Che sia avvenuta una rinascita islamica non può essere dato per scontato. Con l'ascesa dell'Ayatollah Khomeini nel 1978-1979, il ruolo dell'Islam negli affari pubblici ha attirato molta attenzione internazionale; se sembra esserci un consenso generale sul fatto che negli ultimi anni si sia verificata una crescita del sentimento islamico, alcuni esperti di Islam contestano questa convinzione [a]. Questi esperti sostengono, a ragione, che la crescente preoccupazione per le forniture di petrolio e per i mercati dell'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) ha indotto il mondo esterno a rilevare con un interesse senza precedenti la fede dei musulmani. A loro avviso, una nuova attenzione, non una nuova attività tra i musulmani, segna l'ascesa dell'Islam. Per decidere se esiste una rinascita islamica, bisogna iniziare col definire che cosa essa sia: soltanto così sarà possibile stabilire se è avvenuta di recente e, in caso affermativo, indagarne le cause.
Definizione di rinascita islamica
La rinascita islamica è intesa come un aumento dell'attivismo islamico. Proprio come lo spiritualismo e la teoria di ogni religione sono peculiari, così il suo attivismo assume forme particolari. Il modo in cui i musulmani di oggi agiscono in nome della loro fede differisce fondamentalmente, ad esempio, da ciò che fanno le loro controparti cristiane. I cristiani dimostrano devozione e fedeltà partecipando alle funzioni religiose, facendo donazioni alla chiesa, impegnandosi nel lavoro missionario e aderendo all'etica dell'amore. Al contrario, l'attivismo musulmano implica quasi sempre lavorare per gli obiettivi della shari'a , la legge sacra dell'Islam [b]. La shari'a, una struttura giuridica senza equivalenti nel Cristianesimo, è quindi la chiave per comprendere l'attivismo islamico [c].
L'Islam chiede ai suoi credenti di seguire i dettami della shari'a nei minimi dettagli. Sviluppatosi tra il VII e il X secolo, la legge sacra dell'Islam si basa sia sui comandamenti coranici sia su altre fonti (in particolare, i detti e i fatti attribuiti al profeta Maometto, il ragionamento per analogia e il consenso degli studiosi musulmani). Un musulmano devoto non fa quasi una mossa senza confrontarsi con i precetti della shari'a; tali precetti riguardano gran parte della sua routine quotidiana, comprese le sue abitudini alimentari e le sue relazioni familiari e sociali. Nella sfera pubblica, si applicano alla tassazione, ala giustizia, all'autorità politica e alla guerra. Idealmente, la shari'a dovrebbe permeare la mente e le azioni di un musulmano. Tra i musulmani attivisti, fa proprio questo.
Lo Stato ha un ruolo importante nel trasmettere gli obiettivi della shari'a. Tradizionalmente, i musulmani hanno considerato il loro governo principalmente come un veicolo per l'attuazione della shari'a; la sua legittimità derivava dal far rispettare i dettami dell'Islam. In teoria, il governante deve dispensare punizioni come prescritto nei libri di legge, riscuotere tasse coraniche e rispettare l'autorità sovrana degli esperti giuridici che interpretano la shari'a. Deve anche proteggere i sudditi musulmani dai non musulmani; quindi, in determinate circostanze specifiche, i governanti musulmani hanno il dovere di fare la guerra, ma non devono mai combattere contro i fratelli musulmani.
Questi requisiti sono troppo esigenti: nessuna comunità musulmana ha mai mantenuto appieno l'osservanza delle disposizioni pubbliche della shari'a. I precetti islamici che riguardano la vita privata sono in effetti osservati sostanzialmente, ma quelli che riguardano la vita pubblica lo sono meno. Gli obiettivi pubblici dell'Islam ispirano e attirano, ma non sono mai stati pienamente raggiunti. Gran parte della storia politica musulmana dovrebbe essere vista alla luce di questi obiettivi non raggiunti [d].
I governanti troppo poco interessati ai precetti islamici devono essere convinti a cambiare le loro abitudini, altrimenti saranno cacciati via. In sostanza, i governanti non musulmani non considerano la shari'a un precetto divino (anche se possono rispettare alcuni dei suoi dettami per loro convenienza), e quindi devono essere sostituiti da omologhi musulmani.
E questo è maggiormente necessario quando essi governano cittadini musulmani. Da ciò ne consegue l'intervento degli attivisti musulmani, i quali esercitano pressioni sui governi musulmani affinché applichino la shari'a oppure combattono contro i governi (musulmani e non) che si rifiutano di attuarla.
In un contesto esclusivamente musulmano, i movimenti vengono chiamati legalisti (l'applicazione della legge è la loro preoccupazione immediata) e quelli diretti contro i non musulmani vengono definiti autonomisti (per loro, è fondamentale mettere il potere politico nelle mani dei musulmani). Dividere i movimenti musulmani in questo modo è alquanto erroneo, poiché essi contengono tutti alcuni elementi sia di legalismo sia di autonomismo; tuttavia, la distinzione è analiticamente utile, poiché nella maggior parte dei movimenti l'uno o l'altro di questi ha più importanza. Predomina il legalismo dove i non musulmani non hanno un ruolo sostanziale, l'autonomismo dove le lotte contro i non musulmani non sono accompagnate da tentativi di applicare la shari'a. Il legalismo attacca gli usi e i costumi non islamici., che siano basati sulle tradizioni o che siano occidentali; l'autonomismo attacca il potere non musulmano, detenuto dalle tribù pagane o dall'Impero britannico [e]. Spesso i due elementi esistono contemporaneamente, a volte in proporzione abbastanza uguale. Ad esempio, entrambi sono oggi forti nel governo libico di Mu'ammar Gheddafi, tra i Fratelli Musulmani d'Egitto, nei gruppi che hanno attaccato la Grande Moschea della Mecca, nella rivoluzione di Khomeini e nei movimenti dakwah malesi.
Legalismo e autonomismo incarnano gli imperativi permanenti dell'Islam, ispirando tutti i musulmani attivisti tradizionali (i gruppi marginali vanno in direzioni imprevedibili) [f]. Impongono agli attivisti musulmani una visione del mondo nettamente duale, riducendo tutto all'Islam o alla sua antitesi. Le tasse, ad esempio, si dividono in quelle previste dalla shari'a e quelle non sancite (maks); la carne contempla quella macellata ritualmente e quella no (mayta); il territorio va considerato in base al fatto che un'area sia governata da musulmani (Dar al-Islam) o meno (Dar al-Harb); i non musulmani si dividono in quelli sotto il controllo musulmano (dhimmi) o meno (harbis). Gli attivisti hanno obiettivi semplici: combattono per l'Islam e contro il non-Islam; più estremiste sono le loro opinioni, più semplice rendono questa dicotomia.
Negli ultimi due secoli, la superiorità europea in quasi tutti gli ambiti dell'attività umana ha convinto molti musulmani ad adottare costumi occidentali. Impressionati dalla ricchezza e dal potere dell'Europa, essi speravano che emularla avrebbe dato loro parte della sua forza. L'Islam, fino a quel momento l'unica ideologia politica dei musulmani, si è trovato ad affrontare un rivale con obiettivi spesso contrari a quelli della shari'a. Il nazionalismo, che pone l'accento sulla fedeltà territoriale, e il laicismo, che riduce la religione alla fede, hanno marginalizzato la shari'a nella maggior parte dei Paesi musulmani. Quasi tutti gli Stati musulmani indipendenti hanno mantenuto le istituzioni occidentali create dai regimi coloniali e i loro leader, come gli amministratori coloniali prima di loro, in buona parte hanno considerato le tradizioni islamiche non favorevoli alla modernizzazione.
Sebbene la fede islamica non abbia mai perso la sua presa, lo stile di vita della shari'a si è indebolito drasticamente in duecento anni di occidentalizzazione. Solo una piccola parte delle élites politiche musulmane si è attenuta alla shari'a; la stragrande maggioranza voleva ridurre il ruolo dell'Islam nell'arena pubblica. Poi, intorno al 1970, gli obiettivi della shari'a acquisirono nuovo vigore.
Le attività islamiche negli anni Settanta
I movimenti legalisti e autonomisti esistevano prima del 1970, ma con solo un decimo della loro forza successiva. Durante i dieci anni precedenti il 1970, non sorse nessun grande movimento legalista; i movimenti autonomisti erano di poco più prevalenti. Nel 1965, il curatore di un volume contenente gli atti di una conferenza sull'Islam nella politica internazionale concluse che "la maggior parte dei principali relatori sosteneva che l'Islam ha in realtà un significato piuttosto limitato nel plasmare gli atteggiamenti e il comportamento degli Stati musulmani nelle relazioni internazionali di oggi" [1]. Pochi sarebbero più d'accordo con questa affermazione e in questo risiede la rinascita islamica. La prova viene da tutte le parti del mondo musulmano [2].
Il legalismo
In Senegal, lo sceicco Abdoulaye Niasse, leader dell'ordine sufi di Tijaniya, organizzò il partito islamico. Rivendicando 300 mila membri chiese un immediato ritorno alla shari'a e un allontanamento dall'Occidente. Il governo della Mauritania iniziò ad applicare la shari'a nel 1978. Sempre nello stesso anno, 87 membri musulmani del Parlamento nigeriano, l'Assemblea costituente, si ritirarono per protesta contro una sentenza dell'organismo contro una Corte d'Appello della shari'a a livello federale provocando un grave incidente politico. I seguaci di Alhaji Muhammadu Marwa, a Kano, hanno applicato con zelo la shari'a; all'inizio del 1981, hanno attirato l'attenzione internazionale, quando migliaia di loro sono stati uccisi in battaglie campali contro l'esercito. In Marocco, i sentimenti islamici sono cresciuti negli ultimi anni. Ha preso piede un ramo dei Fratelli Musulmani e la sua azione più plateale fu l'assassinio nel 1975 di un leader socialista. Nel 1976, la Carta Nazionale dell'Algeria fece dell'Islam la religione di Stato e la base di alcune leggi. In Tunisia, la Società per la Conservazione del Corano conquistò un gran numero di nuovi membri negli anni successivi al 1970 e ora gestisce molti programmi culturali, guida le attività di relazioni pubbliche ed esercita pressioni sul governo affinché si conformi alla shari'a.
Subito dopo che Mu'ammar al-Gheddafi salì al potere in Libia, l'1 settembre 1969, iniziò a sostituire le leggi italiane con quelle del Corano. Nonostante tutta l'attenzione che ha ricevuto il taglio delle mani per i criminali, in Libia, sono di fatto in vigore pochissime leggi islamiche; in effetti, i cambiamenti meno celebrati in Algeria, in Sudan e in Somalia sono stati di più vasta portata. In Egitto, negli anni Settanta, molti gruppi orientati alla shari'a crebbero in modo significativo, in particolare i Fratelli Musulmani. Essi hanno esercitato pressioni sul governo affinché riapplicasse numerose norme della shari'a, in particolare quelle che riguardano lo status personale. Nel 1970, il governo sudanese di Ja'far al-Numayri bombardò la sede dell'Ansar, il partito musulmano che affonda le sue radici nel Mahdi di fine Ottocento; da 5 mila a 12 mila Ansar furono uccisi. Questi e altri gruppi musulmani sei anni dopo tentarono un colpo di Stato contro Numayri. Nel 1977, venne riconosciuta la loro forza con la firma di un accordo di riconciliazione nazionale, che portò al-Sadiq al-Mahdi, guida degli Ansar e a capo del partito Umma, a tornare in Sudan. Il leader dei Fratelli Musulmani, successivamente nominato procuratore generale, ha imposto norme islamiche ove possibile.
Sebbene i governanti dell'Arabia Saudita siano orgogliosi della loro pura e coerente devozione alla shari'a, le persone che invasero la Grande Moschea alla Mecca, nel novembre 1979, la pensavano diversamente. Tra le altre richieste, c'era la piena applicazione della shari'a, rifiutando l'evirazione che aveva subito negli ultimi decenni. Nell'aprile del 1981, diversi fatti hanno segnato una forte svolta verso l'Islam negli Emirati Arabi Uniti: in un nuovissimo hotel di lusso di Dubai è esplosa una bomba in segno di protesta contro la vendita permissiva di alcolici; è stata decretata la completa separazione tra i sessi in tutte le scuole degli Emirati Arabi Uniti; e un tribunale della shari'a di Abu Dhabi ha ordinato punizioni islamiche complete per due adulteri (sentenziando la morte per lapidazione). Gli attivisti musulmani hanno ottenuto significativi consensi nelle elezioni kuwaitiane del febbraio 1981. I Fratelli Musulmani giordani hanno sfruttato l'occasione di uno scandalo sessuale nelle alte sfere per spingere la loro visione e ottenere una visibilità senza precedenti. In Siria, alla fine degli anni Settanta, i Fratelli Musulmani divennero l'opposizione centrale al governo Ba'th, opposizione che culminò nel quasi rovesciamento del governo nell'estate del 1980. Essi spaventarono così tanto lo Stato che il semplice sospetto di appartenenza ai Fratelli Musulmani fu dichiarato un crimine passibile di pena di morte.
Nonostante la quasi sacralità dell'eredità laicista di Atatürk, il Partito della Salvezza Nazionale della Turchia è prosperato dall'inizio degli anni Settanta con un programma finalizzato a riportare l'Islam nella vita pubblica. Ha ottenuto la rappresentanza parlamentare e ha fatto parte di tre coalizioni di governo tra il 1974 e il 1977. Dopo che l'esercito ha preso il potere nel settembre 1980, i militari hanno accusato i leader del partito della Salvezza Nazionale di aver tentato di creare uno Stato islamico e li ha perseguitati.
L'Iran ha vissuto l'esperienza più drammatica del secolo con il legalismo. Per un periodo ha avuto un governo occidentalizzato nelle mani di uno Scià, il quale sperava di utilizzare le tecniche occidentali per fare dell'Iran una potenza industriale e militare; poi, successivamente, un leader religioso fanatico ha rimpiazzato tale governo, determinato a reimporre e applicare integralmente la shari'a, senza alcun indugio. Gli iraniani hanno sostenuto Khomeini come simbolo di opposizione allo Scià, non necessariamente perché hanno accettato le sue idee. Tuttavia, una volta che Khomeini prese il controllo nel febbraio 1979, il suo programma incontrò poca resistenza. Il dramma dell'esperienza iraniana e la completezza del programma di Khomeini hanno reso l'Iran il Paese chiave per il legalismo. Il modo in cui le cose andranno là influenzerà profondamente i movimenti altrove; se l'impresa islamica dell'Iran fallisce, i movimenti legalisti contemporanei nel mondo perderanno il loro modello più celebrato e l'ispirazione.
Con mosse accurate, la Jama'at-i Islami, in Pakistan, ha portato avanti alcuni dei suoi programmi preferiti, come la modifica della Costituzione secondo linee islamiche; dichiarando non musulmani gli Ahmadi, un gruppo scissionista dell'Islam, e rendendo punibili alcuni reati, secondo i dettami della shari'a. Il Pakistan è oggi uno dei pochissimi Paesi, oltre all'Arabia Saudita e alla Libia, che frusta i criminali e amputa loro le mani. È anche all'avanguardia negli sforzi per abolire l'interesse; i depositi bancari investiti in schemi di condivisione di profitti e perdite non maturano interessi, ma ottengono una parte degli utili o dei disavanzi della banca. Lo Stato pakistano è il primo nella storia moderna a richiedere contributi zakah (normalmente tali donazioni caritatevoli sono volontarie) e a raccoglierli. Il Consiglio dell'Ideologia islamica coordina queste attività.
Dopo essere salito al potere nel 1978, Mahmood Abdul Gayoom ha dato alla vita pubblica delle Maldive un nuovo tono islamico. Studioso dell'Islam che ha studiato al Cairo e ha insegnato in Nigeria, Gayoom ha ribaltato le politiche laiciste di molti decenni; ad esempio, è diventato il primo capo di Stato delle Maldive in oltre otto secoli a guidare le preghiere islamiche.
Quando Ziaur Rahman prese il potere in Bangladesh nel 1975, portò uno spirito islamico al governo, e parlò di applicare le norme della shari'a. In Malesia, un gran numero di gruppi dakwah esortano i musulmani a vivere secondo la shari'a. In fieri, il più potente di questi gruppi è il Movimento dei Giovani Musulmani della Malesia fondato nel 1971 da Anwar Ibrahim. In Indonesia, il legalismo ha compiuto progressi negli ultimi anni e il governo di Suharto ha adottato misure per adattarlo (ad esempio, vietando il gioco d'azzardo a Giacarta). Tuttavia, gli attivisti non hanno iniziato a contestare la Costituzione decisamente laicista dello Stato.
L'autonomismo
Partendo dall'Occidente, la prima priorità di Gheddafi nel prendere il potere in Libia nel 1969 fu quella di eliminare dal suo Paese le basi militari statunitensi e britanniche: chiusero pochi mesi dopo. Gheddafi si oppone con veemenza a qualsiasi interferenza non musulmana con la sovranità musulmana. Sotto la sua guida, la Libia è diventata un potente agente internazionale dell'autonomismo islamico. In Egitto, i Fratelli Musulmani temono da tempo il dominio dei non musulmani autoctoni e stranieri. Alla fine degli anni Settanta, hanno sostenuto leggi che hanno suscitato timori tra la comunità copta (cristiana) e hanno provocato, in parte, il deterioramento delle relazioni tra musulmani e cristiani. I Fratelli Musulmani si sono inoltre opposti fermamente alla pace con Israele e alla presenza militare statunitense in Egitto.
La guerra civile in Ciad iniziò nel 1966 quando i musulmani del nord si ribellarono al governo centrale dominato da cristiani e animisti del sud. Questo conflitto divenne più complicato nel 1972 quando l'intervento libico alterò le divisioni politiche, offuscando il conflitto tra musulmani e non musulmani. All'inizio del 1981, Gheddafi, in alleanza con un gruppo di musulmani, ha ottenuto un certo controllo sull'intero Paese. In Uganda, le politiche di Idi Amin hanno portato a un aumento di dell'attivismo musulmano. Amin ha nominato un numero crescente di funzionari musulmani e le attività culturali e sociali islamiche sono state potenziate.
L'Etiopia fa fronte a una ribellione musulmana nel deserto dell'Ogaden, popolato da somali che vogliono che la regione diventi parte della Somalia. La Somalia a sua volta rivendica l'Ogaden e aiuta gli insorti che combattono le forze armate etiopi in quella regione.
Gli stretti legami dell'Arabia Saudita con l'Occidente sono stati attaccati dagli assedianti della Mecca: loro e altri autonomisti rifiutano di riconoscere agli Stati Uniti un ruolo chiave nelle finanze e nella difesa del Paese. Israele ha assistito a un aumento del sentimento islamico sia tra i suoi cittadini arabi, coloro che sono rimasti lì dal 1948, sia tra la popolazione araba della Cisgiordania e di Gaza. Nel febbraio 1981, le autorità israeliane hanno sciolto un gruppo di arabi israeliani ispirato da un'ideologia musulmana autonomista.
In Jugoslavia, i musulmani bosniaci hanno espresso un tale interesse per le attività rappresentate dall'Ayatollah Khomeini che il presidente Tito ha visitato la loro regione e ha messo in guardia da "misure severe" contro qualsiasi tentativo di raggiungere obiettivi politici islamici. All'inizio dell'aprile 1981, i musulmani albanesi che vivono nella provincia del Kosovo della Jugoslavia hanno organizzato violente manifestazioni chiedendo autonomia e persino unità con l'Albania. All'inizio degli anni Settanta, le relazioni tra i turchi e i greci a Cipro si deteriorarono a tal punto che i turchi si ribellarono e (con l'aiuto dell'esercito della Repubblica di Turchia) ottennero la propria autonomia nel 1974. Allo stesso modo, in Libano, la persistente superiorità politica cristiana ha contribuito allo scoppio di una guerra civile. Il Fronte Nazionale, un'organizzazione a maggioranza musulmana, si ribellò contro i cristiani dominanti, portando tra il 1975 e il 1977 a una sanguinosa guerra civile che non è ancora del tutto conclusa. Nel 1980, in Siria, i gruppi islamici hanno intensificato le loro attività contro il regime e ad Aleppo è quasi scoppiata una guerra civile. Uno degli obiettivi degli attacchi del gruppo musulmano erano i consiglieri militari sovietici.
Sebbene le tensioni autonomiste nella rivoluzione iraniana siano spesso trascurate, furono importanti per l'ascesa di Khomeini quanto lo fu il legalismo. Khomeini sosteneva che lo Scià aveva occupato il trono dal 1953, al servizio degli Stati Uniti come loro fantoccio, e che gli USA avevano di fatto posto l'Iran sotto il dominio non musulmano. Pertanto, Khomeini dichiarò che lo Scià era un traditore dell'Islam, un'affermazione che ha avuto un effetto importante nel galvanizzare il sostegno alla rivoluzione.
Le notizie sul dissenso musulmano in Unione Sovietica sono frammentarie e poco convincenti, ma anche lì ci sono segnali di fermento. I 45 milioni di musulmani sotto il dominio sovietico sono l'unica grande popolazione islamica ancora parte di uno Stato europeo e finiranno per rendersi conto di questo. Sono trapelate le notizie sul ruolo dell'Islam in Iran e, cosa ancora più importante, sentire parlare di sovietici che uccidono musulmani in Afghanistan ha stimolato sentimenti autonomisti.
I combattimenti in Afghanistan sono iniziati come legalismo in una lotta tra gli afgani sulla natura del loro governo. Dall'intervento sovietico nel dicembre 1979, il conflitto ha sempre più contrapposto gli autonomisti musulmani ai sovietici. Quasi tutti i gruppi di mujaheddin hanno nomi islamici. Dalla guerra del 1971-1972, i rapporti del Pakistan con l'India hanno assunto un tono più musulmano. All'interno dell'India, la minoranza musulmana è diventata più decisa e unita; soprattutto dal 1979 una serie di rivolte ha dimostrato la riluttanza della minoranza ad aderire all'interferenza indù. In modo più plateale, nel Kashmir, una regione rivendicata sia dal Pakistan sia dall'India, i musulmani locali, a metà del 1980, hanno espresso pubblicamente per la prima volta la loro solidarietà al Pakistan.
La Birmania ha un'organizzazione autonomista musulmana in embrione nel Fronte Patriottico Rohingya, musulmani alienati che sono stati cacciati dalla loro patria. La minoranza musulmana thailandese nell'estremo sud ha organizzato diversi gruppi ribelli, in particolare la Pattani United Liberation Organization, che dal 1975 combatte il governo centrale guidato dai buddisti. Allo stesso modo, nelle isole meridionali delle Filippine, i gruppi musulmani guidati dal Fronte di Liberazione Nazionale Moro, iniziarono a lottare nel 1972 per l'autonomia, forse per l'indipendenza. Sebbene i Moro abbiano avuto un ampio sostegno musulmano internazionale, hanno però ottenuto poche concessioni dal governo di Ferdinand Marcos.
In Malesia, le relazioni tra i musulmani malesi e i non musulmani (per lo più di origine cinese, ma inclusi anche indiani indù e tribù pagane) sono state tese a causa dei tumulti interni del 4 maggio 1969. Nel decennio successivo, nacquero numerosi gruppi musulmani che intendevano ottenere un controllo musulmano unilaterale, ma fino ad ora l'Organizzazione Nazionale dei Malesi Uniti ha continuato a condividere il potere politico con i partiti cinesi e indiani.
Il sentimento islamico è cresciuto anche in Paesi lontani dalle roccaforti islamiche. Il legalismo estremista si è sviluppato tra i molti turchi che vivono nella Germania occidentale (che per anni hanno contato più di un milione di persone). Le autorità tedesche sono preoccupate per la violenza tra di loro, e già un turco di Sinistra, un insegnante, è stato assassinato. Una comunità di musulmani convertiti sta crescendo rapidamente in Corea del Sud, come dimostrano la costruzione di moschee e il Korea Islamic College. Negli ultimi anni, negli Stati Uniti, si è organizzata politicamente una popolazione musulmana estremamente varia (composta prevalentemente da neri e sud-asiatici).
Le cause della rinascita
Cosa ha spinto i musulmani a rivolgersi sempre più all'Islam come legame politico e ideale sociale? Nonostante gli innumerevoli articoli di giornale su questo argomento e un discreto interesse accademico, poche analisi hanno incluso l'intera rinascita islamica; la maggior parte guarda solo ai singoli Paesi. Per quanto preziose siano, fanno poco per spiegare le correnti esistenti nell'intero mondo musulmano. Proprio come le cause di sviluppi internazionali come il terrorismo o l'inflazione non possono essere individuate senza una visione globale della politica e dell'economia, così una spiegazione della rinascita islamica internazionale richiede un'ampia prospettiva. Non basta cercare elementi comuni in Paesi disparati e combinarli in uno schema. Se una motivazione può spiegare la crescita dei sentimenti musulmani durante gli anni Settanta in Paesi così diversi come la Nigeria, la Libia, e le Filippine, deve soffermarsi sul mondo musulmano nel suo insieme. La rinascita islamica è più della somma degli eventi nei singoli Paesi. Quali sono le maggiori correnti di cambiamento che colpiscono collettivamente questi Paesi?
La spiegazione più accreditata sottolinea il fallimento dell'ideologia occidentale. R. Hrair Dekmejian sostiene questo in modo persuasivo in "The Anatomy of Islamic Revival". Durante il XIX e il XX secolo, i musulmani abbandonarono i costumi e gli obiettivi politici islamici, quando l'Occidente godeva del potere predominante. Più recentemente, tuttavia, non soltanto l'Occidente ha perso gran parte del suo vecchio potere, ma i costumi occidentali non sono riusciti a fornire ai musulmani le necessità primarie della vita pubblica: stabilità politica, giustizia sociale ed economica e successo militare.
Alla fine degli anni Sessanta, a causa della confluenza di questi fattori catalitici, una situazione di crisi multidimensionale stava colpendo i Paesi arabi e islamici, e tale crisi continua a dominare la loro odierna vita sociale e politica. Per affrontare la situazione di crisi, le élites e le contro-élites hanno proposto e spesso implementato una varietà di approcci che vanno dal totalitarismo comunista, ai sistemi di socialismo di Stato, di capitalismo misto e teocratico. Pertanto, l'alternativa islamica e le sue varianti costituiscono solo uno di questi approcci alla gestione delle crisi.
Nella loro ricerca di soluzioni, i leader dei Paesi musulmani hanno provato un'ampia varietà di alternative. L'Islam è solo uno di questi, eppure ha un fascino crescente. Offre risposte chiare e sicure ai problemi che i musulmani devono affrontare con maggior sagacia. Pertanto, "l'Islam sembra fornire a un numero crescente di musulmani delusi un'alternativa politica pratica, nonché una nicchia spirituale sicura e un'ancora psicologica in un mondo turbolento".
Sebbene l'argomentazione di Dekmejian abbia una palese verità, non spiega perché attualmente i musulmani si rivolgano all'Islam. Le ideologie occidentali li hanno delusi peggio di prima? Tale argomentazione appare insostenibile: molti musulmani stanno assistendo a un aumento del potere politico e di ricchezza senza precedenti nella storia moderna. Mentre alcuni Paesi hanno subito gravi tensioni negli anni Settanta (ad esempio, la Somalia, il Libano, la Turchia, l'Iran e l'Afghanistan), altri si sono stabilizzati dopo anni di tumulti (ad esempio la Nigeria, il Sudan, la Siria, l'Iraq e l'Indonesia). Il sistematico rilevamento di disordini politici e sociali non mostra un notevole incremento degli sconvolgimenti dopo il 1970.
Forse, allora, il passare del tempo ha aggravato le cose? Il dominio coloniale nella maggior parte dei Paesi musulmani è terminato tra la fine della Seconda guerra mondiale e il 1961. Indipendenti ormai da alcuni decenni, forse sono diventati più impazienti di fronte ai limiti delle ideologie occidentali? Ma i contatti dei Paesi musulmani con il colonialismo non hanno uno schema cronologico; alcuni Paesi non sono mai caduti sotto il dominio europeo (ad esempio, la Turchia, l'Iran e l'Afghanistan), mentre altri rimangono governati da non musulmani (soprattutto in Unione Sovietica). Queste variazioni sono semplicemente troppo ampie per trovare un ritmo.
Alcuni collegano la rinascita islamica al conflitto arabo-israeliano, la causa autonomista musulmana più visibile della passata generazione. Raphael Israeli sostiene che la ricerca interiore che seguì al crollo degli eserciti arabi nella guerra del giugno 1967 e il successivo tentativo di islamizzare il conflitto coinvolgendo altri Paesi musulmani (soprattutto la Turchia e l'Iran) diede impulso a "un rinascente senso di identità islamica internazionale. Un incendio scoppiato nella moschea di al-Aqsa nell'agosto del 1969 rafforzò questo senso di identità e un mese dopo portò alla convocazione della Conferenza islamica, un'organizzazione che ha dato all'Islam una voce internazionale. Poi, la fiducia musulmana, già acquisita, aumentò vertiginosamente alla fine del 1973. Il successo militare arabo nell'attraversamento del Canale di Suez, l'improvviso quadruplicamento dei ricavi della vendita di petrolio e l'embargo petrolifero dettero ai musulmani un senso di potere senza precedenti nei tempi moderni. Questo è il punto da sottolineare: le numerose ramificazioni del boom dell'OPEC iniziato alla fine del 1970 e che continua costantemente.
Le attività della Libia e dell'Arabia Saudita
L'aumento del prezzo del petrolio colpisce tutti, ma quasi soltanto i musulmani ne traggono vantaggio. È così, ad Aberdeen, in Alberta e in Alaska si stanno verificando boom petroliferi minori. È vero, la maggior parte dei musulmani paga prezzi elevati per il proprio petrolio. I musulmani, tuttavia, monopolizzano di fatto l'esportazione di petrolio. L'OPEC ha 13 membri, tutti tranne 2 dei quali (Venezuela ed Ecuador) sono governati da musulmani. Otto sono Paesi musulmani del Nord Africa (Algeria e Libia) e del Golfo Persico (Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Iraq e Iran); l'Indonesia ha una popolazione musulmana del 90 per cento; la Nigeria, dove circa la metà della popolazione è musulmana, nel 1980, aveva un presidente musulmano; e sebbene la popolazione musulmana del Gabon sia minuscola, il suo presidente si è convertito all'Islam nel 1973. Inoltre, numerosi altri Stati musulmani (Tunisia, Egitto, Siria, Oman, Bahrain, Malesia, e Brunei) guadagnano in modo significativo dalle esportazioni petrolifere.
Il boom delle esportazioni di petrolio ha causato, più di ogni altra cosa, la recente rinascita islamica. Il controllo del petrolio ha portato nuova ricchezza e potere, migliorando notevolmente l'immagine di sé dei musulmani. Per tanto tempo i musulmani sono stati poveri e deboli; oggi, una parte altamente visibile del mondo musulmano gode di una ricchezza e di un'influenza senza precedenti. Inoltre, queste massicce infusioni di ricchezza petrolifera hanno profondamente sconvolto la vita normale, inducendo i musulmani a rivolgersi a qualcosa loro familiare: l'Islam. Questi sviluppi generali sono stati discussi altrove [g]; questa discussione si concentra su una dimensione del boom petrolifero: come due Paesi, l'Arabia Saudita e la Libia, aiutano le cause islamiche negli Stati arabi.
Ciascuno di questi due Paesi ha una lunga eredità di azione politica islamica. Il movimento wahhabita d'Arabia nacque nel 1745; il movimento Senussi raggiunse la Libia nel 1841. Entrambi contenevano potenti elementi legalisti e autonomisti; in effetti, i wahhabiti furono probabilmente i legalisti più fanatici e influenti nella storia dell'Islam. Sebbene questi movimenti abbiano perso il loro fervore con il tempo, arabi e libici sono abituati da tempo a esercitare un'influenza sui musulmani stranieri sproporzionata rispetto al loro piccolo numero e alle loro culture semplici. I wahhabiti si espansero dalla loro piccola area nel Najd per controllare la vasta area dell'attuale Arabia Saudita; cercarono di spingere la loro visione dell'Islam in tutte le altre regioni della Penisola arabica e in passato sono persino arrivati militarmente nella Mezzaluna Fertile. I Senussi non vedevano la Libia come la loro unica casa e tentarono di espandersi a sud e ad ovest. Sebbene Gheddafi abbia rovesciato i Senussi nel 1969, la Libia porta ancora fortemente l'impronta della loro influenza.
Arabia Saudita e Libia hanno relazioni complesse. Le loro politiche estere, che operano in ambito arabo, islamico e internazionale, occasionalmente coincidono, ma in genere sono in conflitto. Nella politica intra-araba, i due Paesi sono sempre in disaccordo; mentre i sauditi perseguono la tranquillità araba come la migliore garanzia della propria stabilità, Gheddafi pungola e disturba, non temendo per il suo regime, ma portando aggressivamente la battaglia altrove.
Anche a livello internazionale sono in disaccordo. Il governo saudita è allineato da decenni con gli Stati Uniti; afferma che il comunismo è antitetico all'Islam e vede gli Stati Uniti come la sua migliore difesa. Nonostante le sue stesse riserve sui comunisti, Gheddafi ha ricevuto da loro un sostegno politico e militare quasi illimitato; nel 1975, la Libia cooperava strettamente con l'Unione Sovietica. Entrambi questi Paesi sono importanti negli attuali piani delle superpotenze. L'Arabia Saudita esporta molte volte più petrolio di qualsiasi altra nazione, ha immense riserve e si trova a cavallo di molte delle regioni più vitali del mondo. Anche la Libia ha una posizione chiave, essendo vicina all'Europa, al Medio Oriente e all'Africa, con porti sul Mediterraneo; l'Unione Sovietica probabilmente dipenderà fortemente da essa per il supporto logistico nei conflitti in una qualsiasi di queste aree.
Anche i due Paesi affrontano le cause islamiche in modo diverso, eppure, qui spesso lavorano in tandem. Rimangono differenze di temperamento e di natura ideologica, ma i loro obiettivi sono compatibili: entrambi sostengono con fervore i movimenti legalisti e autonomisti. I Saud [la dinastia saudita] di solito aiutano i governi ed esercitano pressioni su di loro per favorire l'Islam; Gheddafi, in genere, sostiene i gruppi islamici all'opposizione. Tra l'incudine saudita e il martello libico, molte comunità musulmane si sono mosse sensibilmente verso l'Islam.
Quasi ogni Stato arabo è stato oggetto di un intenso interesse saudita o libico. Quanto segue esamina le loro attività, da ovest a est, nei Paesi membri della Lega Araba. La svolta della Mauritania verso l'applicazione della legge islamica iniziò con la caduta di Mochtar Ould Daddah. Spiegando che "la difesa dell'Arabia Saudita inizia sulle rive dell'Atlantico", la leadership saudita aveva sostenuto i suoi sforzi militari nel Sahara occidentale, dove Mauritania e Marocco stavano combattendo contro l'Algeria. I sauditi sono stati coinvolti anche in numerosi progetti non militari in Mauritania. Ma all'inizio del 1978 i sospetti sauditi sull'utilizzo dei loro finanziamenti li portarono a ridurre i loro aiuti; nel giugno di quell'anno, Ould Daddah, timoroso del crescente malcontento tra i suoi ufficiali militari che dovevano ancora percepire stipendi arretrati, attendeva disperatamente la piena ripresa degli aiuti. Il denaro finalmente arrivò a metà luglio, ma troppo tardi, perché il vecchio Daddah era stato rovesciato il 10 di quel mese.
Durante l'ultimo mese del suo governo, Ould Daddah fece della shari'a la base della legge mauritana e dichiarò che il Paese sarebbe presto diventato una repubblica islamica. Questi erano i tentativi finali e disperati di estorcere denaro ai suoi due principali donatori, Arabia Saudita e Libia. Un importante funzionario mauritano si recò in visita a Tripoli il giorno in cui furono annunciate queste misure. La stampa saudita rese note queste intenzioni mauritane con commenti favorevoli. I successivi governanti mauritani portarono avanti tali intenti, sperando ancora che avrebbero ottenuto finanziamenti sauditi e libici. Nel maggio del 1980, furono istituiti i tribunali della shari'a del rito Maliki e presto seguirono l'introduzione delle esecuzioni capitali islamiche e il taglio delle mani ai ladri.
In Algeria, dopo il 1974, il secolarismo socialista si indebolì e vennero alla ribalta i simboli islamici: il venerdì sostituì la domenica come giorno di riposo e la campagna per rimpiazzare le insegne e i cartelli scritti in francese con quelli in arabo divenne una politica del governo. Si dice che l'influenza libica sia stata un fattore alla base di questi cambiamenti. Si pensa che i Fratelli Musulmani tunisini (propriamente, il Movimento per il Rinnovamento dell'Islam) ricevano finanziamenti sia dall'Arabia Saudita sia dalla Libia; stando inoltre a quanto riportato, tuttavia, si anatemizza Gheddafi, definendolo un "ateo, un miscredente, un agente del comunismo, un traditore del Profeta".
Nei primi quattro anni dopo la sua salita al potere, Gheddafi fece del suo meglio per cooperare con l'Egitto, sperando alla fine di unificare i due Paesi. L'apice del coinvolgimento libico arrivò nel giugno 1973, quando Gheddafi fece una straordinaria visita di 18 giorni in Egitto promuovendo una "rivoluzione culturale", secondo le linee annunciate solo due mesi prima per la Libia. Un elemento fondamentale di questo fu un nuovo codice legale basato sul Corano. Le relazioni di Gheddafi con Anwar al-Sadat, sempre traballanti, si ruppero dopo la guerra dell'ottobre 1973, quando Sadat negoziò con Israele per raggiungere un accordo per il disimpegno delle forze egiziane e israeliane nel Sinai. Quando le loro relazioni degenerarono ulteriormente, Gheddafi usò ogni mezzo disponibile per colpire il regime di Sadat; in particolare, operò attraverso gruppi estremisti musulmani in Egitto.
Il rais libico invocò per la prima volta la rivoluzione in Egitto nel dicembre del 1973 e lì tentò un colpo di Stato nell'aprile 1974. I finanziamenti libici per il Partito di Liberazione islamica, la Gioventù di Maometto, l'Esercito di Dio, la Società per la Guerra Santa e altri gruppi affluirono presto. Nel 1977-1978, 42 membri dell'ultimo gruppo citato furono processati con l'accusa di aver tentato di rovesciare il governo egiziano.
I Fratelli Musulmani, la cui patria originaria è l'Egitto, vennero messi al bando da Jamal 'Abd al-Nasser nel 1954. Ottennero di nuovo il riconoscimento de facto sotto Sadat e per rimanere accettabili dovettero seguire una linea moderata. Tuttavia, circolano notizie secondo cui ricevono denaro dalla Libia e dall'Arabia Saudita. È difficile risalire alle cifre, ma all'inizio del 1979 l'Arabia Saudita avrebbe dato ai Fratelli Musulmani 100 mila dollari, verosimilmente per la costruzione di moschee. Gheddafi utilizzò i Fratelli Musulmani come un'arma contro il governo di Sadat anche se ne aveva chiesto l'arresto in Libia, considerandoli nemici dello Stato pari ai comunisti, ai marxisti, agli atei, ai sostenitori del capitalismo e a coloro che diffondono la propaganda per i Paesi occidentali.
Quando i leader musulmani attivisti in Sudan (al-Siddiq al-Mahdi del Partito Umma, Hasan al-Turabi del Fronte della Carta islamica e al-Sharif al-Hindi del Khatmiya) si raggrupparono nel 1972 per formare il Fronte Nazionale, ebbero l'incoraggiamento dell'Arabia Saudita, e forse anche i suoi stanziamenti. Presto ne seguì l'aiuto di Gheddafi; in poco tempo, la maggior parte del Fronte Nazionale ebbe sede in Libia. Il 2 luglio 1976, questi gruppi fecero un clamoroso tentativo di colpo di Stato e furono a un passo dal mettere a segno il loro piano. L'appoggio di Gheddafi venne svelato da un aereo militare libico che volava nei cieli sopra Khartum, trasportando i leader del colpo di Stato, i quali cercarono, senza successo, di dirigere le loro forze a terra. Molti partecipanti al colpo di Stato avevano ricevuto addestramento in Libia e trasportato armi libiche, pertanto, al-Numayri parlò di "invasione libica".
Questa vicenda a quanto pare convinse sia al-Numayri sia i leader del Fronte Nazionale del fatto che avrebbero dovuto porre fine al loro antagonismo; con l'attivo incoraggiamento saudita, firmarono il loro accordo di riconciliazione nazionale nel luglio 1977. Per al-Numayri consentire ai leader del Fronte Nazionale di avere un ruolo nel suo governo fu un cambiamento di politica così sorprendente che molti osservatori pensavano che fosse motivato, almeno in parte, dal desiderio di compiacere i sauditi. Se i leader sauditi riunirono vecchi nemici, Gheddafi li incoraggiò a rimanere separati. Mentre Mahdi tornò in Sudan nel settembre 1977, Hindi rimase in Libia, provocando una spaccatura nel Fronte Nazionale. Le relazioni tra la Libia e il Sudan successivamente si riscaldarono al punto che Gheddafi accettò nel settembre 1978 di chiudere tutti i restanti campi del Fronte Nazionale nel suo Paese. Ma poi al-Numayri sostenne l'iniziativa di pace di Sadat verso Israele, facendo arrabbiare Gheddafi e ritardando l'attuazione di questo accordo fino al maggio 1979. Due anni dopo, i problemi continuano e al-Numayri teme ancora una ribellione islamica attivista promossa dai libici.
Le attività del Fronte Nazionale, che hanno dominato la politica sudanese dal 1976, sono state manipolate sia dall'Arabia Saudita sia dalla Libia. Forse più che altrove, la politica interna in Sudan è stata determinata da questi due Paesi. È interessante notare che i sauditi hanno aiutato tanto il governo quanto la sua più forte opposizione islamica durante la maggior parte degli anni Settanta, assicurando loro una voce potente negli affari sudanesi. (Hanno esercitato una duplice influenza simile anche in altri Stati arabi, in particolare in Egitto, in Giordania e in Siria.)
Se la Somalia e l'Etiopia hanno spostato gli allineamenti di grandi potenze, l'Arabia Saudita si è affrettata ad accogliere nuovamente la Somalia nell'ovile degli Stati antisovietici di orientamento islamico. In cambio della munificenza saudita, ammortizzando il taglio sovietico, il presidente Siyad Barre ha sminuito il socialismo marxista e si è prodigato in gesti a favore dell'Islam. "Se si legge correttamente il Corano e si crede in esso, allora si deve essere socialista", ha affermato Barre. Sebbene non abbia attivato le disposizioni della shari'a, il governo tratta le cose islamiche con un nuovo rispetto (contrariamente al 1975 quando 10 leader religiosi furono fucilati). Anche i tentativi somali di conquistare l'Ogaden hanno ottenuto il sostegno saudita.
Nella stessa Arabia Saudita, l'unico movimento islamico attivista contro il governo aveva chiaramente l'appoggio libico. I due libici che presero parte all'attacco alla moschea della Mecca nel novembre 1979 avevano legami con il regime di Gheddafi; secondo quanto riferito, c'era la Libia dietro gran parte dei finanziamenti e del traffico di armi per quella bravata. L'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) è principalmente un'organizzazione laicista con sfumature di sinistra, ma la sua lotta contro Israele abbraccia una componente fondamentale della lotta musulmana contro il governo non musulmano. Il forte antagonismo di Gheddafi verso Israele lo motiva a sostenere i gruppi più intransigenti dell'OLP. Il radicalismo palestinese angoscia i sauditi, ma concedono all'OLP ingenti somme per essere lasciati in pace. Dopo il 1967 la maggior parte degli Stati confinanti con Israele iniziò a ricevere enormi sovvenzioni dai produttori arabi di petrolio, tra cui la Libia e l'Arabia Saudita.
Entrambi i Paesi aiutarono il Fronte Nazionale nella guerra civile libanese tra il 1975 e il 1977. Come l'OLP, il Fronte Nazionale non ha obiettivi islamici nel suo programma, ma di fatto ha combattuto per gli interessi dei musulmani in Libano. Anche in questo caso, Gheddafi ha sostenuto il gruppo con entusiasmo a causa del suo radicalismo, mentre i sauditi lo hanno fatto malgrado ciò. Gheddafi ha esortato il Fronte Nazionale a combattere fino alla vittoria; i sauditi hanno concluso un accordo di pace, che ha ridotto i combattimenti.
Gli aiuti sauditi ai Fratelli Musulmani della Siria hanno contribuito a spingerli in una posizione da cui avrebbero potuto minacciare il regime di Hafiz al-Asad. Sebbene i sauditi forniscano al suo governo circa un miliardo di dollari all'anno, si oppongono a molte delle sue politiche, in particolare alla sua dipendenza dall'Unione Sovietica. I finanziamenti ai musulmani attivisti arrivano attraverso vari mezzi: tramite i Fratelli Musulmani in Giordania (che contribuirono alle tensioni tra Siria e Giordania, portando quasi alla guerra tra i due Paesi, nel novembre 1980), le istituzioni islamiche sponsorizzate dai sauditi (ad esempio, la Lega Mondiale Musulmana ), e l'ambasciatore saudita a Beirut. Quest'ultimo è intrigante: l'Organizzazione degli Ufficiali Musulmani è stata fondata tra i membri dell'esercito siriano in servizio in Libano che erano scontenti della dipendenza del loro governo dall'Unione Sovietica; oltre al denaro, a quanto pare essi ricevono anche documenti d'identità falsi dall'ambasciata saudita che vengono trasmessi ai Fratelli Musulmani all'interno della Siria.
Forse stupidamente, i siriani si sono inimicati i leader sauditi quando la stampa controllata dallo Stato ha sostenuto che il film Morte di una principessa fosse molto meno anti-islamico di quanto affermassero i sauditi. L'Arabia Saudita ha ritirato il suo ambasciatore da Damasco per protesta e presumibilmente ha aumentato i suoi aiuti ai dissidenti musulmani.
Conclusione
Queste attività saudite e libiche nei Paesi arabi costituiscono solo una piccola parte dei mezzi con cui i due Paesi esercitano un'influenza internazionale. La loro pressione sull'Occidente in merito al conflitto arabo-israeliano è stata ampiamente rilevata, ma i loro sforzi a favore dell'Islam passano in gran parte inosservati. Entrambi i Paesi hanno creato ampie reti clientelari che si estendono in tutto il mondo e toccano molte questioni non correlate a Israele. Poiché l'Islam è al di fuori delle solite preoccupazioni di giornalisti, analisti politici e funzionari del governo, queste reti attirano poca attenzione, anche ora che si sente parlare così tanto dell'Islam.
Proprio come gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica estendono la loro influenza attraverso mezzi finanziari, culturali e militari, così anche questi Paesi del Medio Oriente. Entrambe le grandi potenze sposano una visione del mondo distinta (capitalismo liberale, socialismo marxista); così anche questi Stati promuovono l'Islam. Ovunque, essi esercitano influenza aggiungendo il loro peso ai movimenti attivisti musulmani. Sebbene spesso lavorino a scopi incrociati, il loro effetto è in genere complementare.
Ma per quanto impressionante possa sembrare oggi, il potere saudita e quello libico sono effimeri. Nessuno dei due Paesi ha una base industriale sostenibile né i mezzi per generare entrate internamente; entrambi dipendono interamente dalla ricchezza ricevuta dall'estero. Finché il prezzo e il consumo del petrolio rimarranno elevati, continueranno a godere di ricchezza e potere; ma quando il consumo energetico ha bisogno di un cambiamento, la ricchezza basata sul petrolio che alimenta così tanta parte della rinascita islamica diminuirà. Le attuali ondate di attivismo islamico si estingueranno insieme al boom dell'OPEC. Più di ogni altro singolo fattore, il mercato petrolifero determinerà la durata della rinascita islamica.
[a] Ad esempio, si osservi la frase iniziale dell'articolo di Mangol Bayat, "Islam in Pahlavi and Post-Pahlavi Iran: A Cultural Revolution?": "La rivoluzione iraniana del 1978-1979 è troppo spesso percepita dall'osservatore superficiale e dai media disinformati come emblematica così come lo stesso iraniano molto religioso sta a simboleggiare l'ascesa dell'Islam e dei musulmani contro i suoi nemici dall'interno e dall'esterno". In John L. Esposito, ed., Islam and Development: Religion and Sociopolitical Change (Siracusa, NY: Syracuse University Press, 1980), p. 87.
[b] Alcuni musulmani moderni, come Mu'ammar Gheddafi della Libia, hanno le proprie idee sulle leggi dell'Islam, che non corrispondono alla shari'a.
[c] I movimenti sufi a volte mostrano meno interesse per l'attivismo a favore della shari'a rispetto ad altri movimenti musulmani.
[d] Uso questa idea di obiettivi non raggiunti per spiegare lo sviluppo della schiavitù militare da parte dei musulmani nel mio libro Slave Soldiers and Islam (New Haven. Conn.: Yale University Press, 1981).
[e] Non attacca i non musulmani in quanto tali, che sono accettati, se non sono minacciosi.
[f] A volte i gruppi di attivisti arrivano agli estremi. Esempi recenti includono il gruppo di Alhaji Muhammadu Marwa, a Kano, al-Takfir wa'l Hijra, in Egitto, e alcuni dei movimenti dakwah della Malesia. Le fazioni sciite hanno una lunga storia nello spostarsi oltre i confini dell'Islam (Assassini, Drusi, Alawiti, Ahl-i Haqq, Baha'i).
[g] Principalmente in "'This World is Political!!' The Islamic Revival of the Seventies", Orbis 24 (1980): In breve, il boom dell'OPEC ha portato ad un intensificarsi dell'azione islamica per i seguenti motivi: (1) ha riconfermato la validità del messaggio islamico, messo in dubbio per molti dalla povertà e debolezza dei musulmani nei tempi moderni; (2) ha fornito all'Arabia Saudita e alla Libia i mezzi per perseguire politiche islamiche a livello internazionale; (3) ha causato una massiccia dislocazione in molti Paesi esportatori di petrolio, inducendo i musulmani a rivolgersi a qualcosa di familiare e solido come l'Islam (in Iran, questi sviluppi hanno portato all'ascesa al potere dell'Ayatollah Khomein, un ulteriore potente stimolo per l'azione islamica a livello internazionale); e infine (4) ha conferito al mondo una maggiore consapevolezza delle attività nei Paesi islamici: se non fosse stato per il petrolio, chi avrebbe sentito parlare dell'assedio della Mecca, alla fine del 1979?
[1] J. Harris Proctor, "Introduction", in Islam and International Relations, ed. J. Harris Proctor (London: Pall Mall, 1965), p. vii.
[2] Cyriac K. Pullapilly, ed., Islam in the Contemporary World (Notre Dame, Ind.: Cross Roads Press, 1980), include articoli su una dozzina di Paesi, ma la maggior parte di tali scritti è scadente; fanno eccezione i contributi di Ann Elizabeth Mayer e Nurcholish Madjid. Islam and Development di Esposito si occupa di sette Paesi. Michael Curtis, ed., Religion and Politics in the Middle East (Boulder, Colo.: Westview, 1981), tratta 10 Paesi musulmani e Israele.