L'Islam come l'Ebraismo è sia una fede sia uno stile di vita, e come accaduto all'Ebraismo, negli ultimi tempi, il modo di vivere è stato fortemente ridimensionato dalle pressioni e dal fascino della modernità. In entrambe le religioni, una minoranza ortodossa si aggrappa allo stile di vita tradizionale, apportando il minor numero possibile di cambiamenti; mentre altri rinunciano del tutto a farlo; e in mezzo, altri ancora tentano di riformarlo e conciliarlo con le esigenze della vita moderna.
Senza una ragione apparente, Godfrey H. Jansen definisce gli sforzi compiuti dall'ultimo gruppo, quello dei riformatori musulmani, come "Islam militante"; la maggior parte di questo libro analizza le conseguenze della loro "disponibilità a riconsiderare l'Islam in termini moderni". Di conseguenza, nonostante il titolo Militant Islam, l'Islam militante ignora gli sforzi militari musulmani (come quelli in corso in Afghanistan e nelle Filippine); il movimento fondamentalista islamico guidato dall'Ayatollah Khomeini; i gruppi estremisti (più forti in Egitto, in Turchia e in Indonesia); e il recente tentativo dei leader musulmani di plasmare il mondo musulmano in un blocco.
Jansen si sofferma invece sul sincero tentativo dei leader, alcuni dei quali religiosi, altri, religiosi laici per i quali la religione è una fede viva e vitale, di rimodellare la loro vita pubblica e privata – politica, economia, diritto, costumi sociali – secondo i precetti della loro fede.
Prima di occuparsi dell'odierna riforma dell'Islam, Jansen affronta due argomenti preliminari, la religione dell'Islam e la sfida posta ad essa da parte dell'Europa e della modernità. Per cominciare, delinea i precetti di base dell'Islam e ne descrive alcuni dei suoi tratti più salienti, come il pellegrinaggio annuale alla Mecca, "il più grande raduno multinazionale di esseri umani sulla faccia della terra oggi"; la "semplicità e il carattere pratico e adattabile" dell'Islam; e le confraternite sufi (mistiche) che, secondo lui, hanno svolto tre compiti cruciali negli ultimi secoli:
[i sufi] hanno impedito all'Islam di diventare una dottrina fredda e formale, mantenendolo vivo come una fede intima e compassionevole; furono i principali responsabili della diffusione della fede nell'Asia orientale e nell'Africa subsahariana: e furono tra i principali leader nelle battaglie militari e politiche dell'Islam contro il potere invadente dell'Occidente cristiano.
La sfida dell'Occidente cristiano e le risposte musulmane ad essa costituiscono il secondo tema preliminare. Le attività dei missionari cristiani e il controllo politico europeo diretto sulle terre musulmane sono stati a lungo riconosciuti come minacce alla cultura musulmana. Ma più di questi, sostiene Jansen, è stata l'eliminazione colonialista dell'Islam dalle aule scolastiche a mettere in pericolo la fede. Questa politica è stata perseguita in modo più coerente in Algeria, dove i francesi hanno avuto un certo successo nello sradicare la lingua araba e nell'indebolire l'Islam.
Le sfide europee hanno costretto i musulmani a riconsiderare alcuni aspetti della loro religione, ma, sostiene Jansen, "l'Islam non sembra ancora aver trovato una risposta alla sfida globale della civiltà occidentale e della modernizzazione". Questo fallimento deriva dal fatto che fino a poco tempo la maggior parte dei leader musulmani erano o nazionalisti laici, interessati all'Islam solo per sfruttarlo a fini politici (mi vengono in mente Bhutto e Sadat), o ulema (uomini di religione musulmani) che avevano poca esperienza del mondo moderno per confrontarsi con esso.
Negli ultimi tempi, tuttavia, sono aumentati gli sforzi per rivedere l'Islam; l'ultima parte del libro esplora tali sforzi. Tra i gruppi riformisti che sono gli eroi di Militant Islam ci sono i Fratelli Musulmani in Egitto, Jama'at-i Islami di al-Maududi in Pakistan e "con qualche riserva, la Libia del colonnello Gheddafi", così come altri in Marocco, in Giordania, in Iran e in Indonesia:
Questi uomini e questi gruppi, sebbene occidentalizzati, non sono occidentalizzatori, ma modernizzatori; sebbene credenti islamici, non sono fondamentalisti, ma riformatori. (...) Ciò che li unisce è un tentativo di rendere l'Islam, che è indubbiamente vivo oggi, pertinente ai bisogni speciali odierni.
Jansen esamina con benevolenza le attività e le dottrine di questi gruppi e si assume la responsabilità di convincere i lettori occidentali che i loro sforzi sono "lodevoli o almeno comprensibili".
Jansen racchiude una grande quantità di informazioni in duecento pagine; in effetti, la ricchezza di dettagli, che spazia in tutta l'estensione del mondo musulmano, è l'aspetto più prezioso del libro. Tuttavia, non si può fare affidamento sull'abbondanza di informazioni; errori gravi e affermazioni dubbie si verificano quasi ogni pagina. Due esempi: "le guerre tra i musulmani sono state sorprendentemente poche", una bizzarra affermazione proveniente da qualsiasi persona che abbia anche solo sfogliato un libro sulla storia dei musulmani. Oppure, elencando i rovesci militari musulmani prima del 1500, Jansen ignora la catastrofe mongola del XIII secolo, quando la maggioranza dei musulmani cadde sotto il dominio straniero, con conseguenze incalcolabili per l'Islam.
La storia moderna riceve un trattamento altrettanto disinvolto. Come può "ogni singolo Stato musulmano" tranne l'Egitto essere il nemico giurato di Israele quando la Turchia mantiene relazioni diplomatiche con Israele e numerosi Paesi musulmani dell'Africa nera lo hanno fatto fino a quando gli arabi non hanno esercitato pressioni per interromperle? Come può la Palestina essere un'eccezione al modello generale di guida dei leader musulmani nella lotta contro gli europei quando Haj Amin al-Husseini, Mufti di Gerusalemme e capo del Consiglio Supremo Musulmano dal 1922 al 1937, è stato a lungo il leader arabo per eccellenza contro gli ebrei e gli inglesi? Gli ulema, ci viene detto, "sono un gruppo di uomini rispettato in ogni Paese musulmano tranne che in Turchia e forse in Afghanistan e nello Yemen meridionale"; e che dire, allora, dell'Albania e della Guinea, entrambe musulmane per due terzi, dove in uno dei due Paesi sono stati completamente eliminati e nell'altro sono stati repressi molto più duramente che in Turchia?
A un livello minore ma anche penoso, l'autore traduce costantemente male le parole arabe; forse la traduzione più divertente è "la Società dei Fratelli Musulmani", che in arabo suona come "la Rivista dei Fratelli Musulmani". Decine di piccoli errori di fatto e tipografici punteggiano le pagine del libro, minando ulteriormente la fiducia nell'affidabilità di Jansen.
Se i precedenti sono soltanto errori di fatto, le dichiarazioni più generali di Jansen sull'Islam sono ancora più inaffidabili. L'affermazione che "tutte le monarchie musulmane, qualunque siano le loro pretese di religiosità, sono state totalmente anti-islamiche" implica che l'Islam esige una repubblica e vieta il trasferimento del potere politico all'interno di una famiglia. Non solo questa è un'assurdità per l'Islam sunnita (che non ha regole per scegliere un leader), ma ignora il fatto che alcuni sciiti credono nella regalità divina (come in Yemen fino al 1962) e le loro dottrine religiose esigono il monarchismo.
Un'ultima affermazione assurda: per modernizzare l'Islam, Jansen afferma che i musulmani devono bandire il dogma secondo cui "ogni singola parola del Corano è di ispirazione divina". Eppure, i numerosi tentativi di fare proprio questo (soprattutto da parte di Taha Hussein in Egitto, un fatto di cui Jansen a quanto pare è all'oscuro) hanno incontrato un grande rifiuto, e per una buona ragione. La verità del Corano non può essere messa in discussione dai musulmani nel modo in cui ebrei e cristiani mettono in discussione la Bibbia. Il Corano è più della Bibbia; è il fatto ultimo dell'Islam, paragonabile all'Alleanza nell'Ebraismo o a Gesù nel Cristianesimo, l'elemento senza il quale semplicemente non c'è religione. Il Corano è l'Islam. Metterlo in discussione intacca le radici della fede, cosa che nessun credente può tollerare.
Jansen chiede insistentemente agli occidentali di comprendere l'Islam, ma approva l'intolleranza dei musulmani verso l'Occidente. Mentre irride come uno "stereotipo atavico" l'immagine europea del XIX secolo dei "turchi licenziosi che ciondolano nell'harem con le loro odalische", accetta l'altrettanto superficiale visione musulmana dell'Occidente "come fonte di decadenza e valori confusi".
Forse il brano più rivelatore della natura inquietante e insoddisfacente di questo libro è quello in cui Jansen esorta gli scrittori di Islam a dichiarare il loro interesse. Lo fa perché sospetta che gli studiosi che favoriscono Israele (menziona specificamente Bernard Lewis) non sono obiettivi quando si tratta di Islam. La loro presunta malizia è tanto maggiore perché nulla di esterno li tradisce:
Gli autori arabi, ovviamente, si distinguono per i loro nomi, e le loro opere tendono ad essere considerate automaticamente faziose e propagandistiche. Questo non è il caso dello scrittore israeliano o filo-israeliano: le loro [sic] opere sono accettate come il prodotto di una conoscenza oggettiva, cosa che in moltissimi casi non lo sono.
A parte il riprovevole presupposto che il sentimento pro-Israele implichi un pregiudizio contro l'Islam, questa tesi fa una strana impressione alla luce dei seguenti fatti: Godfrey H. Jansen è cittadino indiano e musulmano. È indubbiamente consapevole del fatto che il suo nome lo fa apparire britannico e cristiano, e sicuramente sa che il suo libro sarebbe stato accolto diversamente se la sua identità fosse stata rivelata, ma non fa nulla per informarne il lettore. Alla luce del brano sopra citato, il silenzio di Jansen rasenta la doppiezza.
Assorbito dagli sforzi finalizzati a conciliare l'Islam con la modernità, Jansen ignora le nuove tendenze davvero significative nell'Islam: la militanza musulmana contro i non musulmani (come in Ciad, in Libano, in Eritrea, nell'Ogaden, a Cipro, in Afghanistan, in Tailandia, nelle Filippine, nonché contro Israele e India) e la militanza musulmana contro le influenze culturali occidentali per ristabilire totalmente lo stile di vita musulmano (un movimento esemplificato dall'Ayatollah Khomeini). Un libro sui recenti cambiamenti nel mondo musulmano meriterebbe davvero il titolo di Militant Islam, ma questo purtroppo non è il libro che Jansen ha scritto.
Aggiornamento del 23 febbraio 2012 : Curiosamente, non solo Godfrey Jansen (morto nel 1998) ha nascosto la sua identità musulmana, ma anche la sua vedova, Michael E. Jansen, giornalista di lunga data dell'Irish Times in Medio Oriente. Che coppia penosa.