Il presidente Bush e i leader islamici della nazione hanno ripetutamente ammonito i cittadini statunitensi a non biasimare la religione islamica per la retorica militante di Osama bin Laden, il leader terrorista accusato di essere l'ideatore degli attacchi dell'11 settembre al World Trade Center e al Pentagono.
A livello locale e nazionale, i religiosi hanno descritto l'Islam come una religione pacifica, teologicamente contraria al massacro di civili innocenti e al suicidio.
Ma un luminare di Philadelphia – Daniel Pipes, un ex consigliere del Dipartimento di Stato che ora dirige il Middle East Forum, un think tank locale – afferma che la religione ha generato un'ideologia minacciosa e autoritaria. Pipes la definisce "islamismo".
"Politicizza la religione", ha scritto Pipes il 14 settembre, in un editoriale apparso sul londinese Telegraph.
"Il suo programma sembra uguale ai programmi del fascismo, del marxismo o del leninismo. (...) Gli islamisti costituiscono una piccola quanto importante minoranza di musulmani, forse il 10 o il 15 per cento della popolazione".
"Molti di loro mostrano un aspetto pacifico, ma vanno tutti considerati dei potenziali assassini."
Pipes, 52 anni, ha una laurea e un dottorato in Storia, conseguiti ad Harvard.
È autore di 10 libri e di numerosi articoli pubblicati su riviste e giornali. È stato intervistato la scorsa settimana dal Daily News.
DOMANDA: Qual è la differenza tra l'Islam e ciò che lei chiama islamismo?
RISPOSTA: "L'Islam è una fede di qualcosa come un miliardo di persone, esistente da 14 secoli, paragonabile al Cristianesimo e all'Ebraismo, nella sua accezione di religione.
"L'islamismo è un risultato del XX secolo, un movimento radicale, utopico e totalitario nella sua prospettiva, come il marxismo-leninismo o il nazismo. (...) I suoi maggiori successi sono stati ottenuti in Iran, in Sudan e in Afghanistan".
DOMANDA: C'è qualcosa nella stessa religione islamica che facilita questa trasformazione?
RISPOSTA: "L'Islam è la più politica delle religioni, quella più orientata al potere. Questa è un'evoluzione moderna di qualcosa che è sempre stato nell'Islam, ma lo porta a un estremo ideologico. (...) L'idea di fondo è che lo Stato creerà una società giusta e l'individuo viene sacrificato a tal fine."
DOMANDA: Qual è il fascino di questa visione islamista? Quanto è comune. Perché prospera?
RISPOSTA: "Secondo le mie stime, il 10-15 per cento della popolazione musulmana è attratta da tale visione. Emerge questo da una serie di sondaggi, di esiti elettorali e di impressioni. Il grosso problema è che negli ultimi due secoli i musulmani sono stati piuttosto deboli. Il disagio economico è soltanto parte del problema. È una grande sfida capire e porre rimedio (...). Di recente, la soluzione più popolare e più celere è stata ravvisata in questa forma di Islam militante".
DOMANDA: C'è qualcosa che gli Stati Uniti e altri Paesi occidentali possono o dovrebbero fare per affrontarlo?
RISPOSTA: "Contenimento. Questo è più o meno paragonabile alle minacce che altre ideologie totalitarie ci hanno posto. (...) Dobbiamo dire chiaramente loro che non possono attaccarci.
"Ci attaccano da oltre 20 anni. Dobbiamo mostrare loro che non è accettabile, che qualsiasi cosa ci facciano sarà più dannoso per loro che per noi. (...) Ma questa è una politica molto impegnativa".
DOMANDA: Cosa ne pensa della probabilità che negli Stati Uniti verranno compiuti ulteriori atti di terrorismo?
RISPOSTA: "Credo che il problema sia rilevante. Come abbiamo visto di recente, ci sono vaste reti di persone, innumerevoli cellule 'dormienti'. È molto probabile che ce ne saranno altri. (...)
"Quasi un migliaio di persone sono state arrestate a livello internazionale nelle ultime settimane. Per quanto ne so, è straordinario".
DOMANDA: Quali misure consiglierebbe per migliorare la sicurezza pubblica qui negli Stati Uniti?
RISPOSTA: "Sono necessarie due cose. La prima è che l'opinione pubblica comprenda che ci è stata dichiarata guerra, e che noi l'abbiamo dichiarata a nostra volta. La seconda cosa è che ci deve essere una conseguente disponibilità ad apportare cambiamenti, ad accettare le difficoltà, gli oneri, i disagi e la possibile diminuzione delle libertà civili che derivano dall'essere in guerra.
"Ci siamo abituati a vivere serenamente. Ora dobbiamo adeguarci (...) per consentire alla polizia o alle forze dell'ordine un maggior margine di azione, per tracciare profiling, che sono assolutamente fondamentali per le compagnie aeree e in altri aspetti della vita, dobbiamo adeguarci anche in fatto di immigrazione e di libertà di espressione. (...)
"Quando ci si trova in una condizione di guerra, occorre un controllo sul dibattito pubblico che non necessariamente deve sussistere in tempo di pace. Le persone devono esserne consapevoli, avere un maggiore senso di responsabilità."
DOMANDA: Quali sarebbero le Sue principali raccomandazioni per la politica statunitense all'estero? L'amministrazione Bush sembra procedere in modo appropriato?
RISPOSTA: "In primo luogo, dobbiamo capire qual è la minaccia. Credo che [l'amministrazione Bush] abbia commesso un errore a individuare nel terrorismo una minaccia Il terrorismo è un mezzo per combattere. Il nemico è l'Islam militante. Per qualche motivo, il presidente ha evitato di dirlo.
"Dobbiamo anche puntualizzare che il nemico non si limita a Osama bin Laden, ai talebani o all'Afghanistan.
"È un'ideologia internazionale e il nemico si trova dentro il nostro Paese così come fuori.
"In questo Paese, ci sono gruppi islamici militanti che devono essere sradicati".