Al direttore:
In "'Native Land Acknowledgments' Are the Latest Woke Ritual" ("Il riconoscimento della terra natia è l'ultimo rituale del politicamente corretto") (un editoriale dell'11 giugno), Eugene Kontorovich schernisce con eleganza l'emergente richiesta della Sinistra che le dichiarazioni pubbliche siano precedute da una menzione formale delle popolazioni che un tempo abitavano i nostri territori, onorando in tal modo la loro presunta superiorità morale.
Kontorovich osserva di sfuggita che "la conquista e la migrazione hanno plasmato il mondo intero". Per quanto io ne sappia, un solo Paese è stato acquistato e non conquistato. Paradossalmente, quel Paese è anche quello più accusato di aver "rubato" la terra che ora controlla. Quel Paese è Israele.
La creazione dello Stato ebraico rappresenta forse l'emigrazione interna e la creazione statale più pacifica della storia. Gli sforzi sionisti sono stati a lungo di carattere quasi esclusivamente commerciale, non militare. Gli ebrei non avevano il potere di combattere l'Impero ottomano o britannico, pertanto, acquistarono terra, acro per acro, in transazioni volontarie.
Una bandiera israeliana sventola sulla Roccia di Andromeda, nel Mar Mediterraneo, contro lo skyline di Tel Aviv. |
Solo quando gli inglesi si ritirarono dalla Palestina nel 1948, seguiti immediatamente da un tentativo a tutto campo da parte degli Stati arabi di schiacciare il nascente Stato di Israele, gli israeliani presero le armi per autodifesa e procedettero alla conquista militare della terra. A quell'epoca, tuttavia, questa eccezionale entità statuale esisteva già attraverso l'acquisto.
Daniel Pipes
Middle East Forum
Philadelphia