in esame, che è l'11 settembre, e le sue conseguenze. A breve termine, ha un effetto negativo proprio perché l'11 settembre è stato un grande successo per l'Islam militante. Credo che il sostegno a questo movimento totalitario derivi dai suoi successi e la sua perdita di sostegno sia frutto dei suoi fallimenti. L'11 settembre è stato un risultato straordinario. Non occorre dirvi come gli Stati Uniti fossero traumatizzati, con il loro spazio aereo chiuso, l'economia nazionale che ha subito un duro colpo e via discorrendo.
Questo nel mondo musulmano è stata fonte di euforia, di esaltazione, ha causato una sensazione di potenzialità. Nelle settimane che hanno fatto seguito all'11 settembre di un anno fa, si vedevano manifestazioni di protesta, si sentivano infuocate dichiarazioni retoriche. Alla Mecca ha avuto luogo una manifestazione di protesta che credo sia stata la prima manifestazione pubblica nella storia della Mecca. Ci sono state dichiarazioni molto forti contro Stati Uniti, Gran Bretagna, Israele e così via dicendo.
Da allora, la marea è mutata. L'11 settembre è una data famosa mentre il 9 novembre 2011 non è poi così famoso, anche se questa è una data rilevante, poiché segna la caduta della prima importante città talebana. Ciò ha avuto un effetto molto drastico, e che fa riflettere. In Pakistan, ad esempio, le principali manifestazioni pro-bin Laden si sono concluse a novembre quando l'aria è cambiata. Non c'era più la sensazione che il successo dell'Islam militante fosse dietro l'angolo. Dopo la caduta dei Talebani c'è un'atmosfera più sobria. Tuttavia, mentre l'atmosfera non è così elettrizzata ed esasperata come lo era un anno fa, l'ondata dell'estremismo islamico deve ancora raggiungere il culmine.
Questo è il momento più estremista nella lunga storia dell'Islam di 14 secoli. Non c'è mai stato un momento come questo per l'estremismo. L'Islam di quest'epoca non è la norma, ma l'eccezione. Ciò ha l'implicazione positiva che le cose probabilmente andranno meglio e di certo potranno migliorare. Vale la pena notare che ci sono pochissime voci contrarie all'interpretazione estremista. Il binladenismo, come a volte viene chiamato, ossia la versione più estrema dell'estremismo islamico, viene illustrato pressoché indiscutibilmente.
Dove sono i moderati? Esistono, ce ne sono molti. Sono senza voce, sono infelici, sono intimiditi, in genere non fanno molta strada. Se non si è sostenitori del binladenismo, allora si mostra simpatia per questa tendenza. Ecco perché questo è un momentaccio. Ecco perché, a mio avviso, le conseguenze a breve termine dell'11 settembre sono state così disastrose nel mondo musulmano. Questo è un momento molto, ma molto brutto, un po' meno brutto rispetto a un anno fa, ma ancora assai basso.
Le conseguenze a lungo termine dell'11 settembre
Tuttavia, a lungo termine, credo che le implicazioni siano più positive, perché ritengo che questo grande attacco contro gli Stati Uniti li abbia resi consapevoli del fatto che sono in guerra. Questa guerra, di fatto, è iniziata nel novembre 1979, con due eventi eclatanti: l'assalto all'ambasciata americana in Iran e l'uccisione giorni dopo di due americani nell'ambasciata di Islamabad. Questi due fatti hanno contrassegnato l'attacco iniziale sferrato dall'Islam militante agli Stati Uniti e ad essi hanno fatto seguito numerosi attacchi successivi sia all'estero sia in seno al Paese.
C'è stato l'attacco all'ambasciata degli Stati Uniti lanciato nell'aprile 1983, a Beirut, che fece 17 vittime. Nell'ottobre 1983, ci fu poi l'esplosione della caserma dei Marines, con 241 morti. Poi arrivarono gli attacchi alle ambasciate, alle basi militari e agli aerei. Più di recente, ci sono stati attentati in Arabia Saudita, nel 1995 e nel 1996; attacchi in Africa orientale e alle ambasciate americane nell'agosto 1998; l'attentato alla nave militare USS Cole ormeggiata nel porto di Aden, nell'ottobre 2000.
Ali Akbar Tabataba'i. |
Complessivamente, ho contato – e includo l'abbattimento di un aereo dell'EgyptAir alla fine del 1999 – più di 800 morti prima dell'11 settembre; le vittime non sono tutte americane, ma complessivamente sono 800, tutte cadute nel corso della campagna di attacchi contro gli americani. Sono tutti episodi ben noti, che hanno ricevuto molta attenzione, ma il governo statunitense non ha fatto nulla per indebolire la forza nemica e non ha fatto nulla per cambiare la politica in materia di sicurezza, di immigrazione o di altre questioni. Sostanzialmente, questi attacchi sono stati trattati come episodi di criminalità, non come parte di uno sforzo bellico. Ad esempio, gli attentati del 1998 alle due ambasciate hanno portato gli Stati Uniti a catturare quattro degli autori, a condurli a New York, ad assegnare loro degli avvocati, a processarli e a condannarli. Non c' è stato alcuno sforzo per andare oltre queste pedine e arrivare a colpire la gerarchia che li aveva inviati.
Il grande cambiamento di un anno fa è stata la comprensione immediata, finalmente dopo 22 anni, che gli attacchi agli americani non sono soltanto una questione di criminalità, ma rappresentano uno sforzo bellico. La risposta è stata dichiarare una "guerra al terrore". In altre parole, mentre la guerra contro gli Stati Uniti è stata condotta per 22 anni, Washington si è resa conto di questo fatto solo un anno fa. La buona notizia è che ce ne siamo resi conto.
È una buona notizia anche per il mondo musulmano, perché credo che lo scopo ultimo di questa guerra – e qui vi fornirò una visione di cui lo stesso governo degli Stati Uniti non si rende conto – sia quello di trasformare l'Islam. Stasera mi direte che non avete sentito il presidente Bush dire questo, e vi do ragione. Il presidente e tutti i vertici dell'amministrazione parlano soltanto di terrorismo, come se il terrorismo fosse esso stesso un nemico.
Questa cauta formulazione ha i suoi vantaggi, ma non è accurata. La guerra non è contro il terrorismo più di quanto la Seconda guerra mondiale dopo Pearl Harbor fosse contro gli attacchi a sorpresa. La guerra è contro coloro che perpetrarono gli attentati dal 1979, ossia gli islamisti; è anche contro la loro ideologia di mobilitazione, l'Islam militante. La guerra non è contro l'Islam come religione, non è contro il terrore, lo strumento militare: è contro l'Islam militante, un'interpretazione terroristica dell'Islam.
L'Islam militante è un'ideologia basata sull'Islam, ma trasformata in qualcosa di diverso. Il problema non è la fede perché ci sono molti musulmani che odiano, detestano, temono l'Islam militante. Ci sono centinaia di migliaia di vittime musulmane, anzi, 100 mila soltanto in Algeria. Questa è in definitiva una battaglia tra musulmani sulla natura dell'Islam. Sarà l'interpretazione estremista a prevalere oggi o sarà una interpretazione moderata? Noi che non siamo musulmani, e gli Stati Uniti in particolare, abbiamo un ruolo nel sostenere una parte contro l'altra, ma lo decideranno loro.
Al contrario di Huntington, ritengo che non sia uno scontro di civiltà. |
Se questo suona familiare, dovrebbe esserlo. Proprio come l'obiettivo finale degli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale era quello di distruggere l'ideologia fascista che stava dietro tedeschi, italiani, giapponesi e altri Stati e movimenti, e proprio come nella Guerra Fredda il nostro obiettivo finale era quello di distruggere l'ideologia marxista-leninista che stava dietro l'Unione Sovietica, la Cina, Cuba, il Vietnam e altri Stati e movimenti, oggi, l'obiettivo deve essere quello di distruggere questo movimento militante islamico e l'ideologia che sta dietro di esso.
"Distruggere" non significa necessariamente uccidere, perché ci sono diversi modi per raggiungere il fine. La Seconda guerra mondiale ha comportato distruzioni militari, ma la Guerra Fredda si è conclusa quasi senza violenza. Pertanto, la distruzione non deve necessariamente essere di natura militare; significa convincere la popolazione nemica del fatto che sta perseguendo una serie di obiettivi impraticabili che la porteranno al disastro. Paradossalmente, alcuni leader musulmani precorrono l'Occidente nella comprensione di questo problema.
La domanda chiave che gli americani devono porsi è se questa comprensione avverrà prima o dopo? Per quanto tempo Washington continuerà con questa formulazione di "terrorismo" e non affronterà il reale nemico? Più a lungo si rifiuterà di affrontare il reale nemico maggiori saranno le possibilità che il nemico infligga più danni. Temo che gli eventi di un anno fa siano stati solo un preludio a disastri molto più grandi e peggiori.
Non si può vincere una guerra se non si dà un nome al proprio nemico. Proprio come un medico deve individuare e dare un nome a una malattia per curarla, così uno stratega deve identificare e dare un nome a un nemico per sconfiggerlo. Dobbiamo dare un nome al nemico, combatterlo, sconfiggerlo, non necessariamente a livello militare, ma sconfiggerlo. Quando lo faremo, allora l'Islam moderato, che oggi è debole, avrà la possibilità di prosperare e di avere successo.